Nulla di fatto. Nemmeno la disperata riunione dell’altro ieri in un hotel centrale della grande mela ha sortito gli effetti conciliatori sperati e la NBA si avvia a grandi passi verso una stagione di chiusura.
La lega nazionale e i cestisti sono divisi e hanno abbandonato il tavolo delle trattative dopo una spaccatura che sembra ormai insanabile. A monte della disputa si pone il problema del salary cap, il tetto ingaggi imposto dall’associazione a ogni franchigia, che i giocatori non vogliono abbassare vedendo i loro stipendi diminuiti di parecchio. La trattativa va avanti da un anno e mezzo. Le società continuano a non guadagnare rispetto ai capitali che investono e, a parte i colossi cittadini, forti di un merchandising smisurato, quali NY,Boston, LA; le piccole città si trovano quasi indebitate a causa del crollo di introiti rispetto alle spese.
Già la scorsa stagione era stata a rischio per la protesta degli arbitri ufficiali che avevano alzato la voce a fronte del mancato pagamento di alcune prestazioni da parte dell’associazione. L’NBA è da sempre il mercato sportivo più fatturante di tutti: non c’è giro di denaro maggiore, e i cestisti che vi partecipano sono gli sportivi più pagati al mondo.
Da un paio di anni però la lega si è imposta una politica di austerity, e il commishioner Stern non si è nascosto dietro un falso ottimismo, parlando di esistenza non futuribile dei campionati e dello sport tutto, seguendo questi standard di “consumismo”. I giocatori sono inamovibili e la lega si impunta sulla sua diplomaticità. Voci vicine all’ambiente diffidano dal salto totale della stagione, si confida in un venirsi incontro delle parti.
Ciò che è certo è che la lega non partirà in tempo per la metà di ottobre. Si pensa a una riduzione delle gare, dalle 82 attuali a 52. Si ripercorrerebbero le orme della stagione ’98-’99, quando era accaduta la stessa identica situazione. La paura maggior però è lo spettro di un vero e proprio “lockout”(chiusura) che, chi vive da dentro la disputa, definisce “Armageddon” per la NBA ma soprattutto per lo sport.
di Daniele Conti
Foto: insidethegame.it
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