Intervista a Bruno Torrisi, attore e interprete di ruoli che hanno conquistato il cuore del pubblico

Bruno Torrisi è un attore italiano, conosciuto soprattutto per i ruoli che ha interpreto nei film di mafia e in quelli ambientati in Sicilia come ne Il commissario Montalbano, Paolo Borsellino, L’ultimo dei Corleonesi, Il capo dei capi, Squadra antimafia – Palermo oggi e L’isola dei segreti – Korè.

In teatro ha recitato il più delle volte con la regia di Armando Pugliese. Al cinema ha lavorato in L’uomo delle stelle di Giuseppe Tornatore nel 1995, Perduto amor di Franco Battiato nel 2003 e La passione di Giosuè l’ebreo di Pasquale Scimeca nel 2004.

In televisione, oltre alle già citate fiction,  ha recitato in Carabinieri 6, R.I.S. 4, Un caso di coscienza 4, La terza verità, Il bambino della domenica e Pane e libertà.

Tanti film, tanti ruoli diversi. Ma chi è realmente Bruno Torrisi?

Classe 1961, vengo alla luce in una casetta di un paesino vicinoal  mare e a 30 km da Catania. Ultimo di tre fratelli, mio padre commerciante agricolo, mia madre casalinga. Erano gli anni della conquista dello spazio, di Pelè, Nino Benvenuti, Gimondi, la rivoluzione giovanile del ‘68. Vennero gli anni del terrorismo, anche se in Sicilia non ce ne accorgevamo tanto, da noi si parlava più che altro di delitti di mafia. Quella sì che faceva paura. Mio padre mi ripeteva sempre: “sii onesto e non avrai mai da pentirtene”.

Gli anni 70 furono gli anni della mia grande passione: la pallavolo. Cominciai presto una carriera sportiva che mi portò a giocare in serie B prima di attaccare le scarpe al chiodo per seri traumi a due vertebre. De Andrè cantava “Il bombarolo” e  viaggiare cominciò a far paura. Catania-Roma con il treno 12 ore se non c’erano ritardi. Si viaggiava di notte e uno zaino per cuscino. Si viaggiava col terrore delle bombe sui vagoni o sui binari ma ci si dava forza sperando che a noi non succedesse. Una sera mio fratello, che faceva il servizio di leva a Bologna, finita la licenza prese il treno nel pomeriggio per tornare in caserma. Arrivò mezz’ora prima di quella grande esplosione che costò la vita ad 85 persone, essendo di leva lo mandarono a scavare tra le macerie.

Gli anni 80, diploma, lavoro, delusioni amorose, come cantavano i New Trolls “vent’anni sembravan tanti…” ed arrivò il teatro e la prematura morte di mio padre. Furono momenti bui, parenti, amici, con aria di rimprovero cercavano di dissuadermi dal continuare col teatro: “cercati un lavoro serio”.

Cercai allora di allontanarmi, provai a fare altro per tornare a capire che il teatro è un lavoro serio. E dopo quasi un ventennio di teatro e relative tournée arrivò la televisione con una delle prime serie di Montalbano “La forma dell’acqua” e poi tutto il resto.

Attori si nasce? 

Io non lo “nacqui” e forse non lo sono mai stato e mai lo sarò. Non mi è mai interessato saperlo, non mi è mai interessato esserlo. Mi piace farlo, lo faccio per vivere, per passione, perché ormai non ho alternative, ma io non sono attore, io faccio l’attore e quindi forse no, non si nasce attori. Tutti, però, lo diventiamo col tempo.

Hai interpretato molti ruoli in film di mafia, tra tutti il più amato dal pubblico è il Questore di Licata in Squadra Antimafia. Quanto “costano” (in termini emotivi) ad un attore ruoli simili?

