Giovanni Borgia e la sua famiglia – Storia di un assassino

borgiaAffascinante e capriccioso, sottaniere e giocatore d’azzardo, Giovanni Borgia era dedito più alla bella vita che alla carriera militare e politica che il padre, papa Alessandro VI, aveva scelto per lui. All’età di ventuno anni viene ucciso e gettato nel Tevere. Ancora oggi non si conosce il nome del colpevole. 

di Raffaella Bonsignori

Sotto l’egida del sacro bue

E’ il 1492 quando, col nome di Alessandro VI, indossa la tiara papale uno spagnolo focoso e molto determinato. Il suo nome è Rodrigo Borgia, fiero rappresentante di una schiatta che della potenza taurina ha fatto il proprio stemma.

E’ un papa politico e lussurioso. Si accompagna a molte donne ed ha molti figli, cui elargisce ogni tipo di vantaggi. Il termine nepotismo non sembra sufficiente. Gli scrittori cinquecenteschi la definiscono carnalità, questa sua propensione al favore familiare.

Non si sa per certo chi gli abbia dato i suoi primi tre figli, Pier Luigi, primo duca di Gandìa, Geronima ed Isabella, ma è sicuramente dall’unione con Vannozza Cattanei che nascono Cesare, Giovanni, Lucrezia e Goffredo.

Alla morte di Pier Luigi, Giovanni, per volontà del suo stesso fratellastro, eredita il ducato di Gandìa e, nell’agosto del 1493, sposa la cugina di re Ferdinando il Cattolico e parte per la Spagna dove trascorre i primi tre anni di un matrimonio senza amore, spesi a tradire la moglie ed a giuocare d’azzardo. Rodrigo, forse per esercitare su di lui un po’ di controllo, decide di convocarlo a Roma e lo nomina Gonfaloniere e Capitano Generale della Chiesa, acquisendo per lui, premio per inesistenti meriti, un principato e due contee.

Al contrario di Giovanni, Cesare ha un carattere molto forte ed i suoi interessi sono molteplici, perseguiti con caparbietà, intelligenza e grande energia. Cardinale ad appena diciotto anni, egli ha ben altre aspirazioni: vorrebbe spogliarsi dei paludamenti purpurei per abbracciare una vita laica ed attendere ai compiti affidati a Giovanni, per i quali è senza dubbio più portato. Egli, infatti, oltre all’innegabile fascino, dal padre ha ereditato l’eccezionale attitudine per gli affari temporali che, più in là nel tempo, morto il fratello ed abbandonata la veste cardinalizia, lo trasformeranno nel Principe di Machiavelli, nell’amico stimato di Leonardo Da Vinci, nel Valentino, tale per diritto ecclesiastico, essendo stato vescovo di Valencia, ed anche per diritto secolare, poiché, per nomina di Luigi XII di Francia, diverrà duca di Valentinois.

Nel 1496, anno in cui Giovanni viene chiamato a Roma, Rodrigo aveva già lasciato Vannozza Cattanei, la madre di Cesare e di Giovanni, per l’avvenente Giulia Farnese. La loro non è una convivenza facile, però. Giulia è sposata con Orsino Orsini, figlio di una cugina del Papa, uomo collerico e vendicativo, inferocito da quell’adulterio che la sua stessa madre favorisce, preferendo un figlio tradito ad un potente cugino adirato.

L’insoddisfazione così generata esplode ben presto in un evento bellico.

Arroganza ed inettitudine di Giovanni

Il tradito Orsino fomenta una rivolta baronale che vede Giovanni al comando delle truppe pontificie insieme a Guidobaldo da Montefeltro. Inizialmente, grazie all’esperienza di quest’ultimo, l’esercito papalino conquista territori preziosi. In seguito, però, il vento si fa avverso. Guidobaldo viene ferito e fatto prigioniero e Giovanni, incurante della sua sorte, allestisce battaglia per proprio conto, capitolando definitivamente ai primi del 1497.

Cesare, ingabbiato nella sua veste cardinalizia, brucia di rabbia per non aver avuto la chance di misurarsi con quella guerra e colpevolizza il fratello per l’inettitudine dimostrata. Giovanni, invece, sembra del tutto indifferente alla sconfitta; ed il Papa lo protegge ad oltranza, cosa che non sfugge agli occhi dei più accorti strateghi.

Appare evidente, infatti, che il favore di Rodrigo passa attraverso la simpatia del figlio ed in molti cercano di percorrere questa via. Tra costoro il cardinale Ascanio Sforza, che, una sera di maggio del 1497, invita a cena il viziato pupillo del Papa. Le gratuite offese di Giovanni verso gli altri commensali, però, suscitano la reazione indignata di uno di loro, che gli ricorda i suoi natali illegittimi. Giovanni abbandona la tenzone verbale per recarsi dal padre a manifestare malcontento e Rodrigo reagisce: non può consentire a nessuno, infatti, di recare offesa ai figli, soprattutto se quell’offesa riguarda la loro nascita, poiché l’illegittimità è il marchio d’infamia con cui egli stesso li ha bollati. Pertanto manda le sue guardie a prelevare e punire aspramente la malalingua. Ascanio Sforza assiste impietrito e, nei giorni seguenti, forte dell’appoggio degli Sforza milanesi, lascia trasparire rancore.

