Il caffè: nutrimento per la mente

il caffè

Al termine della Battaglia di Vienna del settembre del 1683 i Turchi in ritirata lasciarono sul campo anche 500 sacchi di caffè.

L’avventuriero il polacco Jerzy Franciszek Kulczycki, che grazie alle proprie conoscenze era riuscito ad infiltrarsi tra gli assedianti carpendo informazioni vitali per la liberazione di Vienna, ottenne come ricompensa per i propri servigi anche quei 500 sacchi di cui le truppe della Lega Santa ignoravano il valore e con essi aprì il primo Caffè di Vienna.

Secondo la leggenda fu un altro protagonista dell’assedio di Vienna, il frate cappuccino Padre Marco D’Aviano, che suggerì a Kulczycki di aggiungere latte e zucchero al caffè turco creando la familiare bevanda che in suo onore fu battezzata appunto «cappuccino».

Era iniziata la nuova vita della bevanda che oggi consumiamo quotidianamente: il caffè.

Dall’Abissinia al Brasile

Come sempre accade per il cibo le origini del caffè si ammantano di leggenda. Una di queste vuole che sia stato un pastore abissino della Provincia di Kaffa (da cui secondo alcune fonti prenderebbe il nome il caffè) a notare che le sue capre diventavano particolarmente eccitate quando si nutrivano delle bacche di una pianta selvatica (l’albero di Coffea) e che la coltivazione della Coffea abbia iniziato a diffondersi, in diverse varietà, grazie agli Arabi che, impossibilitati dalla legge coranica a bere alcolici, lo scelsero come bevanda tonificante e sperimentarono le prime forme di tostatura dei chicchi di caffè.

Certo è che il porto di Mokhā (in arabo al-Mukhā) divenne ben presto il centro del commercio del caffè che inizialmente si diffuse in Europa, alla fine del 1600, grazie alla Serenissima, ma senza incontrare molto successo sia per il suo colore scuro, sia per la provenienza araba al punto che dovette intervenire personalmente Papa Clemente VIII per smentire la diceria per cui il caffè era bevanda del diavolo e, da amante del caffè, a convertirlo al cristianesimo.

Decisiva per la diffusione fu, come per il cacao, l’aggiunta dello zucchero anche se i puristi contemporanei affermano che il vero caffè andrebbe sorseggiato amaro.

In Italia fu Trieste, grazie alla sua caratteristica di Porto franco sotto la dominazione austrica, il primo e principale centro d’importazione del caffè arabo (e arabica è ancora oggi una delle varietà del caffé), mentre, seguendo lo stesso percorso della canna da zucchero, si tentò di rompere il monopolio arabo coltivando le piante di coffea inizialmente a Giava e poi in tutto il Centro America ed il Sud America.

Olandesi, francesi portoghesi ed inglesi, quindi, attraverso le rispettive compagnie coloniali, spinsero verso il basso il prezzo del caffè accelerando la sua diffusione anche presso le classi meno abbienti.

Gl’inglesi, che per un certo periodo ne controllarono il commercio, furono i soli ad abbandonarlo a beneficio del tè e le ragioni di tale predilezione furono di natura economica e politica: da un lato infatti si volle privilegiare una bevanda di cui la Corona inglese aveva il monopolio dall’altro si volle contrastare il fenomeno delle botteghe del caffè come potenziali luoghi di sedizione.

Caffè e sviluppo scientifico

Anche se non ne è stata fornita la dimostrazione è assai probabile che il caffé, che è un forte eccitante, abbia contribuito allo sviluppo scientifico.

Il mondo arabo, infatti, conobbe parallelamente all’espansione del consumo di caffè il suo massimo sviluppo nelle scienze anche grazie alla possibilità offerta dal caffè di aumentare la concentrazione ed i periodi di veglia.

In Europa vi è stata una singolare coincidenza tra la diffusione, inizialmente tra le classi borghesi, del caffè e la nascita dell’Illuminismo che si propagò in locali dedicati, alternativi a quelli del consumo del vino e della birra: le botteghe del caffè che, verso la fine del 1600, aprirono in tutta Europa a beneficio di gentiluomini ed intellettuali laici che, come Montesquieu, ritenevano il caffè un rimedio contro la tristezza.

«Il Caffè» fu anche non casualmente il nome la testata della prima rivista italiana illuminista e fu nelle botteghe del caffè che iniziò a diffondersi il gioco degli scacchi anch’esso di origine araba in cui l’abilità prevaleva sulla sorte.

Il caffè a Napoli

Se Trieste è ancora la capitale del commercio italiano del caffè Napoli lo è, per riconoscimento unanime, quella del suo consumo popolare.

A cosa si deve questo amore sconfinato dei napoletani per il caffè e la sua preparazione al punto da aver inventato una speciale caffettiera, la «napoletana»?

La risposta è: alla fame atavica del popolo napoletano.

Nello studio del 1863 dell’Accademia Pontaniana sull’alimentazione del popolo minuto napoletano si osservò, infatti, che il caffè, malgrado il suo costo sostenuto, era usato dal popolo napoletano perché dava un senso di sazietà non facendo diminuire le forze nonostante la denutrizione.

Lo stesso motivo, a ben vedere, per cui moltissime persone ancora oggi riescono a sostituire la prima colazione con una semplice tazza di caffè.

Da allora il caffè è entrato nella nostra cultura come complemento indispensabile delle nostre giornate e lo beviamo, unici al Mondo, ristretto, a casa o al Bar.

Tutto grazie a 500 sacchi di caffè abbandonati da un esercito in rotta.

Foto di Couleur da Pixabay

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.