Prima dell’avvento delle religioni abramitiche, monoteistiche, esisteva una concezione di divinità molto diversa da quella attuale.
Gli antichi Greci e Romani credevano in diverse divinità (le principali erano 12).
Eppure nei loro templi, accanto all’altare di ogni Dio, se ne trovava uno dedicato al “Deo ignoto”, un dio soggettivo, intimo e personale, cui rivolgere le proprie preghiere.
Paolo di Tarso, (San Paolo), aveva letto a tal proposito un’iscrizione su un tempio di Atene durante il suo ministero apostolico. La sua testimonianza si trova nel versetto della Bibbia, Atti degli Apostoli 17, 23: “Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un’ara con l’iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio”.
Cosa vuol dire matrimonio mistico?
L’ unione sacra e perfino erotica, laddove l’erotismo e la passione rappresentano la componente creativa del darsi, dell’offrirsi al sacro (l’eros è infatti la più potente energia creativa della vita), viene definita “matrimonio mistico” o “matrimonio alchemico”, un sodalizio presente in tutte le tradizioni esoteriche del mondo, di cui si trovano testimoniante nella teologia, nella letteratura e nell’arte.
Essa rappresenta un vero e proprio rapporto di simbiosi tra gli opposti: maschile e femminile, luce e tenebre, morte e vita, conscio ed inconscio, visibile ed invisibile, umano e divino, in cui la sposa rappresenta il “sé incarnato” (il mondo fisico) e lo sposo rappresenta il “sé disincarnato” (il mondo spirituale), al fine di generare la fertilità che produce la vita (unione erotica).
Il matrimonio mistico nelle varie religioni
Nelle religioni pagane, un esempio di matrimonio mistico sono le relazioni erotiche tra Osiride ed Iside, Adone e Venere, Tamuz e Ishtar.
Nell’Induismo è rappresentato da Shiva, unito alla sua sposa, Parvati; nel Buddhismo esoterico è rappresentato dal Vajradhara (il Buddha esoterico), raffigurato nell’unione erotica con la sua sposa Dakini.
La Cabala ebraica, conosce bene il concetto di matrimonio mistico. Esso è narrato nel legame fra Re Salomone e la sua sposa, unione celebrata dal Canto dei Cantici (si ritiene che l’autore sia proprio Salomone).
Considerato da molti autori, l’adattamento di un antico poema liturgico relativo alla cerimonia dello Hieros Gamos di Iside ed Osiride, ne troviamo traccia anche nelle poesie erotiche dei Sufi, i mistici islamici.
Anche Mosè era rappresentato in un matrimonio mistico con la Shekhinah (dimora), dove quest’ultima sarebbe una manifestazione di Dio e la sposa biblica, l’allegoria del popolo di Israele.
Altro tema della Cabala è il Tzimtzum o Nulla creativo di Dio, ovvero l’energia del mondo vitale.
Del matrimonio mistico si parla pure nell’Antico e nel Nuovo Testamento.
Il primo cristianesimo esoterico (gnosticismo) del resto iniziò come una “Scuola dei Misteri” e Gesù Cristo somigliava molto alle figure divine delle Scuole dei Misteri Pagani come Osiride, Dionisio e Mitra.
Nello gnosticismo, Gesù Cristo (Amore) è indicato come sposo della Sophia (Conoscenza).
In particolare, viene descritto il mito della “caduta di Sophia” nel mondo della materia e la discesa di Cristo dai regni celesti per salvarla.
Tale caduta, ripresa dalla Chiesa cristiana nella “caduta di Adamo ed Eva”, per gli gnostici sarà guarita quando Cristo e Sophia entreranno nella camera nuziale nel Pleroma e si uniranno nel sacro matrimonio.
Se per entrambi i miti il filo conduttore è l’esperienza della separazione dal Divino, nella prospettiva gnostica, essa viene elevata a una condizione cosmica, dunque non è considerata quale risultanza del peccato umano, ma come una “caduta” nella dualità, ovvero la separazione del corpo/ego dal Sé, che avviene attraverso lo sviluppo dell’autocoscienza.
Cristo e Sophia dunque redimono Adamo ed Eva, che ritornano al Giardino come esseri realizzati dal Sé attraverso il matrimonio mistico.
Il mito della caduta rappresenta dunque il cammino interiore di ogni individuo (dallo sviluppo dell’ego), che arriva con la consapevolezza di sé, al raggiungimento alla realizzazione cosciente dell’unità con Dio come propria natura essenziale.
