Home Video: “Il lato positivo”, una storia di (stra)ordinaria follia

1082712_10201281182766951_694576018_n“Il mondo ti spezza il cuore in ogni modo immaginabile, questo è garantito. Io non so come fare a spiegare questa cosa, né la pazzia che è dentro di me e dentro gli altri, ma indovinate un po’? Domenica è di nuovo il mio giorno preferito! Penso a tutto quello che gli altri hanno fatto per me e mi sento tipo… Uno molto fortunato!”

La nostra recensione parte da qui, dai titoli di coda di un film che, nel discorso finale del protagonista, svela una volta per tutte l’origine del proprio titolo. “Il lato positivo”, traduzione italiana (come sempre troppo libera) dell’inglese “Silver Linings Playbook”, uscito finalmente in home video a noleggio questa settimana, è una storia di follia, ma anche e soprattutto di rinascita e di riscatto, in cui ognuno di noi può riconoscersi.

Pat è un uomo affetto da disturbo bipolare, che ha raggiunto il suo apice di violenza nel momento in cui ha trovato sua moglie Nikki a casa con un altro uomo; ricoverato per otto mesi in un ospedale psichiatrico, esce grazie all’aiuto della madre con un solo obiettivo in testa, cioè riconquistare la moglie. Inibito da un divieto di avvicinamento alla donna e sorvegliato costantemente a vista da un poliziotto, Pat entra in terapia per ritrovare un equilibrio. Nel frattempo conosce Tiffany, una ragazza dal passato condizionato da comportamenti sessuali compulsivi, ma soprattutto dalla tragica perdita del marito, che si offre di aiutarlo a riconquistare Nikki in cambio che Pat partecipi insieme a lei a una gara di ballo. Questo incontro scatenerà una serie di vicende che legheranno sempre di più i due protagonisti, coinvolgendo anche la strampalata famiglia di Pat in un vortice di folle positività, portandoli a una (prevedibile per lo spettatore, inconsapevole per loro) vera e propria rinascita personale.

Il film è un chiaro e brillante esempio di come il cinema americano sappia alternare sapientemente dramma e commedia: i 117 minuti di pellicola scorrono tra dialoghi tesi fatti di botta e risposta serratissimi e spesso sovrapposti, in cui lo spettatore si immerge completamente nel disagio e nelle nevrosi dei protagonisti, e buffi siparietti a base di battute dissacranti, in particolare tra Pat Junior e Pat Senior (interpretato magistralmente da un Robert De Niro con qualche rimpianto da vecchio sul groppone, e sogni di gloria da ragazzo nel cuore). A oliare il meccanismo di una sceneggiatura rapida e perfetta, ci pensa una colonna sonora fatta di grandi nomi e grandi pezzi, che domina i momenti di respiro del film: Stevie Wonder, Alabama Shakes, Bob Dylan e Johnny Cash, tanto per citarne alcuni.

Il coinvolgimento dello spettatore nella storia è tale che non solo si perdona qualche battuta fin troppo sopra le righe (“Ci sarà sempre una parte di me che è smandrappata e sudicia, ma questo mi piace!” cit. Tiffany), ma ci si sente partecipi di uno strano quanto geniale progetto, e alla fine si tifa perché tutti ottengano ciò che desiderano: che si tratti di una vincita economica, frutto di una disperata scommessa, nel caso di Pat Senior, o di raggiungere la sufficienza scarsa in un’improbabile gara di ballo, per Pat Junior e Tiffany.

L’affinità con i protagonisti si fa ancora più intensa nelle scene di ballo, dove emergono tutta la carica esplosiva e l’intesa tra Pat e Tiffany, interpretati da Bradley Cooper e Jennifer Lawrence, (che per il ruolo di Tiffany ha vinto l’unico Oscar assegnato al film, su otto candidature): due persone alla disperata ricerca di emozioni “sane” in un mondo dove, per essere catalogati come folli, basta un errore di un attimo.

Il messaggio del film è chiaro e diretto, e si fa strada minuto dopo minuto nelle parole di Pat che, nelle battute finali, sembra addirittura acquisire un barlume di saggezza: come cita una rubrica di questo giornale, “nessuno è perfetto”, ma tutti possono e devono trovare dei motivi per sentirsi fortunati, lavorando e facendo luce sul lato positivo che esiste in ognuno di noi.

di Laura Celani

foto: IMDb

 

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