Francesca Melandri ha iniziato giovanissima una lunga carriera di sceneggiatrice, firmando le sceneggiature, tra l’altro, di Zoo di Cristina Comencini, Chiara e gli altri 1 e 2, Fantaghirò di Lamberto Bava e molti episodi della serie Don Matteo.
Ha esordito nella narrativa nel 2010 con Eva dorme, un romanzo che ripercorre gli anni del terrorismo sudtirolese e che ha vinto diversi premi. Tra gli altri citiamo il Premio F. Seminara/Rhegium Julii opera prima 2010, Premio Internazionale Cesare de Lollis 2010. Romanzo dell’anno per il Gran Premio delle Lettrici di ELLE 2011.
Nel 2012 ha pubblicato il suo secondo romanzo, Più alto del mare (Rizzoli) (Premio letterario nazionale «Rapallo Carige» 2012, Premio letterario Isola d’Elba-Raffaello Brignetti, Premio Stresa di Narrativa 2012, Premio Campiello – Selezione Giuria dei Letterati 2012). 2013, Premio Letterario «Città di Rieti – Centro d’Italia».
Nel 2017 ha pubblicato il suo terzo romanzo “Sangue Giusto” (Rizzoli) con cui partecipa alle selezioni del Premio Strega 2018.
Ha diretto i documentari Nel paese delle case di Lana (1993) e Vera (2010). Vera è stata inserita nella selezione ufficiale IDFA (International Documentary Film Festival Amsterdam) 2010, FULL FRAME (Full Frame International Documentary Film festival) 2011, PKF (Pitigliani Kolnoa Festival, Roma) 2011. Vincitore sezione documentari Umbria Film Festival Popoli e Religioni 2012.
Chi è Francesca Melandri?
Un essere umano . Per tutto il resto, penso che sarò in grado di dare una risposta definitiva solo un istante prima di morire.
Hai firmato importanti sceneggiature, poi sei approdata alla scrittura. È questa la tua vocazione?
Ho il sospetto di sì: mi mantengo con la mia scrittura da quando ho 20 anni.
Sei tra i dodici finalisti del Premio Strega 2018 con il libro Sangue Giusto. Me ne parli?
Igiaba Scego, che insieme a Giampiero Gamaleri ha segnalato “Sangue giusto” al Premio, l’ha definito un romanzo-romanzo: una grande storia familiare che attraberso un secolo di storia italiana. Una donna di oggi che cerca di ricostruire la vera vita di un padre ormai molto anziano di cui capisce di sapere molto meno di quello che credeva. Attraverso le vicende di Attilio Profeti e della sua famiglia, raccontate a ritroso nel tempo come in uno scavo archeologico, ho legato e intrecciato da un lato il passato coloniale e fascista dell’Italia, e dall’altro questo nostro presente segnato delle grandi migrazioni verso i paesi più ricchi. Attraverso la pelle viva dei miei protagonisti e le loro relazioni affettive, si narra come queste due epoche siano in realtà solo due momenti della stessa, unica, lunga Storia.
Ti aspettavi la nomination?
Ci ho messo più di cinque anni a scrivere “Sangue giusto”; quindi essere tra i finalisti dello Strega mi ha dato la felicità di quando si ottiene un riconoscimento per qualcosa su cui si è investito molto tempo, impegno, e passione.
Come nascono le storie che racconti?
Dal fatto che passo la vita, da sempre, ad ascoltare e osservare. Dalla constatazione che ciò che davvero rivela le persone non è solo ciò che dicono, ma quasi di più cosa non dicono. E’ osservando i silenzi delle e tra le persone che spesso comincio a immaginare le loro storie.
Quali sono stati e sono i tuoi fari letterari?
Ce ne sono talmente tanti… Alcuni fari poi cambiano man mano che cambio io e quindi anche la mia rotta. Tra gli inamovibili , i primi che mi vengono in mente sono Alice Munro, Josef Conrad, Emily Dickinson e Albert Camus.
Tra gli scrittori contemporanei chi apprezzi?
Amos Oz, Philp Roth, Toni Morrison. Il libro italiano più bello che ho letto negli ultimi dieci anni è “Limbo”, di Melania Mazzucco – l’ho letto parecchio tempo fa, quando è uscito, ma ancora ogni tanto ci penso.
In questa nostra liquida società quali sono i tuoi punti fermi?
I figli; gli affetti di una vita; il gioire ogni volta che si può dei fenomeni della natura, non importa se enormi come l’oceano o piccolissimi come una formica alle prese con una briciola dieci volte più grande di lei.
Mi racconti qualcosa della tua vita privata?
Ho quasi 54 anni, due figli – un maschio e una femmina – ormai adulti, vivo di nuovo a Roma dove sono nata dopo aver vissuto più di venti anni altrove, mi piace camminare ovunque tranne che lungo le superstrade.
Che cosa porteresti con te su un eremo?
Un cellulare, per essere contattata se i figli hanno bisogno di me, ma di un modello vecchio di almeno 15 anni così non posso andare online.
Che cosa vuoi fare da grande?
Ridere, ridere moltissimo.
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