Il sentiero della mancanza: tra infelicità, idolatria e autenticità

il sentiero

Quando percorriamo il sentiero della vita, spesso ci troviamo di fronte a una sensazione di incompiutezza, un’ombra persistente che accompagna la nostra esistenza nonostante i successi e le conquiste personali. Questo senso di mancanza può manifestarsi anche quando, apparentemente, abbiamo raggiunto tutto ciò che ci eravamo prefissati: una relazione felice, una carriera prospera, una famiglia perfetta o una vocazione appagante. Tuttavia, ci accorgiamo che, nonostante tutto, qualcosa ci sfugge e ci lascia insoddisfatti. Come mai?

Quando smarriamo il sentiero

Immaginiamo un individuo che incontra il partner ideale, si innamora e decide di costruire una famiglia. Si sposa, compra una casa, trova un lavoro e mette al mondo dei figli. Nonostante abbia realizzato tutto ciò che aveva immaginato, la felicità completa sembra ancora fuori portata. Questo fenomeno non è raro; anzi, è una esperienza comune. Anche chi ha raggiunto traguardi significativi può sentirsi incompleto. Questo può accadere anche in ambito professionale: una carriera di successo può non garantire una felicità duratura, e lo stesso vale per la vocazione, come nel caso di un prete che, nonostante dedichi la propria vita al servizio e all’annuncio del Vangelo, avverte una mancanza interiore.

Questa sensazione di insufficienza è spesso accompagnata dalla tendenza a incolpare gli altri per la nostra infelicità. 

Perchè dare la colpa agli altri?

Possiamo attribuire la nostra insoddisfazione ai colleghi, ai familiari, o alle circostanze che riteniamo non ci soddisfino. Ma cosa succede quando ci accorgiamo che manca qualcosa nella nostra vita e ci sembra di dover trovare un colpevole? Ci possiamo ritrovare a dare la colpa a persone o situazioni esterne, senza considerare che, alla base, potrebbe esserci una questione più profonda.

L’errore più comune è quello di proiettare sui nostri successi, relazioni o ruoli una funzione che non possono realmente soddisfare. 

Idolatria: seguire il sentiero sbagliato

Se cerchiamo nella nostra carriera, nei nostri cari o nei nostri talenti una felicità totale, rischiamo di idolatrarli, attribuendo loro un “patentino” di divinità che non possiedono. Non possiamo dare a ciò che è finito e imperfetto, caratteristiche divine, aspettandoci una soddisfazione completa che solo Dio potrebbe offrire. In altre parole, quando attribuiamo a ciò che è umano una perfezione divina, ci illudiamo e ci condanniamo alla delusione.

Il nostro bisogno di attribuire colpe e cercare un responsabile esterno può derivare dal nostro non riconoscere una verità fondamentale: siamo creature finite e mancanti per definizione. Nulla in questo mondo, nessuna esperienza o persona, può appagare completamente la mancanza insita nel nostro cuore. 

L’uomo ha creato Dio a sua immagine e somiglianza

Tiziano Terzani, nel suo riflessione profonda, parlava di come spesso abbiamo modellato Dio secondo la nostra immagine, attribuendogli le caratteristiche umane e dimenticando che Egli trascende ciò che noi possiamo comprendere. Abbiamo dimenticato che lui è perfetto e noi no. Ma questa inquietudine che ci attanaglia è “giusta” o “sbagliata”?

lI sentiero della ricerca 

In realtà, questa sensazione, è non solo una manifestazione di imperfezione, ma anche una bussola che ci guida verso una verità più profonda e autentica.

Quando avvertiamo una mancanza, è segno che siamo in cerca di qualcosa di più grande, qualcosa che non possiamo trovare completamente in questo mondo. È proprio attraverso il riconoscimento di questa mancanza che possiamo avvicinarci alla nostra vera casa, alla nostra autentica realizzazione. L’inquietudine che proviamo è l’unico mezzo che abbiamo per tornare a noi stessi, per riconoscere che la nostra sete di pienezza è in realtà una sete di Dio. I cristiani, in questo senso, sono coloro che non cercano di eludere la loro sete, ma la affrontano.

In definitiva, accogliere la nostra mancanza e avere contezza delle nostre imperfezioni come parte della condizione umana è essenziale per vivere autenticamente. È un invito a guardare oltre l’idolatria delle nostre esperienze e realizzazioni, a scoprire una dimensione spirituale che trascende le limitazioni del mondo materiale e ci guida verso una verità più alta e universale.

Foto di Engin Akyurt da Pixabay

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