C’è un mestiere talmente antico del quale credo sia impossibile stabilirne con certezza l’inizio. Come impossibile sarebbe affermare chi fu la prima donna o il primo uomo ad iniziarlo. Ma un dato è certo, fin dal Medioevo questa professione era essenzialmente regolata. Parliamo della prostituzione che già a quei tempi era praticata e tollerata nelle periferie delle nostre città e vietata a ridosso delle mura cittadine.
Come anche nell’antica Grecia dove era in parte regolamentata ed esisteva quella femminile e quella maschile. Le prostitute di ceto alto, colte e che pagavano le tasse, potevano essere indipendenti ed erano donne influenti nella società di allora. Quella maschile, al contrario, era praticata soprattutto da adolescenti che però, in età adulta, rischiavano di perdere i diritti sociali e politici. Già da allora c’era discriminazione.
Nell’antica Roma invece la prostituzione era praticata nei bordelli, palazzi di solito situati fuori dalle città e aperti solo di notte. Ma come già accadeva nell’antichità dove questa attività era motivo di disputa tra proibizionisti e tolleranti anche ai nostri giorni l’argomento prostituzione è ogni volta discusso animatamente.
C’è chi ancora, dopo le norme emanate dal governo nel settembre del 2008, vorrebbe la liberalizzazione dell’attività sessuale fra adulti consenzienti in contesti commerciali, chi vorrebbe proibirla con pene pecuniarie o detentive e chi invece come il sottoscritto sostiene che andrebbero almeno attuate quelle norme emanate dal disegno di legge sulle “misure contro la prostituzione”, presentato dall’ex ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna e approvato all’unanimità dal Consiglio dei Ministri nella seduta dell’11 settembre 2008, che vieta sostanzialmente la prostituzione in luoghi pubblici o aperti al pubblico e sanziona i clienti incuranti.
Considerando comunque che liberalizzare la prostituzione significherebbe far diventare bordelli senza regole quei luoghi prescelti e al contrario vietarla non significherebbe eliminarla, ci accontenteremmo di vedere applicate le leggi oggi in vigore che quotidianamente vengono disattese nelle strade urbane ed extraurbane.
Ogni individuo deve poter fare del proprio corpo ciò che desidera nel rispetto del comune senso del pudore e della legge in vigore che riteniamo sia perfettibile sotto l’aspetto fiscale e sotto l’aspetto dei controlli sanitari obbligatori.
Non si comprende infatti, ne “l’esenzione tributaria” per questo mestiere, ne la mancanza di regolamentazione sanitaria atta prevenire e contenere le malattie veneree di facile trasmissione in contesti di mercificazione sessuale, a discapito della spesa sanitaria.
Una tassa, quindi, a chi pratica questo mestiere e a chi ne fa utilizzo, come previsto in ogni altro settore commerciale, e la ricerca di luoghi preposti – chiusi e monitorati – al fine di evitare scene sgradevoli nelle strade delle nostre città per chiunque non può esimersi dal vedere.
Facendo bene attenzione, però, che gli immobili adibiti alle performance sessuali, destinati solo ed unicamente a quella attività, siano situati in ambienti circoscritti e non permessi in appartamenti che fanno parte di condomini abitati da persone che nella vita si occupano di tutt’altro e hanno tutto il diritto di esserne estraniati.
Tutto ciò soprattutto nel rispetto dei bambini e di quelle persone che non gradiscono trovarsi di fronte a contesti imbarazzanti, di donne o uomini nudi impegnati a mercificare, come accade oggi, il proprio corpo ai bordi di una strada urbana o nelle piazzole di sosta di strade extra urbane.
Pertanto, umilmente e consapevoli di essere ignorati facciamo comunque un appello alle forze dell’ordine affinché si facciano rispettare almeno le regole, contenute nel disegno di legge approvato dal consiglio dei ministri dell’11 settembre 2008, che tra le altre prevedevano il divieto di prostituzione nelle strade.
Mai, come in questo caso, un detto popolare fu più appropriato: “la libertà di ognuno di noi finisce dove comincia quella del proprio prossimo”.
Enzo Di Stasio
Foto: ladomenicadivicenza.it
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