Le critiche alla reazione del Papa si muovono in ogni dove, sebbene non apertamente. A questo silenzio carico di parole Rodrigo replica il 7 giugno, elargendo al figlio ulteriori terre, sottratte al patrimonio di S. Pietro. Non poteva essere più chiaro circa l’intangibilità dei figli ed il suo incondizionato amore per loro.

L’assassinio

Il 14 giugno, per festeggiare il nuovo infeudamento, Giovanni si reca a cena dalla madre. Con lui ci sono anche Cesare, lo zio Juan, cardinale di Lanzol, e Goffredo con la moglie. Lucrezia è in ritiro spirituale.

Giovanni è come sempre accompagnato da un suo amico misterioso, del quale non si conosce né il nome, né il volto, poiché indossa abitualmente una maschera, forse per coprire deformità, o, forse, perché ricercato per qualche malefatta da patibolo. Di certo, scompare la stessa notte e, giacché il suo corpo non sarà ritrovato, è legittimo sospettare anche di lui.

La cena si protrae a lungo. Sulla via del ritorno Giovanni, il suo amico mascherato ed il palafreniere si distaccano dalla compagnia per ignoti affari da sbrigare.

La mattina seguente non si hanno tracce né di Giovanni, né degli altri due. Il Papa pensa ad un convegno amoroso protratto oltre i limiti della notte. Orgoglioso di quel figlio dagli ardenti istinti amatori, che tiene alta la mascolinità borgiana, lascia correre. Il pomeriggio, però, il Vaticano è scosso da un lungo, intenso tremito di paura: dei tre uomini non vi sono ancora notizie e si teme il peggio.

Si ordinano ricerche a tappeto. Roma trema. Gli spagnoli pattugliano le strade. Le dimore nobiliari sono in subbuglio. Un mercante di legname, incalzato dalle domande delle guardie pontificie, afferma che, dalla sua barca sul Tevere, ha visto gettare un corpo a fiume, la sera prima, ma non ha ritenuto di parlarne alle Autorità perché scarso gli era sembrato l’interesse per un simile episodio; all’incredulità degli indaganti, egli replica candidamente: “Ho visto in quel luogo gettar nel fiume ben cento cadaveri senza che alcuno mai se ne prendesse cura”. Luci ed ombre del Cinquecento!

Poco dopo si accerta la morte del palafreniere. Nulla presagisce sorte migliore per il duca. La notte di Rodrigo trascorre tra incubi e veglie inquiete.

Il giorno seguente vengono assoldati molti pescatori. Ed è proprio uno di loro a ritrovare Giovanni nelle acque adiacenti a S. Maria del Popolo, nei pressi della dimora del cardinale Sforza.

Il corpo è martoriato da nove coltellate; un cronista afferma che ha anche la gola tagliata. Nel cercare i colpevoli l’attenzione si sposta dai nemici del Papa ai mariti cui il duca era avvezzo rubar l’amore delle mogli; dalle gelosie racchiuse nel nucleo familiare, a quelle delle persone con cui il duca era entrato in contrasto. Tra i più sospettati Ascanio Sforza, per quella cena in cui Giovanni aveva vituperato e fatto aggredire un suo ospite, ma anche per gli ondivaghi rapporti tra Roma e Milano; quindi i suoi parenti di Pesaro, Galeazzo e Giovanni, primo marito di Lucrezia, costantemente angariato dai fratelli Borgia per il suo rifiuto di concedere alla moglie l’annullamento; inoltre Prospero Colonna e la famiglia Orsini, da sempre oppositori dei Borgia, in particolare Orsino, marito della concubina del Papa; Guidobaldo da Montefeltro, abbandonato in balia dei baroni rivoltosi, e molti altri. Rodrigo, tuttavia, vuoi per diplomazia, vuoi per mancanza di prove, non formulerà mai un’accusa precisa nei confronti di costoro. Men che mai lo farà nei confronti di Cesare, il quale, sinceramente in lutto, sin dall’inizio disperatamente cerca l’assassino del fratello. Deboli i moventi addotti dai colpevolisti. Per rinunciare alla porpora aveva bisogno che morisse il fratello. Falso. La porpora non aveva mai fermato né il suo ardore amatorio, né quello strategico, spesso occupandosi di questioni politiche. Lo si accusa, inoltre, di gelosia perché incestuosamente legato alla sorella al pari di Giovanni. Falso. Alla mancanza di castità di un papa il popolo facilmente abbina licenziosità e perversioni assolutamente fantasiose anche di tutti coloro che lo circondano.

