Giustizia, quando il bene troppo evidente fa… male

Falcone-e-BorsellinoA Palermo un gruppo di giudici, il cosiddetto “pool antimafia” sta conducendo un processo per ricercare la verità sui fatti che accaddero nel 1992 in concomitanza alle due stragi di Capaci e di via d’Amelio. Nel proporsi come fine la chiarezza su chi organizzò e materialmente preparò gli attentati, questi giudici si sono imbattuti non solo in mafiosi incalliti ma anche in alcuni personaggi dello “Stato” dell’epoca poco diligenti, molto sbadati ed oggi molto smemorati.

Sembra un lavoro molto difficile da espletare per questi giudici: raccogliere prove, sentire testimoni, anche cariche istituzionali, collegare fatti che a venti anni di distanza sono sempre più sfocati, tuttavia, essi ci stanno riuscendo. Questo anziché generare un senso di orgoglio italiano per queste persone che “lanciando il cuore oltre l’ostacolo”, impegnandosi fino in fondo per la ricerca della verità e della giustizia, li isola sempre di più, li degrada e li schernisce.

Ma che vogliono fare questi giudici? Ma che si pensano di scovare? Questi vogliono farsi vedere, essere protagonisti, essere sulle prime pagine dei giornali. Tendenzialmente queste sono le frasi più comuni che si sentono in giro. Questi magistrati, oggi, sono soli, isolati, sovraesposti. Proprio come lo erano Falcone e Borsellino, i quali dovettero preparare il maxiprocesso in un carcere per paura di essere uccisi, i quali furono lasciati soli dopo il maxiprocesso, mentre la stampa mondiali li esaltava come paladini della giustizia, dopo essere saltati in aria lungo un’autostrada e in una via.

Sembra essere proprio un nostro problema culturale: quando c’è qualcuno che vuole, fino in fondo, fare del bene, non ci crediamo, pensiamo che questa persona abbia altri fini, non possono esistere persone così. Forse, può accadere, che non siamo più abituati a incontrare persone così oneste, che si pongono come fine la ricerca d giustizia e di verità, a discapito della propria carriera, delle persone mal pensanti e di una vita passata sotto scorta.

C’è una differenza sostanziale rispetto a venti anni fa: nel 1992 la gente era al fianco dei magistrati, li applaudiva, li ascoltava, esponeva lenzuola dai propri balconi rinnegando la mafia. Oggi si è compiuto un ulteriore passo: la gente scende e manifesta in piazza, si pone fisicamente a fianco dei giudici, facendo sentire la propria voce.

Falcone e Borsellino (foto) sembrano così lontani, persone che non torneranno più, invece dovremmo accorgerci che ci sono tanti Falcone e Borsellino che tutti i giorni compiono il proprio dovere, basta sostituire le lenti di ipocrisia che spesso coprono i nostri occhi per sostituirle con un buon paio di occhiali di senso civico.

di Roberto Rossetti

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