Franco Menichelli, classe 1941, è stato un grande ginnasta italiano, vincitore di cinque medaglie olimpiche – un oro al corpo libero, un argento agli anelli e un bronzo alle parallele a Tokyo nel 1964, un bronzo al quadrato e un altro bronzo al concorso a squadre a Roma nel 1960 – tre titoli mondiali e quattordici europei; è stato, inoltre, sei volte campione italiano assoluto.
Anche Gabriella Pozzuolo, moglie di Franco, classe 1946, ha un glorioso passato di ginnasta italiana: campionessa italiana nel 1964,ha fatto parte della squadra nazionale femminile che ha partecipato alle Olimpiadi di Città del Messico nel 1968.
Oggi ho il privilegio di incontrarli e rievocare con loro un passato sportivo di grande rilievo.
Franco, come ti sei avvicinato alla Ginnastica, quanti anni avevi?
Era il 1952, avevo 11 anni e non avevo la più pallida idea, fino ad allora, di cosa fosse la Ginnastica, all’epoca non c’erano molte palestre a disposizione. Per caso, un giorno, a Roma, ho incontrato due ragazzi che facevano Ginnastica e stavano cercando altri ragazzi più piccoli da poter inserire nella formazione di una squadra in una nuova Società l’Associazione Ginnastica Romana, il cui allenatore e fondatore era Gian Luigi Ulisse, che poi diventò a tutti gli effetti il mio allenatore. Questi due ragazzi mi dissero: “Perché non vieni in palestra da noi? Hai il fisico adatto per la Ginnastica”. E così, una domenica mattina sono andato a conoscere la palestra del Centro Sportivo Italiano CSI, presso Lungotevere Flaminio. La Società non era ancora una Società, avevano avuto le concessioni, ma tutto era ancora in una fase iniziale.
Dopo questo avvicinamento, come hai capito che la Ginnastica era il tuo sport, sono bastate le parole di quei ragazzi e dell’allenatore Ulisse?
Diciamo che di base mi piaceva muovermi, mi piaceva lo sport in generale. Una volta, però, feci un’esperienza particolare che mi rimase impressa e che forse contribuì alla decisione di buttarmi sulla Ginnastica. Mio papà è originario di Bolsena quindi d’estate andavamo sempre lì a passare le vacanze. Tutti gli anni in quel periodo c’era il Circo e, tra i vari spettacoli, ce n’era uno di Ginnasticaacrobatica. Io ero affascinato da quei ragazzi che eseguivano quegli esercizi pazzeschi, così prima degli spettacoli andavo a vedere gli allenamenti che facevano, imparando presto da solo a fare il “Flic Flac”. Un giorno i responsabili del Circo andarono da mio padre e gli chiesero se potevano arruolarmi. Chissà, se avessi accettato…
Da piccolo giocavi a calcio insieme a tuo fratello Gianpaolo, futuro attaccante della Roma e della Juventus; c’è stato mai un momento in cui hai pensato anche tu di fare il calciatore?
Sì è vero, facevo calcio, ma non avevo i numeri per poter fare chissà che cosa. Mi è sempre piaciuto come sport e come gioco, ma sempre come passatempo; ancora oggi vado a giocare. Non ho mai pensato però a intraprendere quel tipo di carriera.
Quando hai capito di essere un talento della Ginnastica?
Forse a 16 anni, quando arrivò il primo Titolo italiano Esordienti a Stresa. Lì tutti iniziarono a puntare gli occhi su di me in particolare Romeo Neri che era il Direttore Tecnico della Nazionale Italiana di Ginnastica Artistica nel 1957. In quell’occasione avevo avuto il mio primo contatto con la squadra nazionale. Ero giovanissimo ed emozionatissimo quando, subito dopo, il 13 giugno 1958, a Bologna,esordivo in nazionale; me lo ricordo bene perché era l’onomastico di mio papà (Sant’Antonio).
Da lì a poco è stato un crescendo di successi fino al 1960: la tua prima Olimpiade a Roma.
