In questi ultimi tempi si parla tanto di ineleggibilità in riferimento al caso Berlusconi, titolare non “in proprio” di concessioni televisive. Eppure in pochi ne conoscono i criteri di legge: utile pertanto svelarne alcuni fondamentali dettagli.
Innanzitutto precisiamo che le cause di ineleggibilità vengono accertate solo dopo l’elezione di un parlamentare , cosa di per se’ contraddittoria, visto che nessun eletto può essere dichiarato ineleggibile. Altra contraddizione è quella di voler applicare una legge di oltre 40 anni, quando all’epoca non esistevano le tv private.
Per legge infatti nessuna pronuncia giurisdizionale esclude la possibilità di rettificare eventuali errori, anzi a tal proposito ricordiamo che nel 2007 la Consulta ha stabilito che un decreto si può annullare anche dopo la sua conversione, se non ricorrono i presupposti di necessità e urgenza previsti dalla Costituzione.
In realtà nel 1990 l’art 17 l della legge Mammi’ 223/90 , aveva stabilito che le predette società possono ottenere la concessione a condizione che ” siano comunque individuabili, le persone fisiche che detengono o controllano le azioni aventi diritto di voto “. Nel 2004 la Consulta, con sentenza n.86 ha poi affermato che le disposizioni della legge Mammì “devono essere interpretate nel senso che non solo le persone fisiche concessionarie, ma anche i soggetti che effettivamente controllino, direttamente o indirettamente, le società concessionarie”.
Fatte queste premesse, sembra assai improbabile che la legge del 1957 abbia voluto escludere dai criteri di ineleggibilità il dominus delle società commerciali, unico soggetto motivato a preservare e a sovrapporre semmai interessi economici e politici. Berlusconi dunque dovrebbe essere palesemente ineleggibile, ma la parola spetta ai componenti della Giunta. Tocca dunque appellarsi al loro buon senso e sperare che esso prevalga su tutto.
di Simona Mazza
foto: Popolo al potere
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