“…io sono un principe libero e ho altrettanta autorità di fare guerra al mondo intero quanto colui che ha cento navi in mare.”
Così diceva Samuel Bellamy, pirata inglese del ‘700, alludendo alla possibilità che ogni individuo eguale in quanto appartenente al genere umano possa esprimere la propria volontà indipendentemente dalla propria posizione o patrimonio economico.
È così che Fabrizio De André ha vissuto tutta la sua vita, cercando di stringere a sé, incarnando lo spirito dell’idea di espressione del sé in modo del tutto puro, senza mai scendere a compromessi ma percorrendo coerentemente la propria via incurante degli ostacoli incontrati.
Il regista Luca Facchini si è approcciato alla figura di un genio simile con un rispetto e una reverenza che ho trovato particolarmente devota. Nessuno prima si era lanciato in una sfida simile, raccontare la vita di un uomo che ha raccontato tante storie di persone rese immortali.
Ma senza un Luca Marinelli (foto sopra e a destra) magistrale tutto questo non sarebbe stato possibile. Dopo i successi degli ultimi anni, tra cui il premio come miglior attore non protagonista in “Lo chiamavano Jeeg Robot” e l’ultimo film tratto dal romanzo di Beppe Fenoglio “Una questione privata” (che lo vede nuovamente accanto a Valentina Bellè), Marinelli ha decisamente fatto un salto di qualità che non è assolutamente passato inosservato. Oltre che da un punto di vista puramente estetico, ha saputo cogliere le fragilità di un uomo umile e poco esibizionista per natura, ma anche caparbio e per niente mansueto.
In una Genova bella e un po’ dannata, ci si sente un po’ guidati per mano nei suo carruggi che raccontano la giovinezza del cantautore in un palcoscenico ricolmo di personaggi che han fatto la storia della nostra cultura di quegli anni, da Paolo Villaggio a Luigi Tenco.
Gli amori, i dissapori e la crescita di Fabrizio De André (foto a sinistra) sono stati centrati tutti in pieno, racchiudendo nello storyline gli eventi salienti dell’artista: gli scontri col padre, l’amore acerbo per Puny e quello meravigliosamente passionale per Dori, toccando perfino la questione del rapimento a Tempo Pausania che è un po’ il centro focale della storia, vale a dire il punto di svolta che Fabrizio ha maturato dentro sé stesso anche grazie a quel tragico evento finito bene.
La musica l’ha fatta certamente da padrona abbracciando ogni angolo dello schermo, ogni gesto di Marinelli, semplicemente sprigionando l’amore che lo spettatore percepiva ammirando il lavoro dedicato a quello che alcuni chiamano maestro, chi poeta, chi di sinistra. Ma Fabrizio avrebbe sicuramente rifiutato in blocco queste etichette come ha fatto del resto per tutta la sua vita.
Ha ispirato e continuerà ad ispirare migliaia di persone, quel piccolo uomo/bambino che non aveva nemmeno il coraggio di stare in piedi sul palco, sempre seduto per avvicinarsi allo stesso punto di chi lo stava a guardare, con un sorriso che resterà per sempre nel cuore di tutti coloro che hanno la sensibilità di comprendere le sue canzoni.
Il film, prodotto da Rai Fiction e da Bibi Film, andrà in onda martedì13 e mercoledì 14 febbraio, in due puntate, in prima serata, su Rai 1.
Scrivi