Guardando a quello che accade in politica rispetto a ciò che dovrebbe accadere, a quello che è la politica rispetto a ciò che dovrebbe essere, viene da domandarsi di nuovo e con più forza, cosa essa sia. La politica altro non è che opportunità, raggiungimento di uno scopo, in una parola: utilità.
Dunque un’azione è politica quando è utile e viceversa.
Il problema è capire a chi dovrebbe essere utile tale azione per essere politica, visto che chiunque agisca per il raggiungimento di uno scopo è, in senso ampio, un individuo politico e, essendo data la vita dello Stato dall’azione di tutti, in un certo senso siamo tutti definibili politici. Verrebbe voglia di dire che ciò ci rende tutti esenti da giudizio relativamente alle azioni che hanno a che fare con l’utilità. E in fondo potrebbe anche essere vero. Ma una cosa è l’uomo che pensa solo a se stesso, altra l’uomo che pretende di guidare un paese intero. Una cosa è rapportarsi con un’azione legale, altra cosa rapportarsi con l’azione che viola una norma.
Oggi sempre più spesso si mescolano le due categorie sostenendo che l’intervento della legge (che per forza di cose è successivo all’azione dell’uomo) sia in ogni caso “una sorta di persecuzione a danno di uomini onesti che lavorano o hanno lavorato per un obiettivo e hanno raggiunto una posizione”.
Riducendo il ruolo della legge ad un categoria morale che intralcia la vita dei cittadini e che interviene per il gusto di rovinare il buon nome dei cittadini stessi e il lavoro che essi svolgono o hanno svolto. Quindi il diritto sarebbe solo un mezzo di alcuni per ostacolarne altri? Tutto sommato potrebbe anche essere vero, se non fosse che la buona fede si presume.
La società e le sue leggi sono come un grande gioco da tavola con un proprio regolamento reso noto ai giocatori prima che inizino a giocare. In ogni gioco lo scopo è vincere e ogni buon giocatore giocherà per vincere adoperandosi in ogni modo e con ogni mezzo per riuscirvi. Nessuno potrà terminare il gioco senza aver rispettato anche in un solo turno e per un breve momento le regole, perché gli altri lo impedirebbero. Nemmeno si potranno contestare le regole dopo che il gioco abbia avuto inizio. Tantomeno se si ritorcessero contro il giocatore.
E’ vero pure che se la maggioranza dei giocatori si coalizzasse contro uno per farlo perdere e mischiasse verità e falsità, il rischio sarebbe di far diventare la verità una questione di numeri tra chi è a favore di quel singolo e chi vi si oppone. Ma del resto non si può che confidare su quello che abbiamo costruito, tentando di essere il più possibile seri all’interno di questa costruzione e credendo nella serietà dei più se non di tutti. Ritornando alla vita politica, chi è fuori da tutti quei giochi si chiede semplicemente se continuare a screditare chi dalle norme stesse ha ricevuto l’autorità per farle rispettare, se tenere bloccato un paese per evitare l’applicazione di una norma che si è contribuito a creare, se restare incollati alle poltrone nonostante il totale disinteresse alla ragione per la quale le leggi esistono, si possano definire azioni utili. Perché se tutto è sempre ammesso, se tutto può essere sempre falso o vero a seconda del vento, allora non esiste questo gioco, non esiste questa società, non esistono queste regole. Ma ciò sarebbe pericoloso anche per chi l’affermasse, perché significherebbe totale inesistenza del diritto e quando il diritto non esiste allora nessuno può vantare nulla, neppure un semplice riconoscimento della veritàl Che va ovviamente cercata, ma lì dove è negata e con gli stessi mezzi di chi l’ha sepolta se sepolta è stata.
Chi pensa di superare, aggirare, intralciare una norma senza risponderne, non compie un’azione utile e di conseguenza non compie un’azione politica né quando agisca per sé, né quando agisca per un gruppo o per parte della collettività, poiché mentre si adopera per fare quello si dimostra del tutto incapace alla vita politica l Echi è incapace di fare politica può definirsi politico insostituibile?
di Veronica Gregorini
foto: altritaliani.net
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