La storia dell’Intelligenza Artificiale (A.I) potremmo dire che ha inizio nel XVII secolo quando Pascal (scienziato e filosofo francese) inventa la “Pascalina“ per aiutare il padre, incaricato dall’amministrazione fiscale della Normandia di eseguire un difficile lavoro di calcolo. La macchina era capace di eseguire automaticamente addizioni e sottrazioni.
In età vittoriana Babbage creò macchine calcolatrici a rotelle: arrivò a progettarne una intelligente che però, per problemi tecnici, non riuscì mai a funzionare, avrebbe dovuto essere programmata con schede perforate, un po’ come accadde in seguito con i primi calcolatori. Ma fu Alan Turing il vero padre dell’Intelligenza Artificiale. Nel 1936 pubblicò un articolo in cui suggeriva un dispositivo ipotetico capace di manipolare numeri e simboli seguendo una tabella di istruzioni logiche. Il dispositivo, noto oggi come Macchina di Turing, era in un certo senso il “nonno” dei moderni computer.
Il modello computazionale della mente (A.I) stabilisce una forte analogia tra il computer e il cervello umano, entrambi hanno infatti un substrato fisico (biologico-neuronale per il cervello, elettronico per il computer). Tale modello è stato elaborato da Margareth Boden (Professore di Scienze Cognitive Dipartimento di Informatica Università del Sussex) nell’opera Artificial Intelligence and Natural Man pubblicata nel 1979, e da Douglas Hofstater (matematico e fisico-Stanford University) nell’opera Godel, Escher, Bach del 1980. Questa analogia rappresenta un superamento del dualismo cartesiano tra res cogitans e res extensa perché collega i fenomeni mentali al sistema computazionale ( ad esempio memoria umana e memoria del Pc).
I ricercatori dell’ I. A. sono comunque consapevoli della complessità del cervello umano e vedono ancora abissali differenze tra questo e il computer ma ritengono possibile imitare il funzionamento del cervello umano con le macchine. Lo scopo non è ricrearlo nella sua totalità bensì individuare “parti di intelligenza”o singole capacità mentali, come per esempio la visione, il linguaggio, il riconoscimento delle forme, la capacità di dimostrare nuovi teoremi e realizzarle per mezzo di calcolatori elettronici.
L’ HBP (Human Brain Project) è un progetto Europeo che si propone la creazione di un “cervello artificiale” grazie all’utilizzo di supercalcolatori. L’Italia si propone di ricoprire un ruolo di primo piano nella predisposizione e, successivamente, nell’esecuzione del progetto. Il LENS e l’Università di Firenze parteciperanno al progetto fornendo le proprie competenze nei settori della biofotonica e della microscopia ottica applicata alle neuroscienze con Francesco Pavone, responsabile del progetto per l’Università di Firenze. L’Università di Pavia parteciperà con il Brain Connectivity Center (BCC), Centro di ricerca diretto dal Prof. Egidio D’Angelo, che unisce i laboratori di Neurofisiologia. L’Istituto di Biofisica (Palermo) del CNR, metterà a disposizione del progetto le proprie competenze riguardanti i modelli di reti neuronali, le simulazioni di sinapsi e dei meccanismi di plasticità sinaptica, e modelli di simulazione di disfunzioni e patologie del sistema nervoso centrale. Infine sarà presente anche l’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR (Roma, Padova, Trento), che è uno dei leader mondiali nel campo della Robotica. Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento: http://www.humanbrainproject.eu
Dr. Gherardo Tosi
Psicologo Psicoterapeuta
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Credo che noi utilizziamo le potenzialità del nostro cervello così come utilizziamo il computer: chi più, chi meno, ma mai al 100%. Sicuramente questi studi ci consentiranno non solo di sviluppare computer sempre più simili al cervello umano, ma anche di capire meglio quel “computer naturale” che è il nostro cervello così da poterlo utilizzare anche noi al meglio e da poterlo “riparare” quando qualcosa non funziona…
Sbabudoioo
[…] al 100%. Siamo ancora a livello di software con enormi capacità di navigare il web o di robot che agiscono in base alle istruzioni […]