Il naturale egoismo del Principe di Machiavelli

machiavelliImmaginate di essere un principe che governa una città nel Sedicesimo secolo. E che abbiate il potere assoluto con dei sudditi che obbediscono a qualsiasi ordine eseguendo ogni cosa venga loro richiesta, anche qualcosa di deontologicamente poco ortodosso. Come vi comportereste? Abusando di questo potere o cercando di perseguire l’onestà, la lealtà e la rettitudine?

Niccolò Machiavelli (1469 – 1527) avrebbe le idee piuttosto chiare: secondo lui sarebbe meglio sembrare buoni e onesti, che esserlo veramente. Egli asseriva, infatti, che un principe non deve necessariamente mantenere la parola data, anzi, non deve neanche preoccuparsi più di tanto se non lo fa. Un principe deve “imparare a non essere buono”.

L’obiettivo del principe (e quindi la cosa più importante di cui questo deve realmente preoccuparsi) è mantenere il potere. E per raggiungere questo scopo qualunque comportamento è ammesso: “Il fine giustifica i mezzi”.

il-principeIl principe”, la sua opera più famosa, è stato definita nel tempo un’opera malvagia, un manuale per persone poco raccomandabili, ma non solo. C’è chi lo definisce la migliore fotografia di quanto accade in politica.

Sono pochi i politici ad ammetterlo, ma molti di questi, ancora oggi, lo leggono. Chissà … forse per trovare la giusta ispirazione nella loro condotta? Beh, l’epoca in cui visse non era certo un’epoca tranquilla. Ed egli non stimava affatto re, imperatori e papi.

cesareborgiaL’unico leader carismatico che lo colpì positivamente fu un personaggio abbastanza “equivoco”: Cesare Borgia.

Figlio illegittimo di Papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia), nella sua vita Cesare Borgia non si pose alcuno scrupolo nell’uccidere, ingannare e usare violenza di ogni genere pur di conquistare gran parte del territorio Italiano. Ebbene Machiavelli pensava che la condotta tenuta dal Borgia era quella corretta: l’unica da tenere per perseguire lo scopo prefissato. E che contro di lui solo la sfortuna aveva giocato un ruolo determinante, colpendo il Borgia proprio nel momento in cui veniva attaccato.

fortunaLa sorte è un altro tema predominante nel pensiero di Machiavelli. Un principe deve possedere virtù, asseriva Machiavelli, intesa come coraggio, valore, virilità. E tutto ciò poteva essere, se si era dotati di buona sorte. Secondo il suo pensiero, con le nostre scelte siamo responsabili della metà del nostro successo. L’altra metà dipende dalla buona sorte. Sebbene, con il coraggio e la tempestività possiamo aumentare le nostre probabilità di avere successo.

Ecco il perché della sua ammirazione verso un condottiero come Cesare Borgia. Un leader preparato e capace di cogliere l’attimo giusto per agire, ha maggiori probabilità di successo rispetto ad un altro che così preparato non è.

E’ quindi più importante essere temuti che amati? Secondo il suo pensiero, direi di sì. Per Machiavelli gli essere umani sono inaffidabili, avidi e disonesti e per essere dei governanti vincenti bisogna essere consapevoli di tutto ciò. E’ rischioso fidarsi delle promesse degli altri, a meno che questi non siano terrorizzati dalle conseguenze che comporterebbe il non mantenerle.

Infine, secondo il nostro protagonista, un leader di successo dovrebbe comportarsi da animale. Più precisamente, prendere ad esempio il comportamento della volpe e del leone. La prima con la sua astuzia riesce ad evitare le trappole; il secondo con la sua forza riesce ad incutere terrore.

Ma se è vero che la nostra lingua italiana ha coniato un aggettivo (“machiavellico”) inteso più negativamente che il contrario, è corretto anche ricordare che Niccolò Machiavelli è stato un personaggio di un certo rilievo per la storia, per la letteratura e per la filosofia politica italiana. Per certi versi un realista: o meglio, uno che riconosceva il naturale egoismo del genere umano.

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