“Sono pochi gli occidentali che possono arrivare a capire le complesse dinamiche che muovono il Medio Oriente e il suo popolo. Io ho una visione particolare di questa realtà, perché godo di una prospettiva unica: sono figlio di quella regione e di quel conflitto. Sono anche un figlio dell’Islam e di un uomo accusato di terrorismo. E sono, altresì, un seguace di Gesù Cristo”. Queste sono le prime righe del libro di Mosab Hassan Yousef, ” Il figlio di Hamas – dall’intifada ai servizi segreti israeliani” uscito in Italia nel 2011 e da cui Nadav Schirman ha tratto il suo docu-film presentato al Sundance Film Festival 2014 dove si è aggiudicato il premo del pubblico.
Mosab Hassan Yousef è il primogenito e legittimo erede di Sheikh Hassan Yousef uno degli esponenti di spicco di Hamas – il Movimento di Resistenza Palestinese. Mosab cresce tra i fondamentalisti islamici, sviluppa sin da subito un’avversione nei confronti di Israele, ancora diciottenne viene reclutato dai servizi segreti israeliani e affidato a Gonen Ben Yitzhak, un agente dello Shin Bet , l’agenzia di sicurezza interna d’Israele, che lo convincerà a lavorare per loro. Diventa così “The Green Prince”.
Come lui stesso scrive: “Prima di compiere ventuno anni, ho visto cose che nessuno dovrebbe mai vedere: la miseria più aberrante, gli abusi di potere, le torture, gli omicidi. Ho partecipato con i massimi leader mediorientali a trattative internazionali segrete. Ho ricoperto ruoli di alto livello in Hamas e preso parte all’Intifada. Sono stato prigioniero negli abissi delle più temute carceri israeliane. E come vedrete, le mie scelte mi hanno reso un traditore agli occhi delle persone che più amo.”
Mosab per oltre dieci anni è infiltrato presso il suo stesso popolo, nella sua stessa casa, mente a suo padre, alla sua gente, sta con il nemico. Il suo reclutatore, l’agente ebreo Gonen Ben Yitzhak, diventerà il suo unico amico.
Ed è sull’amicizia tra Mosab e Gonen che il regista compone il suo film, un alternarsi di interviste e immagini di repertorio equilibrate, senza alcuna pretesa chiarificatrice della questione israelo-palestinese, perché se da una parte ci mostra la rabbia, le brutture dei metodi di Hamas, dall’altra descrive la complessità del sistema organizzativo israeliano. Il regista cerca di andare oltre il conflitto ideologico-politico dei due protagonisti e ci rimanda a una visione più umana e personale dei due uomini.
“Il figlio di Hamas” è un film di genere, una spy story, un docu-thriller molto interessante e ben fatto dal regista Nadav Schirman, allenato al genere (In the Dark Room, No Place on Eart) il quale sceglie per questo ultimo lavoro Raz Degan nell’insolito ruolo di direttore della fotografia.
di Patrizia Angona
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