I passi di Efix: l’esilio, il pellegrinaggio, il viaggio

i passi

Il romanzo Canne al vento di Grazia Deledda si snoda tutto entro i confini della campagna nuorese. Tuttavia dà l’impressione di abbracciare questo mondo e anche parte dell’altro, almeno nella sua dimensione purgatoriale. Figura che giganteggia all’interno della narrazione è quella del vecchio Efix. Un servo che ha consumato esistenza e braccia nella cura di un podere non suo. Non certo una figura titanica, ma comunque grande per l’umiltà e la caparbietà che dimostra nell’affrontare il suo percorso di redenzione.

La necessità di redimersi nasce da un profondo senso di colpa. L’amore per Lia Pintor — l’unica delle quattro figlie del padrone Don Zame ad avere uno sguardo proiettato al mondo — ha spinto Efix a favorire la sua fuga. Il tentativo è riuscito al prezzo della morte accidentale del padrone. Efix è rimasto così segnato dalla scomparsa di Don Zame che ha deciso di sostituirsi a lui nella protezione delle tre figlie rimaste: Ruth, Ester e Noemi Pintor. Coltiva instancabilmente e gratuitamente l’unico podere che è ancora in loro possesso, e lo fa solo per garantire il loro sostentamento.

Il podere-nido e la migrazione

Il podere è lo scenario dell’autoesilio e dell’espiazione di Efix, ma è anche il luogo in cui la fatica lo fa sentire migliore e la solitudine lo rassicura. Per quanto possa scavare in quella terra, il buon Efix non troverà mai il tesoro del perdono. Per assolversi deve muoversi e l’occasione si presenta con l’irruzione sulla scena di Giacinto, il figlio di Lia. All’annuncio del suo arrivo le Pintor convocano Efix nella loro grande e ormai decadente casa. Uno spostamento di pochi chilometri che il servo avverte come l’abbandono del nido e l’inizio di una lunga migrazione. 

Da questo momento in poi Efix si allontana spesso dal podere. Diventa il personaggio che si muove di più e che cambia di più. Spesso è proprio Giacinto a muovere i suoi passi. Inizialmente Efix lo vede come una promessa: colui che prenderà il suo posto a protezione delle dame Pintor. Ma Giacinto è un giovane che ha aspirazioni velleitarie e non desidera affatto ricoprire il posto che Efix gli ha assegnato. Mente, si indebita, sceglie una donna che le zie non approvano e poi la abbandona causandole grande dolore. A un certo punto addirittura maltratta Efix, lo rifugge, lo delude. 

La forza dell’esempio e l’impossibilità di fare la sorte

Giacinto rappresenta la ribellione del giovane che si arroga il diritto di sbagliare, e sarà proprio attraverso gli sbagli che avverrà la sua maturazione e tornerà a prendere la donna che aveva promesso di sposare. Ciò non significa che il buon esempio di Efix e le sue cure non siano serviti. Anzi, è proprio guardando nella sua stessa direzione che Giacinto trova la sua strada. Dirà: «Tu, dove l’hai trovata la vera salvezza? Vivendo per gli altri. E così voglio far io, Efix». 

Nella stessa occasione il figlio di Lia pone anche la fatidica domanda: «Tu credi che siamo noi a fare la sorte?». Un quesito decisivo a cui Efix risponde sconsolato: «Vero è! Non possiamo fare noi la sorte». Una verità difficile da ammettere per uno che ha tentato più volte di forzare il destino pur di lasciare le sue padrone sotto la protezione di un nuovo Don Zame, o di un nuovo se stesso. Capisce che è il momento di allontanarsi. Da buon contadino che ha passato una vita a piantare semi sa che è venuto il tempo di lasciar fare alla provvidenza e attendere che la pianta dia spontaneamente i suoi frutti. 

Il pellegrinaggio e l’ultimo viaggio

Lascia il podere e si carica sulle spalle le difficoltà di un mendicante cieco rimasto senza compagno. Si fa mendicante a sua volta. Intraprende un cammino sfibrante da un paese all’altro, nell’indigenza più assoluta. Aspetta che il suo compagno di viaggio smetta di avere bisogno di lui e solo allora può decretare la fine del suo percorso di purificazione. Nel frattempo, a casa, le cose si sono sistemate da sole. La minore delle Pintor ha deciso di sposarsi assicurando protezione alla famiglia e Giacinto si è pacificato. Adesso per Efix è il momento di riprendere il suo posto al podere, di coltivarlo — almeno nell’animo — da uomo libero.

Il ritorno al podere rappresenta la chiusura di un cerchio, l’ultima frontiera. Come nelle migliori epopee, il viaggiatore torna al punto di partenza più forte, più consapevole, con uno sguardo più ampio, più chiaro. Ormai resta solo l’ultima cosa da fare. Confessare l’antica colpa e con l’anima leggera intraprendere l’ultimo grande viaggio, quello eterno. «Chiuse gli occhi e tirò il panno sulla testa. Ed ecco si trovò di nuovo sul muricciolo del poderetto: le canne mormoravano, Lia e Giacinto stavano seduti silenziosi davanti alla capanna e guardavano verso il mare. Gli parve di addormentarsi. Ma d’improvviso sussultò, ebbe come l’impressione di precipitare dal muricciolo. Era caduto di là, nella valle della morte».

Foto di Joe da Pixabay

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.