È in evoluzione la situazione in Libia. L’esercito del governo di Tripoli (Gna) ha ripreso il controllo della città di Tarhuna, costringendo il generale Haftar a ritirarsi da tutta la Tripolitania. Contemporaneamente sono stati evacuati i mercenari russi impiegati sul posto. Sono rimasti con Haftar i mercenari siriani – comunque inviati da Putin – ma attestati solo al confine tra Cirenaica e Tripolitania. La strada per l’esercito governativo è ormai libera sino a Sirte, di cui si attende l’imminente riconquista.
Nel complicato scacchiere nordafricano, oltre alla Russia, presente con rifornimenti di armi e i mercenari, a fianco di Haftar c’è l’Egitto. Il Cairo è anzi il principale punto di riferimento politico del generale cirenaico.
Ci sono inoltre gli Emirati Arabi e sino a poco tempo fa si riteneva che ci fosse anche la Francia. A favore del governo di Tripoli, presieduto da Fayez al Serraj, è invece scesa in campo da alcuni mesi la Turchia. Ankara è membro della Nato e anche in Siria combatte sul fronte opposto a quello di Putin.
Il complesso quadro delle parti in gioco
Il 6 giugno scorso al Cairo il presidente egiziano Al Sisi ha convocato Haftar e il Presidente del parlamento della Cirenaica, Aguila Saleh. Di fronte al peggiorare della situazione l’Egitto ha premuto per una soluzione transitoria, finalizzata alla ripresa del dialogo politico.
I tre si sono accordati per un cessate il fuoco unilaterale da parte dell’Esercito nazionale libico (Lna) a partire dal successivo lunedì 8 giugno. Le parti hanno fatto riferimento all’esigenza di uno sforzo internazionale per il rispetto delle risoluzioni Onu sull’unità e l’integrità del paese.
Hanno inoltre pronunciato un appello alla comunità internazionale per il ritiro dei combattenti mercenari stranieri dalla Libia. A questo annuncio si è giunti dopo un’intensificazione dei contatti diplomatici che sembrano semplificare in parte un quadro comunque complesso.
I contatti si sono svolti in due fasi. Nella prima fase, il responsabile russo della politica estera Lavrov ha incontrato a Mosca il vice di Saleh, Ahmed Matig. I russi hanno promesso al rappresentante della Cirenaica sostegno finanziario e protezione militare, purché Haftar lasci la Tripolitania e si sganci dagli Emirati Arabi.
Dietro il ritiro di Haftar, decisivo l’intervento di Mosca e Washington
Nella seconda fase il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha contattato telefonicamente il principe ereditario degli Emirati. Lo scopo è stato quello di convincerlo a rinunciare all’appoggio militare in favore di Haftar e optare per la ripresa del dialogo. Gli Eau, infatti, erano rimasti i soli a spalleggiare Haftar verso una velleitaria soluzione militare della crisi.
L’intervento di Washington fa intuire che anche in Libia dietro all’azione di Erdogan si nascondano gli Stati Uniti.
Subito dopo l’annuncio del cessate il fuoco l’Onu, tramite la propria missione di supporto, si è messa in moto per la ripresa dei colloqui di pace del gruppo 5+5. Questo è un organismo composto in pari numero da esponenti del Gna e del Lna. A questo punto, però, nuovo colpo di scena: Fayez al Serraj si è rifiutato di aderire al cessate il fuoco unilaterale di cui alla “dichiarazione del Cairo”.
Non sappiamo se, a questo punto, si possa dare attuazione a quanto era stato previsto nella capitale egiziana. In ogni caso, in Cirenaica stanno emergendo due nuovi personaggi: Saleh e Metig. Mentre il secondo è volato a Mosca, il primo è stato cooptato da Al Sisi per persuadere Haftar. Probabilmente, Il Cairo punta su costoro per trattare con Al Fayez al fine di mantenere la propria influenza sulla Cirenaica.
Haftar non mette in discussione l’unità della Libia
Nessuno sembra intenzionato a rimettere mano agli accordi del 2015, recepiti all’unanimità dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, relativamente all’unità territoriale della Libia. La posizione del Presidente Saleh sarebbe in favore di un semplice ritocco che garantisca un’equa rappresentanza in Parlamento alle tre entità storiche della Nazione: Tripolitania, Cirenaica e Fezzan. Quest’ultimo è sotto il controllo formale del Lna ma ancora in mano alle tribù del deserto.
In ogni caso, Al Fayez ha subito riaperto il campo petrolifero di Sharara, dove operano la spagnola Repsol e la francese Total. Il campo, che era stato chiuso dal generale Haftar durante la sua avanzata, rappresenta una fonte di entrata troppo importante per il governo di Tripoli per tenerlo ancora chiuso.
Nella foto, a sinistra Fayez al Serraj, con Khalifa Haftar: lastampa.it
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