Gli attentati di ieri all’aeroporto e alla metropolitana di Bruxelles, in cui hanno perso la vita decine di persone e altre centinaia ne sono rimaste ferite, oltre a farci sentire tristi e sempre più vulnerabili nei confronti del terrorismo islamico, ci confermano l’attuale stato di guerra e di confusione in cui stiamo vivendo in Europa e forse nel mondo.
Una condizione di disagio con la quale ciascuno di noi convive quotidianamente, ormai rassegnato, perché si ha la percezione di non avere a che fare con una guerra vera e propria, in cui il nemico è visibile, individuabile e pertanto contrastabile, ma con una minaccia alla quotidianità e alla cultura occidentali combattute dall’avversario nell’ombra e in maniera vigliacca. Così come in maniera vigliacca furono quei bombardamenti “intelligenti” effettuati dagli alleati sulla popolazione civile di diversi popoli arabi. Ma di questo scriveremo un’altra volta.
Il disagio, dicevamo, insieme all’imbarazzo, cresce perché si ha la sensazione che “i nostri”, a differenza del nemico, pronto a tutto, morte compresa, siano senza attributi, senza una strategia difensiva, né offensiva. Diciamocelo, si brancola nel buio.
Tuttavia, osservando sommariamente l’obiettivo individuato e centrato dai terroristi, questo può essere qualificato come il cuore dell’Europa, il centro strategico e politico europeo e pertanto scelto, colpito e abbattuto.
Sappiamo però che così non è perché questa Europa, fondata sulla moneta unica, senza una strategia di difesa nella politica estera, nella sicurezza comune e senza un sistema unificato di servizi segreti, risulta avere una politica condivisa quasi inesistente. A differenza, appunto, del sistema economico fiscale decisamente più evidente.
Ciononostante, qualche ora dopo gli attacchi abbiamo cominciato a leggere e ad ascoltare, attraverso siti web e televisioni, le infinità di esternazioni di circostanza pronunciate da uomini e donne appartenenti alle istituzioni, o a questo o quel partito, che inneggiavano all’Unione Europea e alla necessità di rimanere ottimisti, per non dare la sensazione al nemico di essere intimoriti dalle sue azioni.
Per non parlare delle filippiche stucchevoli di sociologi ed opinionisti improvvisati che ci invitano come sempre a continuare a vivere nella normalità. Come se fossimo dei fannulloni senza impegni, chiusi tutto il giorno in cantina.
Eppure, avendo seguito vari dibattiti televisivi, incentrati sui fatti noti della giornata, non ho sentito una discussione fondata sulle reali competenze comunitarie in caso di allarme e la concretezza strategica per il futuro prossimo degli europei. Solo confusione e demagogia di astuti parolai.
Si parla di guerra di religione, l’islam contro il cattolicesimo, ma su questo non siamo d’accordo. Non è una guerra religiosa ma una guerra che usa simboli religiosi in uno scontro economico; dove ci sono da una parte l’occidente, che ha sfruttato per anni le risorse economiche di diversi paesi arabi che gli hanno consentito lo sviluppo raggiunto, e dall’altra chi, grazie a governi compiacenti, ne ha garantito lo sfruttamento. I conflitti “locali”, facilmente controllabili, non esistono più, lo scontro si è allargato, con mezzi e combattenti della “porta accanto”, difficili da individuare e da prevenire.
La guerra è a casa nostra. Se non possiamo attaccare, dobbiamo almeno difenderci. In fretta.
di Enzo Di Stasio
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