Sì, a Roma partecipai alla mia prima Olimpiade, dove vinsi due medaglie di bronzo. La prima nel concorso generale a squadre assieme a Giovanni e Pasquale Carminucci, Gianfranco Marzolla, Orlando Polmonari ed Angelo Vicardi; la seconda nel corpo libero.
In quel periodo gli italiani erano perfetti sconosciuti ai gradini più alti del podio; la squadra italiana era in crisi, seppur la Ginnastica aveva avuto una storia prestigiosa nei primi decenni del 1900 con Braia, Neri, Zampori, Guglielmetti. L’ultima medaglia olimpica dell’Italia risultava essere quella conquistata a Los Angeles 1932. Nel ’60avevamo una bella squadra tant’è vero che arrivammo terzi assoluti dietro a mostri sacri come Giappone ed Unione Sovietica.
Molti atleti dopo la medaglia olimpica si adagiano o non riescono a mantenere la forma a lungo, tu invece hai continuato a crescere all’inverosimile.
È vero. Ho continuato ad allenarmi seriamente e duramente in maniera costante. Sono riuscito ad evolvere nella tecnica e ho fatto tantissimi progressi in tutte le fasi dei miei allenamenti. Devo dire che tutta la squadra nazionale di allora faceva grandi progressi insieme a me. Questo non poteva che essere positivo in vista del quadriennio che avrebbe portato a Tokyo nel 1964.
Ricordiamo infatti che nel 1961, Franco conquistò a Lussemburgo il Titolo Europeo a corpo libero. Ai Mondiali di Praga del 1962, si confermò al terzo posto (come alle Olimpiadi) sempre nel corpo libero. In quello stesso anno portò a casa il secondo Titolo italiano assoluto. Agli Europei del ’63 si aggiudicò ancora la medaglia d’oro al corpo libero e il bronzo alle parallele. Ai IV Giochi del Mediterraneo a Napoli vinse l’oro al concorso a squadre, al volteggio e al corpo libero e per la terza volta divenne campione italiano.
Nel 1964 a Tokyo, Franco ci arrivò con le migliori prospettive, ma la situazione non era affatto semplice. Primo perché il Giappone era il regno della Ginnastica e secondo perché all’epoca l’ammissione alle finali di specialità era assegnata solo dopo lo svolgimento di esercizi obbligatori; i primi sei atleti dovevano sommare al punteggio ottenuto nella fase preliminare, quello degli esercizi liberi della fase finale. Tale regolamento non favoriva la Ginnastica di Franco, del tutto innovativa e che limitava al minimo le fasi statiche o a terra per compiere combinazioni multiple, per il momento ancora sconosciute. Al momento del corpo libero venne sorteggiato a gareggiare per ultimo e si trovò contro il campione di casa e campione del mondo in carica: Yukio Endo. Qui Franco tirò fuori il meglio di se, compiendo il capolavoro della sua carriera: grazie a delle combinazioni non più singole, ma multiple, che agganciavano una difficoltà all’altra, impressionò talmente tanto la giuria che questa non poté non assegnargli la medaglia d’oro. Si calcolò che in un minuto e mezzo di corpo libero Franco rimase in aria un minuto e quindici secondi.
Pur all’apoteosi del tuo successo, dunque, decidesti di andare avanti e continuare i tuoi allenamenti.
Sì, continuai i miei allenamenti fino a Città del Messico, l’Olimpiadedel 1968 dove un grave infortunio mi impedì di continuare. Mi ruppi il tendine di Achille durante la fase finale del corpo libero. Puntai i piedi a terra e sentii un dolore lancinante. Arrivarono i soccorsi mentre la giuria mi assegnò lo stesso un punteggio di 9,30. Dopo quell’evento, sporadicamente ritornai in gara, fino al 1972 quando in una competizione internazionale, Italia – Cecoslovacchia, prima di partire con un esercizio a “cavallo con maniglie”, sentii dalle tribune “forza papà”: era mia figlia Cristiana. Capii che era ora di smettere.
