Le scelte dei tedeschi condizionate da incertezze e timori legati a scenari globali più che nazionali. Il lascito di Angela Merkel.
Stavolta faranno più in fretta. Nonostante i risultati delle elezioni consegnino una situazione alquanto frammentata e, apparentemente, possano rendere problematica la formazione di un nuovo governo, ieri sera alle nove i capi dei partiti riuniti davanti alle telecamere di ARD e ZDF (le due principali emittenti televisive tedesche, ndr) lo hanno detto chiaramente: il governo si farà entro Natale. Quattro anni fa per formare il quarto governo Merkel ce ne vollero sei di mesi e un intenso lavoro di negoziazione.
Ma veniamo ai risultati, praticamente definitivi, mettendo in fila partiti e percentuali: SPD (socialdemocratici) 25,7 (+5,2); Unione CDU/CSU (cristianodemocratici e cristiano socialdemocratici) 24,1 (-8,9); Verdi 14,8 (+5,8); FDP (liberali) 11,5 (+0,7); AfD (Alternative für Deutschland – partito nazionalista di estrema destra) 10,3 (-2,3); i Linke (la Sinistra) con il 4,9 (-4,3) non superano lo sbarramento del 5% e dunque non entreranno nel Bundestag, il parlamento tedesco; gli altri partiti minori hanno ottenuto complessivamente l’ 8,7% con un aumento di 3,8 punti rispetto a quattro anni fa.
I numeri dicono chiaramente che la SPD ha vinto le elezioni 2021 con una grande rimonta rispetto al 2017. Il risultato si deve certamente ad Olaf Scholz, candidato cancelliere. Con lui i socialdemocratici hanno ritrovato una vitalità che sembrava definitivamente perduta. Scholz ha detto chiaramente di volersi impegnare per una trasformazione del sistema industriale tedesco che non penalizzi i lavoratori e soddisfi i requisiti dello sviluppo sostenibile. Per un Paese che svolge il ruolo di locomotiva economica dell’Europa il compito appare alquanto impegnativo e lungimirante. Durante la campagna elettorale l’attuale ministro delle finanze ha mostrato di possedere una calma e una lucidità che è piaciuta al grande pubblico. Al contrario, Amin Laschet candidato cancelliere dell’Unione CDU/CSU non è piaciuto per niente e le gaffe fatte durante le ultime settimane (in particolare la risata in presenza del Presidente della Repubblica Steinmeier durante una visita in uno dei comuni interessati dagli allagamenti, alcune settimane fa) hanno pesato sul risultato finale. Ieri in trasmissione è apparso molto insicuro e impacciato. Ciò nonostante ha affermato di voler mantenere la sua candidatura a cancelliere. Tra i due litiganti saranno i partiti giunti al terzo e quarto posto a decidere chi sarà cancelliere.
Con ogni probabilità saranno i Verdi e i Liberali a decidere con chi fare la coalizione di governo e formare una maggioranza in grado di durare per l’intera legislatura. Dunque lo scenario delle coalizioni possibili è Unione/Verdi/Liberali (la coalizione è detta “Giamaica” per analogia con i colori della relativa bandiera) e SPD/Verdi/Liberali (coalizione rosso-verde-gialla, detta anche “Semaforo”). Assai meno probabile una riedizione della “Große Koalition” Unione/SPD, nonostante i numeri dei seggi in parlamento basterebbero. La nostra previsione è che sarà la coalizione “Semaforo” a governare con Olaf Scholz cancelliere. Sapremo relativamente presto se questa previsione è azzeccata. Detto ciò rimangono alcune importanti considerazioni da fare.
In questa tornata elettorale l’atteggiamento degli elettori è apparso caratterizzato da una frustrante consapevolezza: il prossimo cancelliere (o cancelliera), indipendentemente dalla persona che assumerà questa carica e, allo stesso modo, la prossima coalizione di governo, indipendentemente dai partiti che ne faranno parte, non potranno fare molto di fronte ai grandi problemi che caratterizzano i tempi attuali. Questa affermazione è tanto più vera, e ancor più amara, se si considera che essa vale per ogni governo, degno di questo nome, non solo in Europa, ma a livello globale. Gli avvenimenti di questi ultimi mesi rappresentano uno spaccato assai poco lusinghiero della situazione con cui i futuri governanti tedeschi dovranno cimentarsi e che, in estrema sintesi, è riconducibile a tre categorie solo apparentemente distanti e distinte: la pandemia, il disastro ambientale, la questione migratoria, le guerre e il terrorismo internazionale.
Le tre categorie suddette hanno una portata che trascende la capacità dei singoli Stati di porvi rimedio. La loro politica potrà essere incisiva soltanto nel quadro di una strategia condivisa a livello globale. Ciò richiederebbe un radicale rafforzamento delle Nazioni Unite e del mandato a loro affidato. Perché questo succeda le grandi potenze dovrebbero rinunciare al loro ruolo dominante.
Torniamo alla Germania. Di fronte alla suddetta situazione, tutte le valutazioni riguardanti i singoli candidati, i relativi partiti, i sondaggi, le analisi politiche e le previsioni di successo o di insuccesso lasciano il tempo che trovano. Una cosa è certa: l’uscita di scena di Angela Merkel dopo sedici anni di governo in cui ha profuso un lavoro intenso e scevro da atteggiamenti autoreferenziali (e già solo per questo meritevole di lode). Quando nel 2011 ci fu la catastrofe di Fukushima fu lei a decidere di smantellare le centrali nucleari tedesche entro il 2022. Con la sua frase “wir schaffen das” la cancelliera nel 2015 prese un’altra decisione difficile e coraggiosa. Aprì le frontiere a oltre un milione di profughi siriani, iracheni e afgani. Quella decisione aprì un dibattito acceso nella società tedesca e non solo. Oggi che la questione dell’accoglienza agli afgani è tornata di attualità comprendiamo quanto la solidarietà debba essere un valore fondante della convivenza sociale in Europa.
Ci vorranno anni per valutare i risultati della politica di Angela Merkel e comprenderne il lascito. A ciò servirà il contributo degli storici più che dei giornalisti. Nell’immediato, in un’Europa caratterizzata dalla scomparsa dei partiti politici tradizionali, la scena politica tedesca ripropone i suoi partiti storicamente più forti, Unione CDU/CSU e SPD, che nonostante le notevoli variazioni rimangono i primi partiti. Sapremo presto chi dei due prevarrà nell’intenso dibattito che avrà luogo nei prossimi giorni. Vedremo, soprattutto, se la prossima coalizione di governo avrà la capacità di trovare un accordo su un programma politico duraturo e se questo sarà in grado di influenzale positivamente la politica europea e, aggiungiamo, mondiale sulle grandi questioni che attanagliano l’umanità.
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