A poche ore dall’esito del duello tra Hillary Clinton e Donald Trump cosa si può dire che non sia stato già detto? Poco o niente. Lo squallore della campagna elettorale che ha visto il più basso profilo della storia americana dalla Dichiarazione dell’Indipendenza lascia sul campo solo perdenti e nessun vincente. Ma i perdenti non sono i due candidati alla presidenza degli Stati Uniti d’America. Sono piuttosto i valori che essi dovrebbero, avrebbero dovuto impersonare: la democrazia e la (buona) politica, il rispetto e la responsabilità. Mai la politica era scesa tanto in basso come negli ultimi mesi, mai prima lo spettacolo era stato così rozzo e volgare, il linguaggio così irrispettoso, osceno, trucido.
Da circa un anno il paese che rappresenta una delle più vecchie democrazie del pianeta si è di fatto bloccato per assistere allo squallido spettacolo della gara per la sua istituzione più ambita, la Casa Bianca. La paralisi ha condizionato fortemente la politica estera americana, in un momento in cui il resto del mondo soffriva drammi e tragedie. Ma lo spettacolo, per quanto truce e volgare, non sarebbe stato possibile senza loro, gli spettatori, senza i cittadini schierati da una parte o dall’altra nel sostenere i partiti in corsa e i loro candidati.
Ed è qui che bisogna fare una attenta riflessione sul significato della parola consenso. Nei tempi della globalizzazione e di internet ambire al consenso popolare può diventare molto problematico, tanto da minare paradossalmente le basi della stessa democrazia. Se un candidato antidemocratico per essere eletto usa le armi della democrazia e del populismo, e se a fronte di ciò riceve il consenso dei cittadini e dell’elettorato, il risultato può comportare persino un ribaltamento dello status sociale con una involuzione rappresentata dalla fine della democrazia.
Le parole e i proclami che Donald Trump ha diffuso negli ultimi mesi vanno in questa direzione. Malgrado ciò soltanto una settimana fa un sondaggio di Washington Post e ABC News ha avuto come risultato un agghiacciante 46% per Trump contro il 45% per la Clinton. Il motivo del calo della ex first lady era riconducibile alle rivelazioni di una nuova indagine del FBI sul cosiddetto “Email-Gate”. Insomma altro fango sulla Clinton. Fango che si aggiunge al fango lanciato su Trump dai servizi giornalistici che con dovizie di particolari hanno rivelato i suoi trascorsi sessisti al limite della denuncia penale. Fango che i due candidati non hanno mancato di gettarsi l’un l’altro addosso e in faccia in occasione dei tre scontri televisivi previsti durante la campagna elettorale.
Ha fatto bene “Der Spiegel”, importante settimanale tedesco, a mettere in copertina l’immagine dei due concorrenti coperti di fango. Quel fango tuttavia ricade su coloro che hanno accettato, alimentandola e alla fine subendola, la campagna elettorale più infamante della storia recente. Chiunque vincerà queste elezioni sarà responsabile del fatto che l’America e gli americani mai erano caduti così in basso e che ora la stessa democrazia rischia di affogare nel fango. Speriamo non si portino appresso il resto del mondo.
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