La Parola di Dio proclamata in questa domenica non può lasciarci nell’indifferenza. Ciascuno di noi, infatti, prima o poi, nel segreto del cuore, è chiamato a rispondere alla domanda di Gesù: “E voi, chi dite che io sia?” Il Vangelo di oggi (Lc 9, 18-24) narra una circostanza molto significativa: mentre la piccola comitiva è in cammino verso Gerusalemme, Gesù domanda ai suoi discepoli che cosa la gente pensa di lui e come lo giudicano.
Pietro, attraverso una singolare confessione di fede, risponde a nome dei Dodici, dicendo: “Tu sei il Cristo di Dio” (Lc 9,20), un’affermazione questa, che si differenzia in modo sostanziale da ciò che la gente pensi circa la persona di Gesù. Come nasce questo profondo e sincero atto di fede pronunciato da Pietro? L’inizio del brano evangelico – se prestiamo attenzione – è legato ad un particolare momento di preghiera: “Gesù – afferma Luca – si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui” (Lc 9,18).
I Dodici, quindi, sono coinvolti nell’esperienza di amore tra Gesù e Dio e vedono l’intima comunione tra il Padre e il Figlio; a loro è concesso di vedere ciò che altri non avrebbero mai potuto vedere. La professione di Pietro ha origine, quindi, dalla preghiera del Maestro, nasce dalla condivisione di questa profonda intimità e supera ad ogni livello l’opinione che la gente esprime circa l’identità di Gesù. A questo punto, il Vangelo ci consegna una preziosa indicazione, valida per ogni cristiano: la preghiera diventa il luogo più nobile ove riscoprire il volto di Dio e, nello stesso tempo, il momento più adeguato in cui revisionare la specifica missione che abbiamo ricevuto da Dio nel giorno del Battesimo.
Perciò, solo chi cura seriamente l’intimità con Dio può rimanere unito a Lui come il tralcio alla vite e può annunciarLo ai fratelli attraverso l’opera di evangelizzazione. Anche noi dobbiamo imparare a “rimanere con Lui”, ovunque siamo, qualunque cosa facciamo. Possa questa sosta con il Signore accompagnare ogni attimo della nostra vita, diventare il cuore della nostra testimonianza cristiana e diventare fonte di conforto e di speranza soprattutto nelle difficoltà e quando sembra che le cose da fare debbano essere prioritarie.
Ma dal Vangelo di oggi si coglie anche un secondo aspetto che ora mi piace evidenziare. Subito dopo la confessione di Pietro, Gesù rivela ai suoi amici gli eventi tragici ed imminenti della sua Passione, prima esortando i discepoli a seguirlo con perseveranza sulla strada della croce e poi spiegando loro la vera essenza dell’essere suoi discepoli: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà” (Lc 9,22-24).
Che significato riveste per la nostra vita questo invito pressante di Gesù? L’adesione a tale invito, è forse per il cristiano un tramite attraverso il quale poter toccare le altezze vertiginose del successo e delle personali ambizioni? Chi aspira a tanto, carissimi, ha frainteso molto il significato della missione cristiana: sarà schiavo del proprio egoismo ed ancor peggio succube dell’opinione pubblica. L’adulazione, il conformarsi alle mode di oggi, il successo ottenuto a buon prezzo ci priverà di assaporare il gusto delle cose celesti. Un uomo che imposta la sua vita su queste realtà inique per l’uomo, certamente non può amare né Dio e tantomeno gli altri, ma amerà solo se stesso, fino a perdersi per sempre.
Allora si è davvero cristiani se l’esistenza umana viene fondata sul coraggio di dire sempre sì alla volontà di Dio. L’invito di Gesù a perdere se stessi e a prendere la croce, richiama il grande mistero dell’Eucaristia. Gesù sulla Croce si offre in sacrificio per la Chiesa che è la sua Sposa. È sulla croce che il chicco di frumento fatto cadere da Dio sul campo del mondo muore per essere frutto maturo e datore di vita. Quando prendiamo parte alla Messa e soprattutto quando riceviamo Gesù eucaristico al momento della Comunione, anche noi accogliamo nelle mani Gesù in persona, il pane del Cielo, il chicco spezzato per moltiplicarsi e per divenire la vera vita del mondo.
Perciò, riempiamoci di intima gioia, di immensa gratitudine, di stupore. È un’esperienza sempre nuova contemplare come nella mia vita, nel mio corpo, tempio dello Spirito Santo, Dio realizza gratuitamente il grande mistero della Sua presenza! Allora, come non pregare il Signore perché attraverso la preghiera ci dia una consapevolezza sempre maggiore di questo dono così inestimabile, centro e cuore della nostra esistenza? Ci dia la grazia di contemplare la bellezza della nostra fede ma anche la grazia di testimoniarla sempre con generosità e coerenza. Facciamo nostri i sentimenti di Gesù. Egli ama con tutto se stesso, fino a donarsi totalmente.
Si tratta di scolpire a caratteri d’oro dentro il nostro cuore la dolce legge dell’amore, grazie alla quale possiamo attuare nella nostra vita atteggiamenti e gesti colmi d’amore. “Quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo” (Gal 3,27). Già con il Battesimo siamo stati rivestiti di Cristo. Quindi, alla partecipazione domenicale della celebrazione eucaristica deve sempre seguire l’impegno a condurre una vita tutta “eucaristica”, vissuta cioè, nella docile obbedienza alla legge dell’amore.
Carissimi, il Vangelo di oggi ci ha indicato la strada sicura per giungere ad assaporare la vera gioia. Maria, la serva del Signore, Colei che ha detto sì alla volontà di Dio, che ci ha donato il Cristo e che lo ha seguito fino ai piedi della croce, ci accompagni ogni giorno della vostra vita. Grazie al suo esempio e alla sua materna protezione, potremo essere fedeli all’impegno di conformarci sempre più a Cristo, che ha saputo obbedire alla volontà del Padre, amando tutti noi sino alla fine. Amen.
di Fra’ Frisina
foto: empowernetwork.com
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