La lingua gallurese, da dove deriva?

gallurese

Gallurese. Si tratta della lingua parlata nella maggior parte dell’attuale provincia di Olbia-Tempio. Fa eccezione Olbia centro e il comune di Luras, dove si parla il sardo-logudorese. I linguisti non considerano il gallurese una lingua sarda vera e propria. Essa infatti non deriverebbe direttamente dal latino. Ma si sarebbe formata tramite un percorso mediato dal corso e dal toscano. Il discorso è un po’ complicato e, per questo, è necessaria una premessa.

Il sardo vero e proprio è una lingua neolatina che presenta tre varianti: il campidanese, il logudorese e il barbaricino. Nel nord dell’isola invece troviamo il sassarese (nei dintorni di Sassari) e il gallurese. Tali idiomi presentano molte analogie con l’italiano. Non possono quindi essere considerate, secondo i linguisti, una variante del sardo bensì dialetti dell’italiano.

Il gallurese, nello specifico, è molto simile al corso, soprattutto quello meridionale. Il corso sarebbe stato introdotto nell’isola oggi facente parte della Francia, dai pisani e dai lucchesi all’epoca delle Repubbliche marinare. Poi alcuni locutori di tale lingua sarebbero immigrati nel Nord-Sardegna – si pensa – nel medio evo. A Sassari e dintorni, peraltro, ci sarebbero stati molti innesti del ligure (dominazione genovese). Formando così un linguaggio “sassarese” simile ma differente dal corso-gallurese.

Il Gallurese presenta molte componenti simili al dialetto siculo

Il ricercatore Emilio Aresu, peraltro, contesta questa generalizzata interpretazione. Nel suo libro “La lingua dei Galluresi” (Taphros, Olbia, 2014) fa presente che tra il toscano e il gallurese ci sono enormi differenze. Il gallurese e il corso sembrerebbero invece molto simili al siciliano e al calabrese meridionale. Inoltre, non lo convince affatto la spiegazione dell’introduzione del corso nel Nord-Sardegna tramite un’immigrazione medioevale di massa da un’isola all’altra.

Per risolvere il problema, Aresu si è prioritariamente chiesto come possa essersi formato il dialetto siciliano. Per poi verificare la possibilità di un’analoga situazione in Gallura. Come si sono allora formate le lingue “volgari” – cioè i dialetti – italiani, siciliano compreso? È opinione dei glottologi che i dialetti si siano formati mantenendo parole e pronunce delle lingue-preromane nel latino imposto dai “conquistatori”.

In Sicilia e nella Calabria meridionale il latino si sarebbe sovrapposto a un originario greco-siculo (o “siceliota”). Che poi sarebbe emerso nel medio-evo dal latino per formare il “volgare” siciliano. Analogamente, in Corsica e in Gallura, secondo Aresu, dovrebbe essere esistito un periodo pre-latino in cui si parlava il siceliota. Il sassarese, invece, sembra essere un volgare siceliota contaminato nel medio-evo dal ligure e dal toscano (pisani). È infatti il linguaggio sardo più simile al toscano.

Località galluresi con nome greco

A riprova della sua ipotesi, Aresu ha trovato in Gallura alcuni toponimi di reminiscenza greca. In primis, il nome della città di Olbia. Recentemente, tra l’altro, è stato accertato dagli archeologi che sia stata fondata dai Greci. Poi c’è il fiume gallurese Taras che è lo stesso del fondatore eponimo di Taranto, in Magna Grecia. Secondo Aresu il nome del Monte Capaccia, in Gallura, sarebbe la trasformazione dell’aggettivo greco Calpeacea.

Inoltre la cittadina di Palau, il cui significato è comunemente ritenuto “palude” deriverebbe dal greco palòs. Cioè da un’antica voce dorica che significava “fango”, “argilla”. Le più importanti colonie della Magna Grecia, tra l’altro, erano tutte colonie doriche (Siracusa, Reggio, Taranto, ecc.). Altre e più numerose identità Aresu le rintraccia tra corso-gallurese e il dialetto siciliano.

Tramite le Bocche di Bonifacio la Magna Grecia poteva comunicare con Marsiglia

L’epoca di tale infiltrazione siceliota nella Sardegna settentrionale dovrebbe essere fissata a partire dal 600 a.C. La data, cioè, della fondazione della colonia greca di Marsiglia. Sorse allora il problema di mantenere le comunicazioni tra Magna Grecia e Marsiglia. Il Mar Tirreno settentrionale, infatti, era sbarrato ai Greci dalla potenza etrusca. Solo garantendosi un passaggio sicuro a cavallo delle Bocche di Bonifacio i greci avrebbero raggiunto lo scopo. In quel periodo, infatti, furono fondate la colonia sarda di Olbia e quella corsa di Alesia.

Poi, nel 525 circa, gli etruschi conquistarono Alesia e i cartaginesi Olbia. Ma già nel 474 a.C. (battaglia navale di Cuma) i greci di Siracusa si riassicurarono il controllo del Tirreno centro-meridionale. Altre dinamiche ci sono sconosciute perché la storia di quel periodo ce l’hanno lasciata scritta i romani. Con lo scopo di esaltare la potenza di Roma, tralasciando il resto.

Quattro lingue, tutte derivanti da differenti substrati linguistici

Aresu conclude, quindi, che anche il gallurese, come gli altri tre idiomi principali parlati in Sardegna deriverebbe direttamente dal latino. Mantenendo, però, parole e pronuncia di un precedente substrato siceliota. Ciò spiegherebbe la sua analogia con il dialetto siciliano e la differenza con il toscano. Le altre tre lingue sarde, il campidanese, il barbaricino e il logudorese avrebbero mantenuto le “stigmate” di altri tre substrati linguistici. Quali?

Per quanto ci riguarda, noi possiamo fornire il contributo di riportare quanto scritto dal greco Pausania nella sua Periegesi. Secondo il geografo, prima dell’avvento dei greci nel Mar Tirreno, la Sardegna era abitata da tre popoli: Iolei, Balari e Corsi. Erano tre popoli provenienti da località differenti e lontane. Gli Iolei dall’Asia Minore. I Balari dalla Spagna (forse dalle Baleari). I Corsi, come si è visto, non dovrebbero aver nulla a che far con la Corsica. Ma provenire direttamente dalla Francia pirenaica. Semmai, dovrebbero essere stati i Corsi di Sardegna ad occupare la Corsica. Prima dell’arrivo sulle due isole dei greco-siculi.

Se aggiungiamo il sassarese-gallurese, abbiamo quattro idiomi differenti tutti derivanti direttamente dal latino. Tutti e quattro, quindi, con la stessa dignità di rappresentare una lingua autonoma e non un semplice dialetto dell’italiano (toscano). Non a caso il loro territorio coincide, grosso modo, con quello dei quattro giudicati che si formarono dopo la caduta dell’Impero romano. Salvo altre dinamiche medioevali che al momento ci sfuggono. Così la pensa lo stesso Emilio Aresu. Tanto da affermare nelle sue conclusioni “il Sardo non esiste”.

Foto di Simon da Pixabay

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.