È iniziata ormai da cinque giorni l’operazione “Serval”, nome di un piccolo felino del deserto, portata avanti dall’esercito francese su richiesta del governo del Mali minacciato dall’avanzata da nord dei ribelli islamici del gruppo Ansar Dine in seguito alla destabilizzazione dell’esercito a causa del colpo di stato organizzato a marzo dai vertici militari.
L’operazione è stata approvata con larghissima maggioranza anche dall’Onu secondo la risoluzione 2085 approvata lo scorso 20 dicembre secondo cui era previsto un sostegno, finanziario e logistico, francese alla mobilitazione dei paesi africani. Il sostegno si è in breve trasformato in un intervento diretto della Francia con il supporto logistico degli Stati Uniti nel campo dei trasporti e delle comunicazioni.
Le operazioni si sono concentrate all’inizio su raid aerei con lo stanziamento di forze di terra a Bamako “per garantire in primo luogo la sicurezza della popolazione”, come ha dichiarato il ministro della difesa Jean-Ives Le Drian. Si mira adesso ad un rafforzamento delle forze di terra in vista probabilmente di un attacco.
La comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) ha affidato la direzione delle operazioni militari al generale nigeriano Shehu Abdulkadir, e affiancherà le forze francesi e l’esercito regolare del Mali. Il contingente dell’Ecowas sarà composto da più di tremila uomini provenienti da Benin, Ghana, Niger, Senegal, Burkina Faso, Togo e soprattutto Nigeria che, da sola, contribuirà con un contingente di 900 uomini.
Dall’Europa arriva il sostegno della Germania, della Danimarca e della Gran Bretagna. Il ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, ha annunciato che l’Italia è pronta ad un supporto logistico della “missione internazionale di supporto al Mali” (MISMA) spiegando che “E’ importante guardare ad una rapida soluzione di questa crisi ed evitare una realtà di presenza endemica di forze terroristiche sul territorio”.
Dall’inizio delle operazioni il tenente Damien Boiteux ha perso la vita, mentre i ribelli islamici hanno conquistato la città di Diabali, 400 km a nord della capitale Bamako. Le truppe francesi si preparano ora a dirigersi proprio verso nord.
Il quotidiano francese Le Monde, una delle poche voci sollevatasi contro l’intervento diretto della Francia, avanza in questi giorni dubbi sul racconto del conflitto: i fotoreporter sono bloccati nella base militare di Bamako, ma da ieri anche le foto all’interno della base sono state proibite. Non ci sono immagini del conflitto e il giornale francese si chiede se ci sia qualcosa da nascondere. Laurent Gervereau, presidente dell’Istituto delle immagini e responsabile del sito Decryptimages sostiene: “Per ragioni di propaganda questo allontanamento dei media esiste dalla guerra del Golfo, dall’epoca sappiamo che si può vincere la guerra sul terreno e perderla sul fronte delle opinioni pubbliche che non sono abituate a vedere dei morti in tempo di pace”.
Sempre Le Monde si fa portavoce di probabili soprusi perpetrati dall’esercito maliano ai danni della popolazione locale accusata di sostenere i ribelli islamici. Si moltiplicano infatti le voci di esecuzioni in strada soprattutto nella città di Mopti, e la Federazione Internazionale per i diritti dell’uomo ha confermato la sparizione sicura di una persona accusata di appartenere ai gruppi islamisti e l’apertura di una inchiesta su altri nove casi. Florent Geel, responsabile dell’ufficio africano dell’organizzazione, afferma: “A mio avviso il fenomeno è reale, anche se non ne conosciamo l’ampiezza, molte fonti diverse lo affermano”. Anche il sospetto basta per essere portati nei campi militari ed interrogati da una commissione sommaria, dalle 19 in strada vige il coprifuoco.
Gli islamisti minacciano la Francia: “la Francia ha attaccato l’Islam e noi colpiremo la Francia al cuore. In nome di Allah, colpiremo la Francia al cuore ovunque: a Bamako, in Africa e in Europa”. La prima rappresaglia è arrivata ieri sera: un gruppo islamico ha attaccato una sede del gigante petrolifero britannico AP situata nell’est dell’Algeria prendendo in ostaggio 41 dipendenti occidentali.
di Claudia Durantini
foto: iljournal.it
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