Tre donne ammazzate, tre tragedie in pochi giorni: Roma, Taranto e Pordenone. Dopo Sara Di Pietrantonio, altre due giovani donne uccise, “cancellate” e private della vita.
Perché le donne continuano a morire, uccise, massacrate, tra le meravigliose e “tranquille” pareti domestiche? Perché restano accanto ai loro carnefici, mariti e compagni, in agonia, in solitudine, fino all’ultimo respiro? Perché non c’è tutela.
Perché i centri antiviolenza vivono di donazioni, di volontari, di persone che sono riuscite a sopravvivere. I centri antiviolenza sono al verde. Perché l’orrore che si aggiunge all’orrore di queste esistenze massacrate è quello di non aver un luogo dove andare oppure abbastanza denaro per sfamare i propri figli e nella solitudine ci si immagina un futuro ancora più atroce. Sole, in un silenzio assordante che urla. Perché la solitudine vissuta si fa complice dell’aguzzino, dell’assassino, con il suo bel viso di marito, compagno, fidanzato, ex fidanzato.
Fazzoletti rossi, drappi rossi, scarpette rosse e centri antiviolenza al verde purtroppo.
I CENTRI ANTIVIOLENZA ED IL TRISTE PRIMATO DELLA REGIONE LAZIO
Nella Regione Lazio esistono 23 centri antiviolenza, concentrati soprattutto nella provincia di Roma.
“La Regione è intervenuta con una legge che dà risorse e linee d’azione ben precise, noi ad esempio abbiamo fatto corsi nelle scuole. Viene istituito un Osservatorio sulle pari opportunità, ma poi bisognerebbe lavorare per ricostituire la Consulta, il cui rinnovo è stato bloccato da diversi mesi per una serie di questioni legate alla sua composizione. Su questo serve un segnale da parte dell’attuale presidenza“. I centri antiviolenza rischiano di chiudere le porte ed i battenti; non è solo un malaugurato presagio ma la triste realtà. Roma è la seconda città in Italia per numero di casi di “femmicidio“, odioso sillogismo che unisce tutto e ci urla tutto il suo silenzio.
A livello nazionale, nei primi cinque mesi del 2016 ci sono stati ben 57 femminicidi, di cui 45 in famiglia, contro i 63 dello stesso periodo dello scorso anno. Di triste attualità, gli altri due casi odierni di donne uccise, a poche giorni ed ore dal funerale prossimo della ragazza romana, Sara, uccisa e bruciata dal suo ex fidanzato. Proprio il 2 giugno scorso, le associazioni contro la violenza sulle donne si erano date appuntamento sul luogo dell’uccisione di Sara Di Pietrantonio, per denunciare i tagli, lo scarso interesse ed il pericolo di chiusura dei centri antiviolenza.
IL GRIDO DI AIUTO A ROMA
Anche dallo storico “Centro comunale antiviolenza Donatella Colasanti e Rosaria Lopez” attivo dal 1997 a sostegno delle donne vittime di maltrattamenti, abusi e violenze, arriva un grido di dolore sulle politiche imboccate dal Comune, proprio nei confronti del contrasto alla violenza di genere. Motivo principale, tagli al sociale e l’impossibilità di emanare i bandi per il rinnovo dell’affidamento o le eventuali proroghe, dopo la recente norma sugli appalti pubblici.
LA PETIZIONE DEL CENTRO ANTIVIOLENZA DONATELLA COLASANTI E ROSARIA LOPEZ
“Mentre il feroce femminicidio di Sara Di Pietrantonio suscita sgomento e dibattito, Mentre la parte più consapevole della società civile pretende risposte istituzionali adeguate alla gravità ed alla pervasività del fenomeno della violenza di genere, Mentre partono petizioni per aprire sportelli/centri antiviolenza in ogni Municipio, il Comune di Roma vuole chiudere il centro antiviolenza attivo dal 1997, intitolato a Donatella Colasanti e Rosaria Lopez” ; questa la petizione per la raccolta firme.
Il contenzioso Comune/Regione, dunque, continua. Dal luglio prossimo, donne, ragazze, madri che subiscono violenze potrebbero davvero non avere più nessun aiuto dalla Capitale
LA STORIA INSEGNA
Chiudo scomodando Platone, non me ne voglia il sommo maestro; a differenza di Aristotele, Platone fu uno dei primi a pronunciarsi in favore delle donne: aveva una visone molto aperta sul ruolo importante della donna, nella società e nella famiglia; sosteneva che le donne istruite alla filosofia, nello stato ideale da lui delineato, avessero uguali diritti politici degli uomini e potessero accedere al governo. Una tradizione e visione eccellenti, molto diffuse nell’ambiente del Platonismo.
Nella Roma imperiale, le donne potevano istruirsi, certamente quelle più abbienti (le classi sociali basse erano ancora soggiogate dal marito), ricoprendo ruoli ed incarichi di prestigio, avendo una vita indipendente e potendo perfino divorziare.
“La storia insegna ma non ha scolari”, citava una persona libera e mai dimenticata.
Si ringraziano:
Centro Antiviolenza Donatella Colasanti e Rosaria Lopez
La famiglia Di Pietrantonio per la foto profilo Facebook
di Alessandra Paparelli
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