“Questo giorno è consacrato al Signore vostro Dio; non fate lutto e non piangete!” (Ne 8, 9). Anche in questa Domenica ci ritroviamo raccolti attorno all’altare del Signore per ascoltare la sua Parola e per spezzare nell’unità del cuore e della fede il pane che ci nutre nel cammino terreno. Anche oggi la Parola di Dio ci invita a irrobustire la fede e a celebrare con “un cuor solo e un’anima sola” (At 4,32) Colui che la Chiesa adora come il Risorto che vive in mezzo a noi.
Tutti, infatti, “siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo” (1Cor 12, 13), il Corpo mistico di Cristo che è la Chiesa. È Gesù che unisce nella fede tutti i battezzati e l’amore fraterno, effuso da Dio nei nostri cuori, si rafforzi sempre più perché ogni cristiano fa parte del “corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte” (1Cor 12, 27). La nostra Chiesa, quindi, pur essendo “locale” o “particolare”, non è sola o isolata ma è parte viva ed integrante della Chiesa universale, quella cioè, diffusa in tutta la terra e continuamente è assistita dallo Spirito Santo, quello stesso indicatoci da Gesù nel Vangelo di oggi (Lc 1, 1-4; 4, 14-21). “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio” (Lc 4, 18).
Ogni battezzato deve far sue queste parole di Gesù; perciò, ovunque il Signore ci chiami ad operare, siamo esortati a portare, come Gesù, la buona notizia della speranza in Dio. Come umili servitori del Vangelo, alla scuola di Francesco di Paola, minimi tra i minimi, portiamo anche noi il messaggio dell’amore e della solidarietà che Cristo, con la sua venuta in mezzo a noi, offre ad ogni uomo. Il Vangelo non è un’ideologia, né un sistema economico o una politica nuova; è la voce stessa di Gesù che ci propone di percorrere i passi di un cammino di pace, di giustizia e di libertà.
Il cristianesimo oggi, soprattutto in occidente, raccoglie i frutti di quei semi piantati in un triste passato vissuto sciaguratamente, troppo spesso, all’insegna di opposizioni e di nette disunioni. Il mio pensiero si rivolge velocemente non solo ai totalitarismi o alle due inutili guerre mondiali ma anche all’inquinamento ambientale, alla fame, alla povertà. Questo scenario così crudo ha condizionato certamente la concezione dell’uomo e i suoi rapporti con gli altri, riducendo spesso la fede ad una dimensione individuale, spogliata di ogni sua rilevanza sociale. Ecco perché, soprattutto oggi, si impone la necessità di promuovere seriamente un clima socialmente sereno, attraverso la promulgazione di leggi giuste e sagge che tutelino la minata realtà del bene comune e che permettano di testimoniare apertamente la propria fede, nel rispetto di ogni uomo. La diversità di fede e di cultura non può non essere considerata come una fonte di ricchezza.
Carissimi, la Chiesa, promotrice di questo difficile programma, ancora una volta si rivela a noi quale autentica “maestra in umanità”. Perciò, dinanzi all’odio e alla sopraffazione, essa non si stanca mai di diffondere in lungo e in largo il messaggio della dolce legge dell’amore e della vita, restituendo così ad ogni uomo la speranza, la gioia e l’unità. È necessario, perciò, percorrere con tenacia e costanza la via della riconciliazione, del dialogo, dell’accoglienza, anche per testimoniare con determinazione e coraggio la preziosa e spesso boicottata entità sociale del Vangelo di Cristo. Anche se i tempi e le circostanze attuali mutano repentinamente, l’uomo ha sempre bisogno della voce della Chiesa perché siano riconosciute, ascoltate e accolte le sue angosce, i dolori e le sue miserie. “Cristo è lo stesso, ieri, oggi e sempre”: nessuno, neanche la Chiesa potrà mai far tramontare questa ineludibile verità.
Il grande cambiamento che la società attende e di cui ha estremamente bisogno si raggiungerà solo se prima avrà luogo la conversione del cuore. Il Vangelo di oggi ci presenta la scena di Gesù, giovane Maestro, che nella Sinagoga di Nazaret presenta ai suoi conterranei le linee programmatiche della sua missione terrena. Sono le stesse parole che molti secoli prima il profeta Isaia indirizzò ai suoi corregionali, deportati in esilio a Babilonia; quello di Isaia è l’annuncio che il Signore avrebbe salvato Israele dalla cattività babilonese e che presto avrebbe riedificato la città Santa. Questa promessa si compie pienamente in Cristo Gesù, “disceso dal cielo in terra” per salvarci dalla schiavitù di Satana e del peccato.
Anche noi, perciò, chiudendo adesso il Vangelo di Luca, così come fece Gesù con il rotolo di Isaia, ritorniamo nelle nostre case considerando il fatto che la parola di Dio non finisce qui ma continua ad illuminare i cuori e a riattualizzarsi quando la si ascolta e la si mette in pratica; l’oggi pronunciato quel giorno dal giovane Rabbì di Nazaret si prolunga nella Chiesa, perdura nel tempo e noi siamo mandati ad annunciare ovunque il nome dell’unico Mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo, il Santo di Dio. Come gli ebrei della prima lettura, diveniamo anche noi ascoltatori attenti della Parola di Dio; Egli parla, istruisce, illumina, rimprovera ma anche consola e purifica. L’Eucarestia, infine, diventi per ciascuno di noi il luogo privilegiato per accogliere la Parola che si è fatta carne, consapevoli che è Cristo il sostegno nella lotta quotidiana contro ogni difficoltà e tentazione.
di Frà Frisina
foto: microcredito.eu
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