Sabato 12 aprile si è svolta a Roma una manifestazione davanti al Viminale, in rappresentanza delle “Scorte Civiche” nate in tutta Italia per volere delle “Agende Rosse” di Salvatore Borsellino.
Per chi non lo sapesse, dal 20 gennaio i rappresentanti delle Scorte civiche presidiano ogni giorno il palazzo di Giustizia di Palermo, per manifestare solidarietà a Nino Di Matteo ed al pool di magistrati impegnati nel processo sulla trattativa Stato-Mafia.
Ebbene, l’obiettivo dell’iniziativa romana era quello di sollecitare il ministro Alfano, a fornire alla scorta del Pm Nino Di Matteo, il “bomb jammer”, il dispositivo che inibisce il funzionamento di comandi a distanza su frequenza, utile dunque per prevenire attentati. Del resto il 3 dicembre scorso, Alfano aveva assicurato al leader delle Agende Rosse, in un incontro privato da lui stesso richiesto alla presenza del Prefetto di Palermo, che il dispositivo sarebbe arrivato, anche perché Di Matteo è vittima di ripetute minacce di morte da parte di Riina e della cosiddetta “Falange armata”.
La giornata davanti al Viminale tuttavia non ha prodotto i risultati sperati. Ecco cosa ci riferisce Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo.
Ingegner Borsellino, com’è andato l’incontro tanto atteso con Angelino Alfano. Il ministro a dicembre, aveva detto “Sì” al bomb jammer per Nino Di Matteo o sbaglio?
L’incontro non c’è stato. Il ministro Alfano ha preferito sottrarsi al confronto e venire meno ai suoi doveri istituzionali per partecipare ad una riunione elettorale del suo partito.
A cosa è imputabile, secondo lei, l’assenza di Alfano all’incontro, (impegnato al Congresso di Ncd) nonostante le promesse? Ha forse a che fare con le imminenti elezioni europee, è una questione politica, magari di sudditanza verso diktat superiori, collusione con i sistemi deviati o cos’altro?
Ritengo che l’assenza sia dovuta al fatto che non avrebbe potuto in alcuna maniera giustificare il mancato mantenimento, dopo quattro mesi, dell’impegno preso a Palermo riguardante la dotazione del bomb-jammer alla scorta del giudice Di Matteo.
Alfano si è defilato pilatescamente, ma non è stato l’unico. Come spiega l’assenza e il silenzio assoluto di tutte le istituzioni verso gli uomini che lottano per il Paese? C’è dietro forse qualche macabro disegno, o qualche ragione di Stato che i cittadini non possono conoscere?
L’assenza e il silenzio sono dovuti ad un contrasto d’interessi. Da un lato ci sono dei magistrati, che a rischio della propria vita, percorrono la difficile strada della Verità e della Giustizia, dall’altro ci sono i responsabili di una congiura del silenzio, su una scellerata trattativa tra Mafia e Stato che cercano in tutti i modi di continuare ad occultare la verità.
“La storia si ripete”. Pensa che Di Matteo corra gli stessi rischi di suo fratello Paolo? Abbandonato, delegittimato, isolato, screditato e alla fine ucciso perché mai avrebbe disonorato se stesso e il suo impegno professionale?
Purtroppo il nostro è un paese dalla memoria corta, che tende a dimenticare, cui la storia non insegna niente. Forse aspettano che anche questo magistrato venga eliminato per poi fingere di spargere ipocrite lacrime com’è successo per Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Per qualcuno gli unici magistrati buoni sono quelli morti.
Paolo evidentemente è stato tradito da “qualche Giuda”, come disse lui alla Biblioteca di Palermo nella sua ultima intervista riferendosi a Giovanni Falcone vittima dello stesso trattamento.
Sabato in piazza Gigli a Roma, abbiamo assistito al tradimento e al “sospetto” delle Istituzioni, che hanno dispiegato le forze dell’ordine per mantenere il controllo, non su una banda di manifestanti eversivi e anticostituzionali, ma sulle Agende Rosse, il movimento di cui lei è il leader, che si batte per la legalità e la giustizia. Non le sembra un controsenso o magari un’ammissione d’intenti poco coerenti?
Più che lo spiegamento di forze dell’ordine, peraltro non eccessivo, mi ha colpito il fatto che ci sia stato detto che nessuno poteva accoglierci al Viminale perché le sua stanze risultavano deserte, nessun funzionario di rango adeguato era presente per potere riceverci e prendere in consegna le firme di tanti cittadini che ci avevano delegato a rappresentarli. Se questo corrispondesse alla realtà, sarebbe gravissimo che il Ministero dell’Interno fosse stato lasciato sguarnito nel giorno in cui, come poi e successo, ad opera di altri manifestanti, sarebbero scoppiati gravi disordini che hanno paralizzato e devastato il centro della capitale.
Che cosa ha ottenuto in oltre venti anni di battaglie? Ha mai ravvisato uno spiraglio di cambiamento? Ma soprattutto, come condurrà le sue prossime lotte “resistenti”?
Fino a qualche anno fa, chi si ostinava a parlare di una trattativa Stato-mafia veniva tacciato di essere un visionario, un pazzo. Oggi a Palermo si sta svolgendo un processo su questa trattativa, lo Stato processa se stesso ed a Caltanissetta si sta processando il depistaggio messo in atto nei primi tre processi sulla strage di via D’Amelio. Nell’opinione pubblica e soprattutto nei giovani c’è un maggiore desiderio di Verità e di Giustizia su questa strage che rappresenta il peccato originale di questa seconda Repubblica. Le mie battaglie tenderanno ad ottenere che questa colpevolezza continui a crescere e la difficile stratta della Verità sia percorsa sino alla fine.
Chi ascolta e condivide oggi le sue lotte, oltre alle Agende rosse? Chi l’ha aiutata moralmente e concretamente finora?
Soprattutto i giovani, giovani che rappresentavano la speranza di Paolo e che anche a me oggi hanno ridato la speranza.
Due parole infine su Dell’Utri. Alfano è stato il primo a dare notizia dell’arresto del fondatore di Forza Italia. Secondo l’accordo bilaterale firmato a Beirut nel 1975, Italia e Libano si sono impegnate a “consegnarsi reciprocamente gli individui che, trovandosi nel territorio di uno dei due stati, sono perseguiti e condannati dall’autorità giudiziaria dell’altro stato”. Per lui forse l’annuncio della notizia è stato amaro? Sua nipote Fiammetta, figlia di Paolo, ha dichiarato “Oggi è una giornata che mostra la parte migliore delle Istituzioni. Non come ieri, quando sono stata presa dallo sconforto nel vedere latitante Marcello Dell’Utri, referente politico degli assassini di mio padre”. Salvatore Borsellino cosa pensa di questa cattura? E’ sintomatica di una reale voglia di cambiamento o è solo una tattica perché Dell’Utri forse non serve più e può essere sacrificato?
Ritengo che la cattura di Dell’Utri sia soltanto una squallida sceneggiata: prima ne è stata favorita la fuga, poi ne viene data dal ministro Alfano la notizia della cattura proprio durante il congresso elettorale dell’NCD, ma, poiché in Libano non esiste il reato di concorso esterno in associazione criminale e probabile che Dell’Utri non verrà mai estradato in Italia e possa godere di una latitanza dorata come Craxi ad Hammamet.
di Simona Mazza
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