“L’Inghilterra individua dei soggetti che entrano, se hanno professionalità per farli giocare, noi invece diciamo che Opti Pobà è venuto qua, che prima mangiava le banane, adesso gioca titolare nella Lazio e va bene così. In Inghilterra deve dimostrare il suo curriculum e il suo pedigree”.
È questa la frase di Carlo Tavecchio (foto), il più probabile candidato alla presidenza della Federazione Italiana Giuoco Calcio (dopo le dimissioni di Giancarlo Abete, ndr.), che ha scandalizzato. Se non è razzismo, poco ci manca.
Il Partito Democratico e SEL -poiché il caso è diventato anche politico- condannano apertamente, così come l’AssoCalciatori; il centrodestra italiano, per una volta, si ricompatta nel difenderlo così come quasi tutte le squadre di Serie A che avevano sostenuto la sua candidatura.
Tavecchio dice di essere stato frainteso, ma è troppo tardi: la Fifa ha già scritto alla Figc affinché quest’ultima istruisca un’indagine, e pure l’Unione Europea critica apertamente.
Il fronte -calcistico e politico- è spaccato, ma con il clima che lo circonda è molto difficile che il presidente della Lega Nazionale Dilettanti venga eletto alla presidenza della Federazione.
Il calcio italiano è malato di quella piaga chiamata razzismo: tra insulti, fischi e lanci di banane ai giocatori stranieri. Inaccettabile che a capo della massima organizzazione calcistica vi sia un personaggio anche solo lontanamente accusato di ciò.
Il fatidico giorno dell’elezione si avvicina e la società civile non potrebbe mai accettare la presidenza di Tavecchio.
di Giovanni Succhielli
foto: qelsi.it
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