Il questore Licata ha acquisito notorietà a poco a poco, il pubblico s’è accorto di questo personaggio lentamente, più o meno dalla terza serie, dandomi il tempo di metabolizzare quello che successivamente sarebbe successo. Adesso mi sono abituato, ho avuto il tempo di prepararmi a questo lento tsunami fatto di foto, strette di mano, saluti, abbracci al bar, al supermarket, in farmacia, al cinema, continuamente. Ancora oggi è così e se da una parte mi gratifica tutto l’affetto e la stima che mi rivolge il pubblico, dall’altra mi stanca un po’ e francamente mi preoccupa un tantino questa notorietà che inevitabilmente si riversa su mia figlia che non riesce a spiegarsi come mai tante persone vogliono fare la foto con me. Capisco come il successo, specialmente se raggiunto in breve tempo ed in giovane età, può fare sbarellare chi non è ben radicato. Credo che il successo sia un grosso ostacolo nella vita di un artista, perché fa perdere purezza d’animo, ci contamina, ci toglie concentrazione, mina i rapporti affettivi, provoca dipendenza che è la cosa più rischiosa. Bisogna rimanere distaccati per quanto ci è possibile non cedere mai nemmeno per un giorno alle sue lusinghe.

Quanto incide in te, nel tuo essere, la sicilianità?

Tantissimo, sono siciliano fino al midollo. Abito ancora nel paese dove sono nato, anche se dico sempre che vorrei andare via per non tornare più, non riesco a vincere la forza di gravità che ha influenzato e che continua ad influenzare ancora il mio destino. Ma in fondo essere siciliano non è così male. Vivo ai piedi dell’Etna che stanno a mollo in uno dei mari più belli del mondo, lo Jonio, dal mio terrazzo vedo una vicinissima Calabria che fa da sfondo a Taormina. Il mare e la lava mi hanno nutrito da sempre, siamo cresciuti nella difficoltà, nella mancanza, nell’abbandono, isolati, abituati ad avere pazienza e a resistere, siamo stati abituati alla mancanza di futuro. Sappiamo essere ospitali, riconoscenti, fedeli, galanti, testardi, poco inclini alla ribellione. Qualcuno ci ha innestati con delle male piante che non riusciamo ad estirpare.  Nel nostro dialetto, non a caso, non esiste la coniugazione dei verbi al futuro.

Cinema, teatro o tv?

Mi provocano emozione tutti e tre, ma l’adrenalina che provoca il pubblico dal vivo non è paragonabile.

Che uomo sei nella vita privata?

Bisognerebbe chiederlo a chi mi conosce bene. Cerco  di essere un buon padre e spero di riuscirci. Da quando ho Michela tutto quello che faccio è per lei. Mi piace la puntualità, parlare a bassa voce, non amo la confusione, la folla. Mare d’inverno montagna d’estate, sì, potrei sembrare noioso e forse lo sono ma in presenza delle persone che amo mi piace chiacchierare, raccontare e ridere ma non degli altri. Con l’età ho scoperto “che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare” [cit].

Quali sono i tuoi attori prediletti contemporanei?

Dovrei fare una lista lunghissima. Comunque sono tanti e molti non sono noti al grande pubblico.

Che rapporto hai con i social network? 

Uso facebook  ed instagram per scambiare foto e notizie, ma se domani li chiudessero non ne sentirei la mancanza. Non mi è mai piaciuto il bar.

In questa nostra liquida società quali sono i tuoi punti fermi?

La mia famiglia, l’idea che ho della dignità, il rispetto per gli altri e per le cose, la pace.

Che cosa vuoi fare da grande?

Godere del mondo, il perditempo, il fannullone, insegnare a mia figlia ad andare in bici, a nuotare, con mia moglie andare al cinema , al teatro, ai concerti, viaggiare, curare i fiori, poltrire. Lavoro da quando avevo vent’anni non ne posso più, non avere più il pensiero del sostentamento, dei soldi, delle scadenze, delle tasse… vivere insomma!

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