Il “dio quattrino” non regala né felicità, né realizzazione

denaroIl messaggio che ci viene dal Vangelo è molto chiaro e ci invita a riflettere sull’andamento della nostra vita, su quelle preoccupazioni, piccole o grandi, che offuscano il presente e che purtroppo allontanano sempre di più le speranze per un futuro migliore. Oggi Gesù ci offre alcune immagini: la vita e il cibo, gli uccelli del cielo e i gigli dei campi, gli indumenti e il vestiario ed infine il Regno di Dio e la sua giustizia (Mt 6, 24-34).

Gesù ci offre una certezza che è per tutti: l’uomo è nato per il Signore e appartiene solo a Dio! Una verità questa, che forse è troppo spesso bistrattata, non ce ne preoccupiamo abbastanza, eppure Dio ama ciascuno di noi come se stesso. E l’uomo, invece, a “Dio” sostituisce “l’io”, al Dio-Trino antepone il “dio quattrino”, tralasciando quella Parola Santa, uscita direttamente dalla bocca di Dio: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Dt 6,4-5).

Questo comando dettato da Dio impegna l’uomo nel servizio verso il suo unico Signore, preservandolo così dal peccato di idolatria e dal servizio ad altri dei, anche se i nostri giudizi, i calcoli umani, i sentimenti disordinati che abitano il nostro cuore ci spingono ad affermare che questo precetto sia solo una pretesa assoluta di Dio e che forse sia troppo eccessivo.

Ed è proprio così: Dio è eccessivo, ma nell’amore! Dio è pazzamente innamorato delle sue creature e proprio dalla sua vita intra-divina noi possiamo comprendere che “l’amore vuole amore”; Dio, infatti, dà amore e chiede amore.

Ciò è ulteriormente confermato dalla prima lettura di oggi che, a proposito, ci rasserena molto: “Si dimentica forse una donna del suo bambino? Anche se si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai” (Is 49,15). Che meraviglia! Il figlio di Dio, ogni battezzato non conoscerà mai lo stato di orfananza. Per questo, il salmista ci fa pregare con fiducia: “Solo in Dio riposa l’anima mia” (Sal 62,2).

Il Vangelo di questa domenica non è un manifesto contro il diritto al lavoro, non è quell’insegna luminosa che ci indica l’oasi di pace, mentre camminiamo nel deserto della vita. Tutt’altro! Gesù invita i suoi seguaci a percorrere la sua stessa strada liberamente, con serietà, responsabilità e ad accogliere generosamente, ma con radicalità, la chiamata di Dio che esorta ogni uomo al raggiungimento pieno della propria felicità e alla realizzazione di sé stessi. E l’idolo del denaro, il “dio quattrino” sopra accennato, non regala né felicità, né realizzazione. Sì, perché l’uomo “o odierà l’uno e amerà l’altro; oppure si affezionerà ad uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza” (Mt 6, 24).

A proposito, Papa Benedetto XVI, in un passaggio del suo messaggio per la Quaresima 2011, scrive così: “L’idolatria dei beni non solo allontana dall’altro, ma spoglia l’uomo, lo rende infelice, lo inganna, lo illude senza realizzare ciò che promette, perché colloca le cose materiali al posto di Dio”. Il servizio alla ricchezza – essa conserva tutte le caratteristiche per essere un vero e proprio idolo – porta pian piano l’uomo a consacrargli l’anima; la ricchezza diviene per lui l’unica ragione di vita.

Gesù ci ammonisce: “Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33). Ma cosa significa, oggi, cercare “il regno di Dio e la sua giustizia?” Non è difficile rispondere a questa domanda se si considera adeguatamente la Persona di Gesù e soprattutto il suo agire. Comprenderemo allora che il Regno di Dio è innanzitutto una Persona: Gesù Cristo, che è bontà, misericordia, giustizia, fraternità, amicizia, quindi, santità e amore. Dall’amore scaturirà tutto il resto!

Noi cristiani, nel nostro piccolo, siamo chiamati con l’amore (paziente, benigno, non invidioso, non vanitoso, rispettoso, disinteressato, vero) a colmare i tantissimi spazi vuoti che l’ingiustizia umana crea, scendendo a compromessi con il male, con il non-amore; nel nostro piccolo, certi che il Signore ci precede, dobbiamo impedire che il benessere di pochi sommerga ingiustamente la miseria di tanti.

È una realtà drammatica quella che oggi stiamo attraversando e i cristiani non possono esternare indifferenza dinanzi ad uno scenario così devastante. Penso ai precari, ai disoccupati, alle mamme e ai papà che non sanno più come affrontare i mille disagi familiari; penso agli ammalati e alla malasanità, a coloro che da un momento all’altro e con tanta difficoltà debbono riprogettare tutta la loro vita; penso ai tanti anziani, alla loro solitudine, al loro abbandono e ai loro molteplici disagi.

E dov’è allora tutta questa serenità che Gesù promette di dare? Forse il Signore ci ha abbandonato, ci ha dimenticato? Il vero cristiano non teme e nonostante tutto continua ad avere fiducia nella vita e nell’uomo. Ci sono altri fratelli, invece, che si disperano perché pensano che Dio li abbia abbandonati.

Io a loro non credo perchè forse hanno posto la loro sicurezza nel lavoro delle proprie mani, forse hanno perseguito una pace che non viene da Dio ma da se stessi. E noi sappiamo benissimo che siamo esseri limitati, le nostre mani sono povere, sempre vuote. Gesù, oggi, vuole consegnarci la vera felicità. Siamo pronti ad accoglierla? E allora diamo una buona sferzata al nostro egoismo, al nostro facile estraniarci dalla realtà perché troppo spesso ci scomoda.

Ci sostenga il Signore con la forza dello Spirito perché in mezzo alle tante difficoltà di ogni giorno possiamo operare con fiducia per la libertà e la giustizia del suo regno. Amen.

di Fra’ Frisina

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