I nuovi mostri: dall’assassinio di Yara al delitto di Motta Visconti

lissi-bossetti-560908Dopo tre anni e mezzo di indagini, e quasi 18mila campioni genetici prelevati, finalmente si è riusciti ad identificare il presunto assassino di Yara Gambirasio, il cui profilo genetico è risultato compatibile al 99,99999987% con il DNA lasciato dall’autore del delitto sugli indumenti della vittima durante l’aggressione.

L’uomo, Massimo Bossetti, un muratore 44enne del luogo, sposato e con tre figli, si è avvalso della facoltà di non rispondere e, in attesa della convalida del fermo da parte del Gip, si sa soltanto che si è arrivati a lui dopo aver individuato la madre, una donna che avrebbe avuto una storia con il defunto autista di Gorno. Tra gli indizi a suo carico anche il fatto che il suo cellulare avrebbe agganciato la cella di Brembate un’ora prima della scomparsa di Yara, la presenza di polvere di calce sul corpo e nei polmoni della ragazza, elemento che aveva subito portato a pensare a qualcuno che lavorasse nei cantieri, e la vettura dell’uomo, già sequestrata dagli investigatori, che sarebbe simile al furgone bianco che alcuni testimoni dissero di aver visto allontanarsi a tutta velocità dal luogo in cui, quella sera di novembre, si persero le tracce di Yara.

La notizia segue di poche ore un altro sconvolgente fatto di cronaca, quello del triplice omicidio avvenuto a Motta Visconti nella notte di sabato scorso. Le vittime, una giovane donna e i suoi due bambini, sono stati brutalmente uccisi nella propria abitazione ed i cadaveri rinvenuti dal marito rientrato a tarda notte dopo aver seguito la partita della nazionale. Non c’è voluto molto, però, per capire che l’assenza di contanti dalla cassaforte, aperta senza segni di effrazione, era solo una messa in scena, così come contrastava con la pista dei rapinatori l’assassinio del bambino più piccolo di soli 20 mesi.

Ed infatti, dopo poche ore di interrogatorio, Carlo Lissi, il marito della vittima, è crollato ed ha confessato l’omicidio, commesso perché l’uomo, invaghitosi di una collega, voleva essere libero dai legami familiari e per questo aveva deciso di uccidere moglie e figli.

Ai Carabinieri che lo hanno interrogato, e che lo hanno definito una persona gelida e priva di sentimenti, ha dichiarato di volere il massimo della pena, ma ha anche aggiunto, quando gli hanno chiesto perché non avesse semplicemente pensato di chiedere il divorzio, che in quel modo, comunque, i figli sarebbero rimasti, mentre il suo scopo era quello di cancellare i suoi ultimi sei anni di vita.

“Mostri” “brutali assassini”, così sono stati definiti questi due uomini, entrambi padri di famiglia.

Il primo, accusato di aver ucciso la piccola Yara, ha due figlie che chiama le sue majorettes perché anche loro, come Yara, fanno ginnastica artistica, ama gli animali, è un gran lavoratore e sembrava a tutti una brava persona, ma nella richiesta di convalida del fermo gli viene contestato di “aver adoperato sevizie e di aver agito con crudeltà” perché dopo aver tentato di violentare la sua vittima, l’ha colpita ed accoltellata per poi lasciarla morire agonizzante in un campo.

L’altro, un ragazzo normale che nel tempo libero giocava a basket con gli amici dell’oratorio, non ha esitato a colpire a morte la propria moglie e ad uccidere nel sonno i suoi due figli per poi andare al bar a vedere la partita con gli amici ai quali è sembrato tranquillo come al solito. Un omicidio premeditato, il suo, che lascia sbigottiti sia per le modalità che per il movente, ancora più banale di quello dei purtroppo frequenti femminicidi commessi per gelosia o per vendetta.

Queste vicende hanno ovviamente provocato una forte reazione da parte dell’opinione pubblica che, di fronte a tanto orrore, si è scagliata contro i due assassini urlando a gran voce la propria indignazione.

Ma nell’era dei social network si va oltre il semplice commento alla notizia ed allora ecco nascere, nel giro di pochissime ore, pagine e gruppi Facebook sui due assassini, in cui si postano frasi ed immagini provocatorie, mentre i loro profili, non ancora bloccati, vengono presi d’assalto dagli utenti della rete che non esitano a lasciare commenti alle foto o, addirittura, a condividerle sul proprio profilo accompagnate da messaggi di disprezzo e di incitamento alla vendetta, senza risparmiare offese ai familiari dei “mostri.”

Il cosiddetto circolo mediatico-giudiziario si è, ormai, trasformato in un vero e proprio “circo” in cui non c’è pace neanche per le vittime le cui foto e video personali vengono diffusi sulla rete per aumentare il clamore sulla vicenda.

Gli inquirenti hanno protestato per la diffusione della notizia del fermo del presunto assassino di Yara, perché avrebbero voluto mantenere il riserbo fino a quando non vi fosse stata la certezza, ma, ormai, a fare giustizia ci pensa il popolo, così, mentre in rete girano già le immagini dei tagli sulle mani del marito che ha sterminato la propria famiglia (tagli che tutti i novelli criminologi si appresteranno a valutare dopo aver buttato giù il solito profilo criminale), qualcuno ha già affermato che per i “mostri” non deve valere la presunzione di innocenza e si augura vivamente che in carcere li aspettino torture di ogni genere.

La rabbia della gente è incontenibile e sta sfociando in un delirio fuori controllo che poco ha a che vedere con la voglia di giustizia.

Sembra quasi di assistere alla scena finale de “La fattoria degli animali” di George Orwell in cui, alla fine, non si distinguono più gli uomini dagli animali.

Ed allora, forse, facciamo anche noi parte dei “nuovi mostri” di questa moderna società.

di Gloriana Rescigno

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