Con twist iGen e un simpatico completino color lavanda, la giovanissima Zoe apre lo slot – esortando lo spettatore a muovere il proprio corpo. Si chiama Workout la Spring Summer 2021 di Edithmarcel, che nella prima giornata di Milano Digital Fashion Week, si palesa post meridiem nel minutaggio di un ipnotico video della durata di un minuto e mezzo.
“Follow me” “C’mon”, da un televisore Zoe incita a seguirla. Non ci sono body super sgambati, fasce per capelli o scaldamuscoli. Non ci sono palestre, colori fluo e accostamenti pacchiani. Ma per un attimo la mente va a Jane Fonda, agli anni 80 e alle pile ormai ingombranti di VHS. Una flebile impressione che come dicevamo, ruba l’attimo che basta a catalizzare l’attenzione su una forbita rielaborazione dell’activewear.
Siamo nella fase post Covid-19, alle prese con mascherine e distanziamento sociale. Dopo diverse ore al computer, dal digital hub di CNMI, la presentazione co-ed di Gianluca Ferracin e Andrea Masato arriva come ciliegina sulla scrivania. Scattante e necessaria, paragonabile quasi a una sgranchiante sessione di fitness: fashion fitness.
Ad ogni squat o distensione di Zoe, corrisponde il misurato accompagnamento dei modelli, che ripetizione dopo ripetizione, man mano diventano più reattivi. Ma in un’atmosfera surreale che calza aplomb con i virtuosismi del fashion, il ritmo che ne segue si mantiene volutamente svogliato, serioso quanto basta per lasciare solo agli abiti il piacevole compito dell’ironia. I volti profilati – dettagli iconici e disturbanti dell’equilibrio monocorde del brand – si mescolano così a corpi nudi stilizzati, al lettering black & white e a compunte bocche colorate.
L’estetica di Edithmarcel è minimal, classica e contemporanea
L’activewear è un’impronta che sa di couture e sostenibilità, impegno irrinunciabile per il duo creativo – nonostante i costi proibitivi di materiali e dettagli sempre meno impattanti. L’eco-jeans si mescola al fresco di lana, alla lycra e al crêpe, incasellando eleganza e richiami urban, in un pret à porter che diventa pratico e funzionale.
Imprimatur del brand, anche le plissettature appaiano sdrammatizzate: liberandosi da una percezione di eleganza quasi stucchevole, seguono una sorta di upgrade, impregnandosi di freschezza e brio. I mini abiti, dalla texture morbida e lineare, si sovrappongono a t-shirt e camicie abbottonate fino al collo; le gonne a ruota sono orlate da un pieghettato sbarazzino, mentre quelle a portafoglio arrivano sopra il ginocchio, e sono stemperate dai disegni che sul bianco smorzano ogni tentato accenno di rigore. In un equilibrio sistemico, i generi sono ben amalgamati e le identità sono rispettate – questa volta senza confonderle.
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