Una delle principali risorse economiche dell’Afghanistan deriva dalle incommensurabili riserve minerarie, eppure la legislazione attuale ed i contratti poco trasparenti stipulati con le compagnie straniere, dietro le quali si aggira lo spettro della corruzione, rischiano di causare problemi e rallentamenti.
La legislazione, secondo la Ong londinese Global Witness è alquanto carente: “la trasparenza sui contratti e sulle proprietà, le norme a garanzia di offerte eque e trasparenti, i meccanismi per consentire l’avvio di eventuali rivendicazioni da parte delle comunità locali avrebbero dovuto essere incluse in cima alla nuova legislazione”.
Il presidente Hamid Karzai ha tuttavia firmato la normativa di settore. Essa fra le altre cose di destinare il 5% degli introiti per progetti di sviluppo delle comunità presenti nelle aree dei giacimenti minerari.
Ma ecco cosa da quali ricchezze è composto il tesoro afghano: oro, rame, ferro, argento, metalli minori e gemme, per un valore che si aggira sui 1.000 miliardi di dollari, mentre le risorse energetiche presenti nel sottosuolo varrebbero circa 2 trilioni di dollari.
Se tali ricchezze venissero usate in maniera sensata, potrebbero garantire al Paese una crescita notevole, dal momento che nel 2013 il Pil si è fermato a quota 3,6%, inoltre potrebbero determinare dei cambiamenti tali da influire sull’andamento del conflitto.
Uno su tutti riguarda infatti il territorio, dal momento che per estrarre litio e gli altri minerali preziosi bisognerebbe investire in infrastrutture. Ovviamente da un bel pezzo gli Usa hanno puntato gli occhi sul paese mediorientale, così come Cina, Russia, Iran e India. Sarà forse per questo che il presidente statunitense ha deciso di mantenere nel paese circa 16.000 soldati in forma ufficiale, e non si sa quante altre migliaia sotto quali nomi e quali incarichi?
Ricordiamo infatti una celebre affermazione del generale David Petraeus “Non possiamo lasciare adesso l’Afghanistan. Ha bilioni di dollari in minerali”. E’ certo solo che Obama ha infranto la “Postilla del patto strategico”.
Ricordiamo infatti che il 2 maggio 2012 volò in Afghanistan, per ottenere la firma di Karzai su un documento che gli avrebbe consentito di ufficializzare il dominio USA su questa nazione oltre il 2014, data annunciata per la ritirata delle truppe.
Ecco cosa riportava il testo, di cui estrapoliamo qualche punto saliente.
1) Gli USA manterranno le loro basi militari indefinitamente e potranno ampliarle, utilizzare le installazioni afgane, il suo spazio aereo e gestiranno aree “di uso esclusivo” statunitense;
2) Le Forze Speciali USA potranno continuare i loro assalti notturni alle case dei civili afgani.
3) Gli USA hanno cassato dal testo finale l’articolo che rinviava ai tribunali afgani il personale militare statunitense accusato di reati; i delinquenti avranno l’immunità giudiziaria.
4) Gli USA possono intervenire nei conflitti dell’Afghanistan, supervisionare gli investimenti stranieri nel paese, i suoi accordi di transito e la gestione delle frontiere; in più si obbliga Kabul ad appoggiare le cosiddette “operazioni antiterroristiche”.
4) L’Afghanistan non potrà sospendere unilateralmente questo patto che, anche con il consenso mutuo, avrebbe comunque efficacia per un altro anno.
Karzai si rifiutò di firmare il Patto Strategico, perché non nominava alcuna missione per migliorare la situazione degli cittadini e si lamentò che Washington avesse creato un Governo parallelo, che permetteva l’accesso di società di sicurezza private sul suo territorio “sovrano” e che i suoi soldati massacravano civili e offendevano il Corano. Resta allora un dubbio, che sembra quasi una certezza.
Se da un pezzo i talebani hanno cessato di essere una minaccia per gli USA, perché questi vogliono restare in Afghanistan? Sarà per l’appunto che l’interesse degli Usa è quello di impadronirsi delle risorse naturali afgane usando una sottile diplomazia, ovvero quella di fabbricare o creare nemici per alimentare l’industria degli armamenti e apportare aiuti umanitari che hanno fine ben diverso da quello sbandierato?
Certezze non ci sono, ma il dubbio resta.
di Simona Mazza
foto: asiasociety.org
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