Nella danza macabra dell’affaire Cancellieri, nuovi passi e figure, per lo più brutte, si susseguono a ritmo sempre più vorticoso e i personaggi che vi prendono parte assumono fisionomie più grottesche che realmente drammatiche. Una tragica rappresentazione dell’etica politica e della funzione sociale del potere ai giorni nostri.
Sarebbe ingenuo, illogico e perfino sciocco, pensare che un ministro della Repubblica, nella sua posizione e al culmine di un suo proprio percorso professionale e sociale, non abbia un’agenda e delle relazioni, anche personali oltreché professionali ed istituzionali, nelle quali annoverare personaggi, a vario titolo, influenti e collocati nelle posizioni di vertice della piramide sociale. Cosa diversa è la gestione etica e politicamente corretta di tali relazioni.
Il ministro Anna Maria Cancellieri, titolare per di più di un dicastero che per definizione avrebbe potuto e dovuto ispirarne comportamenti sommamente e consapevolmente rispettosi della legalità nel suo senso più alto, è “scivolata” sulla più classica delle italiche bucce di banana.
Riesce davvero incredibile pensare che il “Guardasigilli” nel momento in cui intrattiene relazioni personali, le più lecite, con i componenti di una famiglia per gran parte detenuta nelle patrie galere o agli arresti domiciliari o espatriata per sfuggire alla giustizia, non alla grazia, delle nostre procure, non abbia il più vago sospetto che le sue conversazioni potrebbero essere intercettate e soprattutto giudicate.
Al di là di facili moralismi, è più che comprensibile dolersi per le disavventure, anche giudiziarie, di persone care. Ciò è umano e moralmente condivisibile; condivisibile al punto che non si può che apprezzare la commossa difesa dello stesso Ministro Cancellieri che pubblicamente rivendica il diritto di chiunque, Ministri compresi, ad essere “umano”. Umano, troppo umano, verrebbe da dire.
L’autoreferenzialità e l’ostentato compiacimento del proprio operato, non del tutto disinteressato e libero da condizionamenti materiali, prima ancora che sociali, rendono opachi e quindi sospetti gli interventi del Ministro. Un Ministro della Repubblica semplicemente non deve comportarsi in questo modo, non può permettersi, nella sua personale posizione di dire “Io sono stata esemplare” né può esprimere giudizi di valore, il famoso “non è giusto, non è giusto” sull’operato dei pubblici ministeri che, salva prova contraria, hanno applicato leggi di quello Stato del quale un Ministro deve riconoscersi servitore. Un Ministro, ricordiamo, che terminato il suo mandato, non dovrà neppure risponderne agli elettori, ma potrà sempre tornare ad occupare poltrone pubbliche.
Come avere fiducia in queste donne e in questi uomini che rappresentano lo Stato? Come non pensare alle migliaia di detenuti privi di conoscenze altisonanti e che, anche in questo caso, si è perpetrata la violazione del principio di uguaglianza dinnanzi alla legge?
Che si dimetta “motu proprio” per evitare imbarazzi in chi sino a pochi giorni or sono e ancora oggi ne difendeva l’operato o perché costretta da pressioni esterne, davvero non interessa. Arriviamo a dire che può anche rimanere al suo posto, potrà mai sfigurare a fianco dei protagonisti dell’affare “kazako” ? Verrebbe persino da ripescare la dimissionaria (forzata) Ministro Idem, il suo, a paragone, un errore da due Pater, Ave, Gloria.
Danzino quindi gli scheletri di questa ennesima penosa rappresentazione della politica, si inseguano pure gli innocentisti interessati e i colpevolisti di facciata tutti attenti ai sondaggi d’opinione, né la Giustizia né la grazia hanno i volti affilati e le mani avide dei “nostri”politici.
Domani certamente qualcuno proverà a spiegarci come mai nelle elezioni regionali in Basilicata abbia votato meno della metà degli aventi diritto e circa il 14 % in meno di coloro i quali avevano votato tre anni fa.
di Marco Bartolomei
foto: gentedimontagna.info
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