Un “pettirosso da combattimento”, “Non per un Dio ma nemmeno per gioco”, quanti pensieri, frasi e quante citazioni per descrivere un grande poeta, ancora oggi amatissimo ed ascoltato, a distanza di ormai più di dieci anni dalla sua morte.
Connubio umano e la sua intensa vita artistica, la bohème, l’alcool, l’amicizia con Luigi Tenco, la libertà, sua grande ed eterna guida, la coscienza politica, Max Stirner, filosofo anarchico, l’anarchia e il rapporto con De Andrè, Georges Brassens, connubio di poesia, letteratura e musica. Faber era un borghese di nascita che però non voleva esserlo.
Soltanto per oggi mercoledì 27 e domani 28 maggio, viene proiettato in tutti i cinema un documentario sul mai dimenticato poeta Fabrizio De Andrè, sempre pronto a pagare di persona, “Faber in Sardegna & L’Ultimo Concerto di Fabrizio De André”, un film-documentario dalla doppia anima, che racconta prima del complesso rapporto tra De Andrè e un luogo speciale come l’Agnata e la Sardegna, dove visse alcuni anni e fu rapito, e poi l’ultimo indimenticabile concerto del cantautore genovese, live, al Teatro Brancaccio di Roma, disponibile oggi in una versione rinnovata e completamente restaurata.
Un concerto romano, quello del Brancaccio, memorabile, quasi un testamento morale e artistico dell’ultimo Faber, dove riuscì , non senza evidente emozione, a riunire tutta la famiglia, Luvi e Cristiano sul palco, Dori Ghezzi in platea e dietro le quinte. Una grande emozione con pezzi indimenticati e indimenticabili. Ero presente al concerto e posso ancora rivivere l’emozione di quel preciso momento storico, prima che fosse consegnato con un video e con un documentario ai posteri ed al futuro la storia personale e artistica di un grande poeta libero.
L’autore del film, Gaetano Cabiddu, descrive l’uomo e non tanto l’artista, rappresenta Faber nella sua vita semplice di contadino, di uomo libero e vero, con testimonianze di archivio, filmati originali, spezzoni di vita privata e quotidiana, interviste, l’intenso, affettuoso e spesso controverso rapporto di Faber con questa splendida regione, mettendo in risalto fortemente la vita di un uomo che, smessi i panni dell’artista conosciuto da tutti, indossa quelli dell’allevatore e del contadino, mostra l’orgoglio di lavorare con le mani e restituire alla terra un po’ di vita e felicità.
L’orgoglio del lavoro manuale, la semina, la fatica e il raccolto. La Sardegna, con i suoi colori forti, luci, suoni, le musiche, la sua lingua, fa da filo conduttore, è tessuto connettivo e anima del percorso artistico e spirituale del cantautore genovese. L’ultimo concerto al Teatro Brancaccio è grande testimonianza di pura poesia, un ricordo meraviglioso per chi era presente, un teatro sold out di tanti suoi accaniti ed appassionati fans, è artefice nel far rivivere quelle emozioni; testimoni diretti di una profonda eredità per tutte le nuove generazioni, per i ragazzi ( in molte scuole i testi di Faber vengono approfonditi e letti, oggetto di confronto di gruppo ed analisi), desiderosi tutti di conoscere meglio colui che, come l’ha definito la poetessa Fernanda Pivano, sua grande amica del cuore “il più grande poeta che l’Italia ha avuto negli ultimi 50 anni“.
“Mi sento più contadino che musicista. Questo è il mio porto, il mio punto d’arrivo. Qui voglio vivere, diventare vecchio”. Fabrizio De André Uno dei pochi artisti intelligenti, di quelli che ci aiutano a crescere come persone, come sensibilità. E quando si cresce in sensibilità, ci si avvicina alla politica. Eredità non da poco, ci lascia: coscienza politica, empatia, libertà e una sterminata umanità di cui era pregno.
di Alessandra Paparelli
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