La verità è che prove della colpevolezza di Cesare non ce ne sono. La Storia, a volte, è pettegola: carisma e potere, si sa, inevitabilmente implicano detrattori armati di penna oltre che nemici armati di spada!

L’assenza di un colpevole contribuisce a dare ancora più peso al lutto del Papa. Il suo dolore lo rende profondamente umano. Forse è per questo che l’infierire del Savonarola, già scomunicato, ha un che di macabro ed ingiusto: scrivendo al Papa egli afferma che la morte di Giovanni è punizione divina per la sua corruzione. Sono parole che pesano e che presto cancelleranno ogni segno di indulgenza in Rodrigo, il quale firmerà la condanna a morte del frate predicatore.

Il dolore per la scomparsa di Giovanni, ovviamente, non è esclusivo appannaggio del Papa. A soffrire, a piangere, a disperarsi c’è anche una madre; e si narra che sia proprio di Vannozza il volto afflitto della Madonna nella Pietà michelangiolesca. Sappiamo per certo che la scultura venne commissionata dal cardinale Giovanni de la Groslaye de Villers; ma alcuni ritengono che ciò sia avvenuto su ordine dello stesso Rodrigo, fatto affascinante, sebbene storicamente non provato.

In realtà, poco importa se la Pietà sia stata o meno voluta da Rodrigo come emblema del dolore per la perdita di un figlio, poiché, anche senza quella mirabile opera, il resoconto di quei giorni evidenzia chiaramente la profondità della sua sofferenza, a riprova del fatto che, come scrive di lui Stendhal, non esistono “scellerati perfetti”.

Storie di fantasmi

Una famiglia come i Borgia, ammirata e temuta, severa e pur licenziosa, inevitabilmente solletica la fantasia popolare. E, di sicuro, in una visione dell’aldilà nettamente spaccata tra Bene e Male, tra Paradiso ed Inferno, non molti potevano essere i dubbi su dove collocare Rodrigo Borgia ed i suoi figli. Lo confermano certe visioni agghiaccianti che la storia popolare ci ha tramandato.

Una donna affermò che, nella notte dell’assassinio di Giovanni, dopo un forte boato, molte fiaccole si accesero in S. Pietro, librandosi nell’aria senza che vi fosse alcuno a portarle se non una mano demoniaca.

Qualche mese dopo fu lo stesso duca di Gandìa ad essere visto in Castel S. Angelo. Ad accompagnare l’inquieto incedere del suo fantasma molti rumori che sembravano usciti direttamente dalle viscere dell’Inferno.

Anche Rodrigo ha il proprio Inferno, però. Si riportano diverse versioni della sua morte, una peggiore dell’altra: la sua anima urlante, la presenza di demoni, l’invocazione del Diavolo. Sorte non meno misera pare gli sia toccata dopo il trapasso. Si dice che ancora oggi lo si possa incontrare, inquieto, nei pressi della chiesa di S. Maria in Monserrato degli Spagnoli, dove, dal 1881, sono inumati i suoi resti.

In uno dei Libri Secreti conservati presso l’Archivio di Bologna, una glossa al margine del paragrafo in cui si cita la laurea di Rodrigo in diritto canonico, riporta tre date essenziali: quella in cui divenne cardinale, quella della sua elezione a papa e quella della sua morte, affiancata da una frase significativa:“sepolto all’inferno”.

Ovviamente la fantasia popolare non lascia in pace neppure Lucrezia, che è stata più volte vista vagare indisturbata nel Castello di Nepi, ove visse per qualche tempo. Nel 2008 è stata persino fotografata: vestita di bianco e diafana, compare sullo sfondo, tra i partecipanti ad una festa. Inutile dire che nessuno ricorda quell’invitata!

Nella foto, l’attore Stanley Weber nei panni di Giovanni Borgia

2 Risposte

    • Raffaella Bonsignori

      Ciao Ariadna,
      scusa il ritardo con cui ti rispondo, ma vedo solo ora il commento. Sono pessima nella gestione informatica degli articoli: una volta inviata in redazione, mi dimentico di averli scritti e, dunque, non torno a leggerli.
      Giovanni Borgia, poco dopo il funerale, che si tenne in S. Maria del Popolo, fu inumato nella cappella della madre, Vannozza Cattanei, che si trova in quella stessa chiesa. Sotto il pontificato di Giulio II Della Rovere, su istanza della moglie, Donna Maria Enriquez, fu traslato a Gandia, vicino al fratello Pier Luigi e lì riposa ancora oggi.
      Lieta che ti sia piaciuto il mio articolo.
      Continua a seguirmi.
      Un caro saluto.
      Raffaella

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