Gli ultimi in ordine di tempo, usciti quest’anno nei cinema italiani, sono “Alice in Wonderland” di Tim Burton, “Scontro tra titani” per la regia di Louis Leterrier e “L’ultimo dominatore dell’aria” del regista indo-statunitense M. Night Shyamalan: si tratta dei film di genere fantastico, spesso definiti (più o meno erroneamente a seconda dei casi) col termine fantasy, la cui presenza negli ultimi anni si è fatta massiccia e strutturata fino a costituire una vera e propria tendenza.. Il fenomeno è doppiamente interessante non soltanto perché negli anni 2000 viene riportato in auge questo specifico genere di pellicole, ma anche per il grande successo di pubblico che ne accompagna le uscite. Andando indietro nel tempo troviamo film come “Eragon”, “Le cronache di Narnia”, i film di “Harry Potter” e la trilogia de “Il signore degli anelli”: tutti, alcuni casi più di altri, si sono rivelati ottimi successi al botteghino, sebbene spesso siano stati male accolti dalla critica, che vede in questi film operazioni meramente commerciali e di basso profilo artistico. Sicuramente questo è vero nella maggior parte dei casi, ma sono pur sempre presenti delle importanti eccezioni. Inoltre è curioso notare come una grandissima quantità dei titoli qui citati (ossia i maggiori successi degli ultimi anni) sono adattamenti cinematografici di libri fantasy di grande successo se non addirittura, come nel caso de “Il signore degli anelli”, di capolavori della narrativa moderna: a significare come l’intreccio tra le espressioni artistiche, e in particolar modo il connubio tra narrativa e settima arte, sia da sempre assai proficuo, ma anche ad indicare come al cinema manchi spesso la necessaria spinta creativa ad elaborare sceneggiatura autonome ed originali. Alcuni dei film precedentemente nominati sono risultati essere innovativi, altri molto meno: se “Eragon” è stato giudicato da più parti un pessimo film e se “Le cronache di Narnia” ha raccolto giudizi contrastanti, il successo quasi unanime, di critica e di pubblico, di un film come “Il signore degli anelli” è inconfutabile. “The lord of the rings” ha rappresentato un vero e proprio punto di svolta del cinema di genere fantastico, sia per la scelta del romanzo di JRR Tolkien, sia per lo stato dell’arte raggiunto dal fantasy cinematografico: progetto ambizioso per mole di lavoro prodotta, per la qualità della fotografia, per l’inventiva visiva (si potrebbe dire visionaria), per la tradizione letteraria cui attinge, per il fatto di aver voluto girare i tre film in tre anni di riprese consecutive. Con “Il signore degli anelli”, e in parte con “Le cronache di Narnia”, il genere fantasy si è caricato di una valenza per certi versi nobilitante che lo porta ben oltre il semplice cinema di evasione (così come il libro di Tolkien va di gran lunga ben oltre la letteratura per ragazzi): ci si rivolge ad un sentire profondo, alla potenza creativa della libertà dell’immaginazione, ad un background di epica e di poesia, ad una simbologia e ad un sistema di metafore che spinge il genere fantastico fin dentro la modernità. E oltre.
Simone Di Conza
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