Intervista a Carlo Orlandi sul suo “Cammino”: un saggio sull’uomo e il mondo

Sensibili – come sempre –  ai nuovi talenti nella cultura, nelle arti e nello spettacolo, abbiamo voluto intervistare, per Inlibertà, un nuovo scrittore: Carlo Orlandi, ingegnere, per oltre trent’anni collaboratore di un’importante multinazionale del settore automobilistico che, però, un po’ come Luciano De Crescenzo, si è dedicato sempre anche allo studio dei misteri del cosmo e degli interrogativi essenziali dell’uomo: spaziando dalla fisica alla filosofia, dalla religione alla psicologia.

L’autore ha molte passioni, tra loro anche assai diverse: lo sport (praticato soprattutto in gioventù), la musica, l’interesse per la fisica, la psicologia, la religione.

Cammino” (Albatros Edizioni, 2019) è stato il suo primo libro, che apre questa “duplice porta” sull’infinito e sull’ infinitesimale.  

Ingegner Orlandi, cosa la spinge ad occuparsi dei “quesiti di base” dell’uomo su questa Terra?

Prima di tutto mi definisco un ingegnere “atipico”, nel senso che, fin da giovane, mi ponevo domande più attinenti alla filosofia ed alla psicologia che non alla matematica. Dopo il 1° anno di Ingegneria, infatti, pensai di iscrivermi, invece, a Psicologia: ma il dittatoriale pensiero di mio padre, che mi voleva ingegnere, e la mia passione per le auto, han fatto si che abbia proseguito gli studi da ingegnere. Comunque, come spesso avviene fin da tempi remoti, il “Pensiero e la Scienza” vanno a braccetto: dentro di me pulsano entrambe le discipline. La religione è anch’essa parte integrante di tutto questo, nel senso che tutto il Creato, ha origini e sviluppi tutt’ora sconosciuti, ed il messaggio di Pace e Amore di Gesù è la base della coscienza del genere umano, anche se quasi sempre disatteso perché sepolto dal materialismo.

E la musica?

Da sempre il Blues ed il Rock li ho “sentiti dentro”. Non saprei spiegare a parole, sono solo sensazioni che il Blues crea in me. Ho seguito, per qualche anno, un corso di batteria presso una scuola di musica ed ho creato non uno ma due gruppi, con cui condivido la passione e le serate nei locali.

Nella presentazione del suo primo libro, “Cammino”, sottolinea che uno dei “leit-motiv” della sua vita è la lotta con sé stesso, il continuo sforzo di elevarsi spiritualmente e intellettualmente vincendo anche le sue resistenze interne. Può parlarci meglio di quest’aspetto così importante che si riflette anche nei suoi scritti?

Proprio il mio conflitto interiore è il motore che mi spinge a pensare, a riflettere, ad analizzare: e questo porta, come effetto collaterale, a meditare sui concetti basilari della nostra esistenza. Queste difficoltà interne nascono dall’educazione troppo rigida ricevuta da piccolo: sono, in definitiva, il frutto di un padre violento e di una madre anaffettiva. Il problema con la mia famiglia è all’origine del mio malessere ed è la mia ombra. Si chiama: Depressione. La lotta quotidiana dentro di me, poi, viene alimentata continuamente dalla difficoltà di vivere questa nostra realtà.

Lo stesso titolo di questo suo primo saggio, “Cammino”, indica, diremmo, la sua concezione della vita come continuo sforzo di miglioramento, come viaggio che l’uomo deve compiere, lungo tutto l’arco della vita, appunto, per migliorare sé stesso. E’ esatto?

Come spiego in questo primo libro, l’analisi e la meditazione su me stesso e sulla nostra società è ciò che faccio da decenni. Non credo che la ricerca, in qualunque campo, religioso, psicoanalitico, scientifico ed altro, sia possibile senza sforzo. Procedere richiede energia, tanta energia. Lo stesso vale anche per la ricerca in noi stessi, immersi in questo mondo: sarebbe auspicabile, certo, che le persone si soffermassero maggiormente sul concetto di introspezione, ma sappiamo che questo nostro mondo offre talmente tante distrazioni che le questioni esistenziali sono finite dentro un Buco Nero, da cui neanche la luce, una volta inghiottita, riesce più ad uscire.

Passando ai contenuti, poi, “Cammino” è, in sintesi, soprattutto un’ indagine – a carattere sia filosofico che sociologico – su questa società attuale, sempre più nevrotica, disorientata, autolesionista; da un lato pervasa da timori apocalittici, dall’altro quasi felice di suonare sull’orlo dell’abisso, un po’ come la celebre orchestrina del “Titanic”. Premesso che l’ Autore non è mai il piu’ obbiettivo giudice delle sue creazioni, cosa rappresenta, per Lei, questo libro?

