Doveva succedere, prima o poi, e, alla fine, il Principe Filippo ha lasciato questo mondo ed i suoi sudditi. Anzi, no: ha lasciato solo questo mondo, perché i sudditi non erano i suoi ma di sua moglie, la Regina Elisabetta alla quale, oggi, il mondo si stringe in messaggi di cordoglio e condoglianze.
Londra, già vestita del lutto di un lockdown durato quattro mesi, si fa ancora più mesta: bandiere a mezz’asta e fiori davanti alla cancellata di Buckingham Palace, anche se nel Palace non c’è nessuno. Ma è il gesto che conta: i britannici piangono il loro Principe. O, forse, confortano la Regina, vedova dopo un matrimonio durato 73 anni con uomo difficile da decifrare.
Di lui si sa quello che le cronache hanno riportato negli anni: famose gaffe, passione per la guida, amore per le donne. Almeno pare.
Certo, in un mondo maschilista, essere il coniuge di una regina non deve essere stato semplice: la seconda fila non si addice ad un uomo, pare. E invece, Filippo, che era nato principe di Grecia e Danimarca, che a 21 anni si era distinto per essere uno dei più giovani tenenti della Royal Navy e che aveva dato mostra di sé in guerra, si è seduto lì, una fila dietro la moglie, e ci è rimasto, elegantemente, per tutta la sua vita.
Del suo contributo alla monarchia si parla in termini di supposizioni: se è vero che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna, sarà vero anche l’opposto. Filippo, quindi, sarà stato degno della grandezza di una sovrana come Elisabetta. Forse proprio per questo, per ricordare al mondo questo binomio, la neo sposa Elisabetta, divenuta regina, iniziava spesso i suoi discorsi dicendo “mio marito ed io”, come a specificare che, in famiglia, lei era la Regina ma lui non era da meno.
Filippo non ha mai ottenuto il titolo di re: la regola della monarchia britannica, che consente alla moglie dei re di utilizzare il titolo di regina, impedisce categoricamente l’utilizzo opposto, ossia che il marito di una regina possa fregiarsi del titolo di re. Il Re è uno solo, colui che regna; le regine, invece, possono essere anche non regnanti. Come se il titolo “re” fosse più esclusivo. O come se la presenza di un re potesse offuscare quella della regina regnante. Buffo per una monarchia che non discrimina le femmine primogenite nella loro eredità al trono. Re o principe, di certo Filippo ha sempre rispettato il suo ruolo e dalla sedia in seconda fila non si è mai alzato.
L’incipit al plurale venne abbandonato da Elisabetta negli anni ’60, quando “my husband and I…” divenne oggetto di satira e scherno e Filippo tornò ad essere il consorte silente, gaffe a parte.
Fino all’età di 96 anni, il principe ha svolto i suoi incarichi di altezza reale. Come a dire che Filippo era in pensione solo da tre anni, giusto il tempo di cappottarsi con la macchina e poi, dopo una malattia lunga diversi mesi, spegnersi.
La sua morte risuona nel mondo molto più di quanto non abbia risuonato la sua vita da principe.
Le radio britanniche, in segno di lutto e di rispetto per la Regina, hanno trasmesso solo musica soft: è il momento della tristezza.
Alle 18 di venerdì le campane di Westminster Abbey hanno iniziato a suonare a morto: un rintocco al minuto, per 99 volte. Gli anni di Filippo. Un’ora e mezza in ricordo dell’uomo che non è stato re ma che per la monarchia ha rinunciato a tutto: alla sua nazionalità, ai suoi titoli e al suo lavoro.
Filippo ha sposato una sovrana e con lei il suo regno.
Eppure il cordoglio del paese non sembra rivolto a lui ma a lei, alla Regina più longeva di sempre, alla britannica Elisabetta, baluardo di una monarchia che non sembra aver generato eredi all’altezza della successione, rimasta oggi vedova di un principe che, anche nella morte, è stato capace di restare in seconda fila.
Foto di Alfonso Cerezo da Pixabay
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