In un Paese dove l’allarmismo è prassi, non si può non affrontare il tema del pericolo jihadista. Lo faremo però in maniera critica e soprattutto analizzandolo da una prospettiva diversa dalla consueta.
Partiamo dal delineare i connotati dei jihadisti di Isis in Libia. Secondo uno dei massimi conoscitori del mondo mediorientale, Roger Owen “Quella di al-Sisi non è un’azione militare seria: è uno show. Il paese è pieno di contrabbandieri e criminali. Ma questo attacco serve ad al-Sisi per cementare l’opinione pubblica egiziana in vista delle elezioni. La strategia è quella napoleonica: crei un nemico esterno, lo attacchi e la gente si stringerà intorno a te. Al-Sisi è il poliziotto del Nord-Africa. Ora ogni Stato è libero di farsi giustizia da sé: questa strategia è stata malauguratamente inaugurata con gli attacchi degli Stati uniti in Iraq del 2003″.
Utile ricordare che l’80% della popolazione in Egitto e’ favorevole all’attacco in Libia.
Da qui capiamo il perché dell’attacco egiziano alla Libia, i bombardamenti aerei e l’invio di truppe di terra che hanno raggiunto la città di Derna, controllata da jihadisti yemeniti in accordo con la milizia il 17 febbraio.
Qualche cifra?
Al momento stato uccisi 155 estremisti, mentre 55 sono stati arrestati.
Il presidente egiziano ha incontrato alcuni leader tribali locali per pianificare una possibile alleanza contro il terrorismo e spiegato che il confine sarà presidiato per tenere sotto controllo il contrabbando di armi ai miliziani islamisti libici, Scudo di Misurata, che appoggiano il parlamento di Tripoli.
Intanto, in vista della riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite sulla crisi libica i governi di Stati uniti, Gran Bretagna, Spagna, Francia, Italia e Germania hanno bandito gli atti di terrorismo in Libia e sottolineato la necessità di una soluzione politica alla crisi.
Sulla questione si è anche espresso in Senato Giorgio Napolitano, che dopo l’informativa del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha ricordato l’intervento nel Paese nordafricano di 4 anni fa, dichiarando “Ci fu un ampissimo consenso parlamentare. Ma ci furono errori. Quello più grande il disimpegno della Ue nella fase successiva a Gheddafi.
L’Italia non può tirarsi indietro, deve fare la sua parte come nel 2011″.
Napolitano e’ ferratissimo in materia, come non ricordare infatti che fu proprio grazie all’intervento nostro nel 2011 che si ebbe la caduta di Gheddafi.
Per l’ex capo dello Stato quella “fu un’azione decisa in comune, una comune assunzione di responsabilità” con il governo. “Vorrei però ricordare come ci fu un ampissimo consenso parlamentare con la risoluzione del 18 marzo dalle assemblee di Camera e Senato”.
Piccolo particolare: alla missione “Odissea all’alba” presero parte Italia, Norvegia, Oman, Danimarca e Spagna.
All’epoca, solo pochi coraggiosi si ritrovarono di fronte alla Farnesina per protestare contro la decisione del governo Berlusconi e dell’allora ministro Frattini , di adeguarsi alle volontà di Obama e Sarkozy e di partecipare all’assalto militare dei jihadisti contro Gheddafi e la sua Libia, con la quale l’Italia aveva appena ratificato un “Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione”.
Fu Silvio Berlusconi a siglare l’accordo con Gheddafi nell’agosto 2008. Accordo poi ratificato dal Parlamento italiano il 3 febbraio 2009.
Il 9 marzo dello stesso anno, con il discorso di Berlusconi al Congresso Generale del Popolo (CGP), l’allora parlamento libico, Roma e Tripoli erano entrate in una nuova fase di cooperazione politica, di sicurezza ed economica che metteva anche fine al contenzioso sui danni subìti dalla Libia con la colonizzazione seguita alla guerra italo-turca del 1911-12 e con il secondo conflitto mondiale.