Ho scritto della realtà in modo piuttosto critico e pittoresco, l’ammetto: e dico che se ognuno si mettesse gli “occhiali da vista”, vedrebbe quello che non vuole vedere. Contraddizioni, egoismo, potere, denaro: in sintesi, la maggior parte di noi ha il bisogno della “platea” che applaude, per sentirsi grande. Ora, è sicuro che stiamo rovinando la Terra, con la nostra scelleratezza e l’egoismo del pensare solo a noi stessi, fregandocene delle conseguenze, o meglio ostinandoci a non volerle vedere. Purtroppo nella società umana, da sempre, conta il potere, a scapito di qualsiasi altra cosa. Tutto diventa lecito per raggiungere il potere, anche a costo della morte dei nostri simili.

A parte noi umani, anche nella natura, però, da sempre, purtroppo, esiste un fenomeno in parte simile: la lotta per la sopravvivenza, con l’evoluzione delle specie per selezione naturale, non l’ha certo inventata Charles Darwin…

Sì, potremmo dire che anche in natura, più o meno funziona così: con la grossa, fondamentale differenza, però, che, la “legge del più forte” in natura non è un fatto di libero arbitrio, come per l’essere umano, ma è la necessità stessa insita nella lotta per la sopravvivenza, e per la continuazione delle varie specie, animali e vegetali. Ogni cosa è funzionale per un’altra. Per l’essere umano, invece,“la legge del più forte” è una scelta deliberata. Meno tornaconto e più umanità, ci vorrebbero! Questo è un monito fondamentale per tutti noi.

Questo suo libro inizialmente – come rivela nella prima pagina – era stato da Lei pensato per lasciare in eredità a sua figlia qualcosa di più personale ed intimo. Come ha deciso, poi, di scriverlo sostanzialmente per tutti, allargando il più possibile la platea dei destinatari?

Effettivamente il mio desiderio era di lasciare a mia figlia, che vedo poco poiché vive all’estero, qualche concetto sul quale riflettere nella sua vita. Tuttavia, mi sono reso conto che quanto scritto avrebbe potuto smuovere almeno qualche coscienza, e allora mi è sembrata una cosa giusta condividerlo con quanti avranno la voglia e la pazienza di leggerlo.

Consumismo, pseudocultura di massa, mirabolanti prospettive di sviluppo basate, in realtà, su indicazione di falsi traguardi e,al contrario, sottovalutazione dei problemi reali: questi, alcuni dei tratti più negativi della società contemporanea evidenziati nel saggio. Non possiamo fare a meno di pensare a quel che il mondo ora sta vivendo con la pandemia da coronavirus. Quando,un anno fa, iniziò a scrivere il libro, per caso presentiva l’arrivo di qualche improvvisa emergenza che avrebbe potuto porre in primo piano tutto questo?

A questa domanda potrebbe rispondere il discepolo di Gesù, Matteo, nel passo del suo Vangelo 24,4 e seguenti. Quando Cristo, a precisa domanda dei discepoli su quale sarà il segno del Suo ritorno e della fine del mondo, risponde con “L’inizio delle sofferenze”: mettendoli in guardia contro i “falsi profeti” che verranno in futuro (in Italia abbiamo avuto, a lungo, i “cattivi maestri” del terrorismo, N.d.R.), e contro “carestie, pestilenze e terremoti” che avverranno “in vari luoghi”, e che tuttavia “non saranno che il principio dei dolori”. E’ un passo apocalittico che, direi, in sostanza descrive bene ciò che accade da secoli all’Umanità, e di cui, quindi il Covid-19 fa parte. Certo, la durata dei tempi di cui parla Gesù, non possiamo stabilirla in nessun modo (di questo passo, infatti, son state date varie interpretazioni, per capire a quali precisi momenti della storia Cristo si riferisse, N.d.R.): già lo stesso tempo che noi viviamo, del resto, è solo una costruzione umana e non è assoluto (come già ci hanno insegnato S.Agostino, Einstein, Bergson). Quando ho scritto il libro, ho sempre tenuto a mente questo passo del Vangelo di Matteo.

Infine, quale sarà l’oggetto del suo prossimo saggio?

Sinceramente non lo so. Forse passerà del tempo, o forse non scriverò più. Ora mi aspetta la prova finale, lo scontro con la mia ancestrale e distruttiva paura della solitudine. E’ una prova, per me, titanica, la prova delle prove. Non so se ce la farò; mi fa molta paura: vedremo. Chissà, forse potrei scrivere un libro biografico, o approfondire i temi iniziati a trattare in “Cammino”. In questo momento, troppo incerto è il mio futuro.

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