Troviamo testimonianza dell’unione mistica anche nelle preghiere di Santa Teresa D’Avila e di molti altri mistici cristiani, così come in testi quali il “Libro XI” dalle Confessioni di S. Agostino, la “Lettera a Eustochio” e la “Lettera a Paola di Gerolamo”, “La scala del Paradiso” di Giovanni Climaco, la “Vita e detti dei padri del deserto”, “La vita divina” di Jan di Rusbroeck, i “Sermoni tedeschi” di Meister Eckhart, “La luce fluente della divinità” di Matilde von Magdeburg e in molti altri testi incentrati sul misticismo cristiano.
Oltre a loro, gli sciamani di tutte le tradizioni hanno uno sposo o sposa invisibile, che vive nell’underworld, che conferisce ispirazione e piacere erotico/creativo e diventa “spirito guida”, “animale totem”, ovvero colui che suggerisce la “visione” sciamanica.
Il matrimonio mistico all’interno delle Istituzioni religiose: un atto blasfemo?
Come dicevamo, i mistici di ogni tempo e luogo hanno da sempre affrontato il tema dell’unione sacra/erotica con il divino.
La loro esperienza del divino ha spesso sconfinato al di là delle Scritture, infrangendo apparentemente le regole.
In realtà, non sono state travalicare né le regole né i comandamenti: il mistico e la mistica, pur vivendo nell’istituzione Chiesa vivono un’ esperienza del divino personale, intima e irripetibile.
La loro totale immersione nel divino, raggiunta attraverso l’estasi, li porta infatti a perdere la distinzione tra il Sé e la divinità, a sciogliersi in essa, fino a perdersi nell’infinito.
La rinuncia al Sé e all’autoaffermazione, non significa affatto svalutare la propria soggettività, ma semmai a pensare che la vera forza dell’Io è nel suo sacrificarsi e offrirsi al divino: il sacrum facere.
Il matrimonio alchemico
L’archetipo del matrimonio mistico dei primi cristiani gnostici riappare successivamente nel simbolismo degli alchimisti medievali.
Nei testi alchemici, molte immagini fanno infatti riferimento alla “coniunctio”, l’unione di Maschile e Femminile: Sole e Luna, fuoco e acqua, sale e zolfo, Re e Regina.
Secondo David Fideler, autore del libro “Jesus Christ, Sun of God: Ancient Cosmology and Early Christian Symbolismun”, uno dei principali simboli del “matrimonio alchemico” è l’esagramma, la stella a sei punte.
La fusione dei due triangoli rappresenta l’unione degli opposti, del mondo maschile dello spirito, con il mondo femminile della materia, della penetrazione del regno terreno da parte del divino.
Quello rivolto verso l’alto è infatti un’immagine archetipica del Maschile, simboleggia il dio, il Cristo, il sole e l’ego. Quello rivolto verso il basso è un’immagine archetipica del Femminile, della Sophia, simboleggia la dea, la luna e l’inconscio.
Come scrive Fideler, ciò rappresenta l’obiettivo finale della ricerca dell’alchimista, “l’individuo è in grado di riconciliare il temporale con l’eterno nel tessuto vivente della Vita, realizzando così il ‘matrimonio alchemico’ degli opposti su scala cosmica”.
Jung e il significato archetipico del matrimonio sacro all’interno della psiche
Gnosticismo e alchimia furono oggetto di studi anche da parte di C. G. Jung, il noto psichiatra, psicoanalista e antropologo svizzero.
Egli si era reso conto che le rappresentazioni di “hieros gamos” o “coniunctionis” potevano spiegare perfettamente il processo psicologico di “individuazione” del Sè.
Secondo Jung, dal “matrimonio interiore” degli opposti all’interno della psiche: maschile / femminile, conscio / inconscio, divino / umano, nascerebbe il Sé, l’archetipo della totalità, necessario al processo di individuazione.
Conclusioni
In sintesi, il matrimonio mistico è la chiave della vera trasformazione interiore: per i primi cristiani conduce all’illuminazione della Gnosi, per gli alchimisti porta al raggiungimento della Pietra Filosofale, per certa parte della moderna psicologia, serve alla realizzazione del Sé.
Data l’importanza archetipica del matrimonio mistico, sia a livello della la psiche umana, sia come toccasana per guarire l’anima, sia quale strumento per rivitalizzare la fede, tale simbolo dovrebbe essere recuperato.
Si tratta di un’impresa ardua ma non impossibile, occorre solo aprire i nostri cuori e liberare la “mente poetica“. Solo allora, come dicevano i primi cristiani gnostici: “l’anima riconosce la sua amata e si rallegra ancora una volta.”
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