Certo, desta stupore che le tutte le forze politiche italiane fossero favorevoli a quella guerra alla “Jamahiria”, lo Stato libico creato da Muammar Gheddafi.
Il leader libico aveva tentato di avvisare che la Libia era un fronte essenziale per evitare il dilagare del moto terrorista islamico, al qaida e altre forze foraggiato da sauditi, qatarioti e turchi con il benestare degli Stati Uniti.
Gheddafi intervistato da Laurent Valdiguié il 2 marzo 2011, al Corriere della sera affermo’ “Tutti hanno sentito parlare di al Qaida nel Maghreb islamico. In Libia c’erano cellule dormienti. (Dopo i disordini in Tunisia ed Egitto) i membri di queste cellule hanno attaccato caserme e commissariati per prendere le armi. E’ successo a Bengasi e a Al-Baida, dove si è sparato. Vi sono stati morti da una parte e dall’altra. Hanno preso le armi… vengono dall’Iraq, dall’Afghanistan e anche dall’Algeria. E dal carcere di Guantanamo sono stati rilasciati alcuni prigionieri. Purtroppo, gli eventi sono stati presentati all’estero in modo molto diverso. E’ stato detto che si sparava su manifestanti tranquilli… ma lo a gente di Al Qaeda non organizza manifestazioni! Non ci sono state manifestazioni in Libia! E nessuno ha sparato sui manifestanti!… . Qui il potere è in mano al popolo. Io non ho potere, al contrario di Ben Ali o Mubarak. Sono solo un referente per il popolo. Oggi noi fronteggiamo al Qaida, siamo i soli a farlo, e nessuno vuole aiutarci. L’Onu non è competente per gli affari interni di un Paese. Se vuole immischiarsi, che invii una commissione d’inchiesta. Io sono favorevole» con «Paesi come la Francia a capo della commissione d’inchiesta, che blocchino la risoluzione dell’Onu al Consiglio di sicurezza e che facciano interrompere gli interventi esterni nella regione di Bengasi». …«Cerco di farmi capire: se si minaccia, se si cerca di destabilizzare, si arriverà alla confusione, a Bin Laden, a gruppuscoli armati. Migliaia di persone invaderanno l’Europa dalla Libia. Bin Laden verrà ad installarsi nel Nord Africa e lascerà il mullah Omar in Afghanistan e in Pakistan. Avrete Bin Laden alle porte». La minaccia islamica «è la realtà! …Ci sarà una jihad di fronte a voi, nel Mediterraneo. La Sesta Flotta americana sarà attaccata, si compiranno atti di pirateria qui, a 50 chilometri dalle vostre frontiere. Si tornerà ai tempi di Barbarossa, dei pirati, degli Ottomani che imponevano riscatti sulle navi. Sarà una crisi mondiale, una catastrofe che dal Pakistan si estenderà fino al Nord Africa. …Voglio farle capire che la situazione è grave per tutto l’Occidente e tutto il Mediterraneo. Come possono, i dirigenti europei, non capirlo? Il rischio che il terrorismo si estenda su scala planetaria è evidente”.
Ebbene, oggi dopo quattro anni, il nuovo fronte aperto dai fondamentalisti sunniti tra l’Iraq e la Siria (che l’Occidente atlantico ha arruolato come propri agenti) sia contro la maggioranza governativa sciita alla guida dell’Iraq e sia contro la laica, panaraba e socialista Siria di Assad, da una Libia con due governi, uno “islamico moderato” a Tobruk e l’altro “fondamentalista islamico” a Tripoli, la jihad a 350 chilometri dall’Italia è un dato di fatto.
Dopo i proclami di al Baghdadi , il leader dell’Is, il califfato islamico,sulla conquista di Roma e la guerra da portare in Europa e negli Usa, dopo le decapitazioni di civili nella penisola arabica e dei lavoratori egiziani cristiano-copti, sembra il pericolo più grande.
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