Il gioco di specchi che mostra le cose e il loro rovescio

specchi

Leggere Teatro (racconto inserito in Il gioco del rovescio di Antonio Tabucchi) è come guardare una luce rimbalzare da uno specchio obliquo all’altro. Il risultato è un’immagine frammentata che mostra una faccia delle cose e contemporaneamente il suo rovescio, che non si esaurisce in sé stessa ma apre la porta a infinite possibilità. Il primo rovesciamento del racconto sta nella sua genesi. Si pensi alla dedica: «A Don Caetano de Lancastre, che mi ha raccontato una storia come questa». Una storia raccontata da qualcun altro che l’autore ripropone a suo modo, facendo sì che questo racconto sia proprio questo racconto «e non altri».

L’Europa del cuore

Il gioco del rovescio continua nelle pagine di Teatro. La storia si svolge negli anni Trenta, quando il Mozambico è ancora una colonia portoghese. Il protagonista è un funzionario di buona famiglia di cui non viene citato il nome. È fresco di laurea in Scienze coloniali e sceglie l’Africa per non perdersi negli «ozi di Lisbona». Narra di essere sbarcato a Lourenço Marques (oggi Maputo) nel 1934 e nei quattro anni successivi di aver vissuto a Tete e poi a Inhambane. Quest’ultima viene presentata come «una città sonnacchiosa e sudicia, di una bellezza sfatta, percorsa da gente provvisoria» che tuttavia gli era «quasi sembrata Europa». Un’Europa «remota come un racconto infantile», «già instabile nei ricordi». Un’ Europa che può esistere solo alla luce della nostalgia, in un’Africa che si configura come uno «spazio dello spirito» in cui «ognuno ha la sensazione di essere lontano, anche da se stesso». 

Si tratta dunque dell’Europa del cuore che è il rovescio di quella reale, la quale viene riletta alla luce della distanza e di poche tracce frammentarie. Nella remota Africa le notizie del vecchio continente giungono attraverso giornali o lettere prolisse. Ma anche attraverso i dispacci del governo che impongono di appendere negli uffici pubblici «la fotografia di un giovane professore di Coimbra, diventato ministro del Consiglio»: Antonio de Oliveira Salazar. Eppure il giovane funzionario sceglie di tenere sulla sua scrivania il ritratto di Don Manuel (re Manuele II, ultimo re del Portogallo), a cui lo lega «un affetto quasi familiare». Forse è per questo che viene inviato al limite della regione Kaniemba, a cinquecento chilometri dalla sua sede, a lavorare per dieci mesi a una bozza di censimento.

I mille volti di Sir Cotton

Il funzionario arriva a Kaniemba tra mille difficoltà, alloggia in una piccola caserma in mezzo alla foresta abitata da un capitano di complemento portoghese e da due cipaios con le rispettive mogli. È uno dei cipaios è recapitargli un invito decisamente inaspettato: «Diceva in inglese che Sir Wilfred Cotton aveva l’onore di invitare a cena (seguiva uno spazio bianco riempito a penna con il mio nome) per il giovedì 24 ottobre alle ore diciannove. Sarebbe stato preferito l’abito da sera». Prima dell’incontro il protagonista sa solo che Sir Cotton è un inglese che vive in un cottage al limitare del villaggio. Giunto all’incontro scopre che è un grande attore shakespeariano, capace di dare vita a tutti i personaggi di King Lear e di trasformare una capanna di canne di paglia in un teatro.

«Fu un Lear devastato da una mortale malinconia, ma anche un Fool lampeggiante di genio, cinico e bruciante. […] Il colloquio fra Lear e Regan fu lento, forse un po’ impacciato. Pensai di alzarmi, di dirgli ora basta […]. Ma in quel momento parlò il Duca di Cornovaglia. Aveva una voce profonda, turbata, piena di presagi». Cotton afferma di aver recitato King Lear per rendere omaggio al più grande attore shakespeariano di tutti i tempi, Henry Irving. Il Lear di Cotton è il rovescio di quello di Irving, entrambi sono rovesci di quello di Shakespeare. È sempre re Lear ma riscritto in modo sempre e inevitabilmente diverso, così come Cotton è sempre se stesso anche se in ogni personaggio mostra un lato diverso di sé. Nessuna prospettiva esclude l’altra, è un gioco di specchi in cui una cosa «che è così» si mostra contemporaneamente «anche in un altro modo». 

Foto di Peter H da Pixabay

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