I Santi, immagine viva della presenza di Cristo

santiOggi, in un’unica festa, la Chiesa celebra la santità che Dio consegna a tutti coloro che confidano in Lui. È una festa straordinaria, un’occasione che deve far crescere in noi il desiderio di imitare i Santi nella loro amicizia con Dio.

L’intera storia della Chiesa è segnata in maniera indelebile dal contributo di questi nostri fratelli che attraverso una testimonianza di fede indefettibile sono stati dei punti di riferimento per molte generazioni; e lo sono anche oggi per tutti noi.

I Santi, in diverse maniere, sono l’immagine viva della presenza del Risorto nella Chiesa; essi si sono legati a Cristo e con la loro vita hanno proclamato con l’Apostolo Paolo “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Raccomandarsi alla loro intercessione, entrare in comunione con loro e soprattutto incarnare ogni giorno il loro stile di vita “ci unisce a Cristo, dal quale promana tutta la grazia e tutta la vita dello stesso del Popolo di Dio” (LG 50).

Ma che cosa significa oggi essere santi? Chi è chiamato ad esser santo? La comune mentalità, anche quella di molti cristiani, porta avanti il pensiero che la santità sia qualcosa riservata solo a pochi eletti; riguarderebbe il Papa, i preti, le suore, forse i frati. E invece Paolo, in riferimento ad ogni battezzato, scrive che in Cristo, Dio “ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi” (Ef 1,4). Al centro del disegno del Padre, quindi, c’è il Figlio, Cristo, grazie al quale Dio svela all’uomo il suo Volto, rendendosi in tal maniera visibile, ascoltabile, toccabile, affinché l’uomo attinga sempre più alla sua grazia. Esser santi, perciò, non significa compiere solo imprese eccezionali ma vuol dire soprattutto stare uniti a Cristo, facendo nostri i suoi atteggiamenti, i suoi comportamenti, i suoi pensieri. La misura della santità, quindi, è data da come noi sappiamo accogliere lo Spirito Santo e da come modelliamo la nostra vita sulla vita di Cristo. “Viva sarà la mia vita tutta piena di Te” (Agostino, Conf., 10,28).

E come possiamo rispondere a questa vocazione così alta? Una vita condotta santamente non è certo frutto dei nostri sforzi, perché è Dio, è lo Spirito Santo che ci rende santi, è la potenza rinnovatrice della vita del Risorto che ci trasforma dal di dentro, sin dal giorno del nostro Battesimo. E a proposito, il Concilio Vaticano II scrive: “I seguaci di Cristo, con l’aiuto di Dio, devono mantenere nella loro vita e perfezionare la santità che hanno ricevuto” (LG, 40). La santità, quindi, ha origine dal fonte battesimale e ci viene consegnata al momento del nostro battesimo. Ma Dio rispetta sempre la nostra libertà e proprio per questo ci chiede se vogliamo accettare questo dono, vivendo, secondo verità, gli impegni che esso comporta, lasciandoci trasformare dallo Spirito e conformando la nostra vita alla sua volontà. È davvero un Dio esigente il nostro, oppure è proprio questo il programma di vita che Dio ci ha consegnato al momento della creazione? Non è forse l’amore libero e disinteressato l’anima che vivifica e rende credibile la nostra santità? Di nuovo il Concilio Vaticano II precisa: “La carità dirige tutti i mezzi di santificazione, dà loro forma e li conduce al loro fine”. E allora: “che cosa è davvero essenziale per raggiungere la nostra santità?”.

Essenziale è l’Eucarestia, soprattutto quella domenicale, l’incontro vero con il Risorto che non è un peso aggiunto, ma è luce, forza, entusiasmo, serenità per tutta la settimana. Essenziale è non iniziare e non finire mai un giorno senza cercare un breve contatto con Dio. Necessario è, nel cammino della vita, seguire gli “indicatori stradali” che Dio pone alla nostra attenzione in ogni momento. Questa è la vera grandezza della vita cristiana, questa è la verità dell’essere santi, illuminata dalle parole del Padre Agostino: “Sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; vi sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene” (7,8: PL 35).Chi è guidato costantemente dall’amore è guidato da Dio, perché Dio è amore. E allora, sempre con S. Agostino diciamo: “Ama e fa’ ciò che vuoi”. Possiamo noi, con i nostri limiti, arrivare così in alto? La Chiesa, nel corso dell’Anno liturgico, ci invita a celebrare la santità di Dio attraverso quella dell’uomo, la santità di coloro che hanno vissuto pienamente l’amore, seguendo Gesù ogni giorno. I Santi ci dicono che tutti possono percorrere la strada della santità. In ogni tempo e in ogni luogo, essi sono il volto concreto di ogni popolo, ma anche il volto dei semplici e di tutte quelle persone buone che conosco e che forse non saranno mai canonizzate.

Nella comunione dei Santi – canonizzati e non canonizzati – che la Chiesa vive in tutti i suoi membri, noi ci rallegriamo della loro compagnia, coltivando la bella speranza di imitarli e di condividere un giorno la loro stessa vita beata, la vita eterna. Cari amici, com’è straordinaria ed anche semplice la vocazione cristiana vissuta alla luce di questa prospettiva! Tutti siamo chiamati alla santità e questa stessa è la misura alta della vita cristiana. Pertanto, vorrei invitare tutti voi ad aprirvi all’azione dello Spirito Santo; Egli ci sceglie come tessere del grande mosaico della santità, perché il fulgore di Gesù possa splendere sempre sui nostri volti.

Non abbiamo paura di tendere verso l’alto, non abbiamo timore che Dio ci chieda troppo: sarà Lui a trasformarci secondo il suo amore. Amen.

di P. Francesco M. Trebisonda o.m.

Basilica parrocchiale Sant’Andrea delle Fratte

Santuario Madonna del Miracolo – Roma

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