Conobbi Norio Kawasaki circa 30 anni fa. Facevo allora parte della nazionale italiana di Karate della JKA-Italia, con i miei compagni di quegli anni di viaggi ed avventure eravamo giovani uomini che volevano dimostrare che il nostro compianto Maestro, Toshio Yamada, era il migliore di tutti e noi lo rappresentavamo degnamente. Ci confrontavamo spesso con formidabili atleti provenienti da molti paesi, era la nostra routine alla quale eravamo abituati; poi c’erano loro: i giapponesi. Potevi incontrarti o scontrarti con chiunque, ma quando ti trovavi di fronte a loro era come se ti dovessi sottoporre ad un’ulteriore prova al termine della quale avresti capito se i tuoi sacrifici, rinunce e impegno erano valsi a qualcosa.
Si muovevano diversamente da noi, vivevano la gara diversamente da noi e immediatamente capivi perché: quella era la loro vita e prima di loro quella di generazioni precedenti che avevano dedicato la loro esistenza alla ricerca della perfezione nell’arte del combattere. In altre parole, noi eravamo atleti con le nostre vite e praticavamo il karate con passione e disciplina, loro seguivano il DO, la loro via.
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Kawasaki era al tempo uno dei giovani, un atleta come noi, ma lo vedevi correre, assieme a tutti gli altri della squadra giapponese come fossero api operaie, intente a svolgere il loro lavoro; portavano borse, sistemavano i tatami, posizionavano i tavoli dei giudici come se quello fosse lo scopo della loro presenza a quel torneo internazionale o a quel campionato mondiale. Non era così, svolti i loro compiti ti accorgevi subito che loro erano lì per vincere o almeno per dare tutto per cercare di farlo.
Quando incrociavamo i loro sguardi, un cenno della testa in un impercettibile inchino diceva molto più di ore di conversazione. Rispetto, determinazione, consapevolezza che nessuno avrebbe ceduto.
Dopo molti anni e molte battaglie, non solo di quelle sportive, ma di quelle ben più dure che la vita ti costringe a combattere, ci siamo ritrovati; gli sguardi hanno lasciato il posto ai sorrisi, i silenzi a piacevoli racconti, il rispetto, se non avessi pudore, oserei dire, all’amicizia.
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Norio Kawasaki, ora il Maestro Kawasaki, conosciuto e rispettato in tutto il mondo, torna a Roma, ospite delle associazioni Yamada Kan e Kintsugi Dojo per un seminar di due giorni, il 15 e 16 febbraio prossimi, che si terrà presso la EBK Arena di Via del Baiardo 25 (Tor di Quinto). Parte dell’incasso verrà devoluto a favore della ricerca scientifica contro gravissime patologie infantili.
Il Maestro Kawasaki ha conseguito, molti anni or sono, il diploma di istruttore della JKA e dopo aver collaborato a lungo con i grandi del Karate Shotokan, da Asai ad Abe, da Isaka a Kagawa fino al Maestro Yahara, 10° dan della KWF, ha finalmente aperto, ormai da molti anni, a Kamakura la propria scuola (Tenshinjuku) visitata ogni anno da centinaia di praticanti provenienti da ogni parte del mondo.
A 62 anni, smessi i panni del formidabile agonista, Norio Kawasaki è diventato un eccezionale esponente del karate shotokan tradizionale e il suo Budo Karate è apprezzato e seguito dai migliori maestri internazionali che non perderanno l’occasione di allenarsi ancora una volta con lui ed apprendere e trasmettere, a loro volta, ai loro allievi quest’affascinante disciplina e la sua profonda filosofia di vita e di pensiero.
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