Gabriella passiamo a te; come ti sei avvicinata a questo sport, quando hai iniziato?
Da piccolina soffrivo di asma per cui il dottore disse a mia mamma di farmi fare sport per aprire i polmoni. Avevo 9-10 anni quando entrai in una palestra e mi appassionai alla Ginnastica. Dopo quattro o cinque anni l’asma passò ed anch’ io giovanissima mi ritrovai in Nazionale. Sono stata fortunata perché dopo le Olimpiadi di Roma la squadra femminile era piuttosto grande d’età per cui quasi tutte le atlete smisero di lì a poco e fu necessario da parte della direzione tecnica un nuovo reclutamento di giovanissime per un cambio generazionale. Vennero prese 24 atlete talentuose per il primo raduno a Coverciano da dove tutto ebbe inizio, dopodiché rimanemmo in 6 o 7, le più forti.
Quando è stata la prima gara a cui hai partecipato?
La prima gara che ho fatto è stata nel 1961 a Stresa.
E’ lì che hai conosciuto Franco?
No, in realtà ci siamo conosciuti grazie al trasferimento voluto dal Direttore Tecnico della Nazionale di allora – Agabio –: da Coverciano, dove ero in raduno, mi mandò a Roma, all’Acqua Acetosa, dove era presente anche la squadra maschile. Durante una gara, Italia – Polonia, Franco stava gareggiando e la squadra femminile era sugli spalti; cominciammo lì a guardarci e dopo poco è sbocciato l’amore. Io avevo 16 anni e lui 21, da allora non ci siamo mai più lasciati.
Gabriella raccontami della tua esperienza olimpica.
Città del Messico 1968. Tutta la squadra italiana femminile di cui facevo parte era competitiva già quattro anni prima alle Olimpiadi di Tokyo, non abbastanza però da prevalere sulle russe, sulle cecoslovacche o sulle romene di allora; stiamo parlando di Vera Carlavska, Larisa Petrick, della Kruscinscaia e molte altre. L’Italia era indietro e noi eravamo troppo giovani per essere considerate dalle giurie internazionali. Nel tempo però avevamo avuto la possibilità di farci conoscere ed io personalmente nel 1964 riuscii a vincere il Campionato italiano assoluto. L‘Olimpiade del ’68 fu, comunque,una bellissima esperienza, seppure finita malamente con l’infortunio di Franco, purtroppo.
Oggi la Ginnastica si vede raramente in televisione o sui giornali, se non durante le occasioni più importanti come ai Mondiali o alle Olimpiadi. Perché secondo te?
Perché la Ginnastica è uno sport soggettivo, complicato da capire ed estremamente tecnico. Se non si conoscono le basi difficilmente ci si sente coinvolti. Non è come il calcio o il tennis che è un gioco e la finalizzazione del gioco è intuibile. A calcio possono giocarci tutti, per fare Ginnastica è un po’ più complicato. Spesso alle gare vedo il pubblico che applaude fortemente una spaccata e non si accorge di un triplo. Difficilissimo apprezzare un “Tarzan” alle parallele se non hai occhi esperti. Ancor più difficile accorgersi delle differenze delle esecuzioni degli esercizi tra un atleta e l’altro.
Vorrei concludere questa intervista con un messaggio da parte di entrambi rivolto ai giovani di oggi. Che cosa gli direste?
Gabriella: lavorando nelle palestre noi assistiamo sempre più alla sedentarietà dei ragazzi di oggi. Ci proviamo con ogni mezzo a spronarli e, spesso e volentieri, ci riusciamo portandoli anche in gara e ottenendo grandi successi. Mi piacerebbe rivedere i giovani come una volta, che uscivano per andare a giocare sotto casa, per inventare giochi con le mani e con i piedi, padroni consapevoli del loro corpo. Ma col diffondersi dei videogames tutto questo sarà sempre più difficile. Ma più che ai giovani, manderei un messaggio ai genitori: lasciate che i vostri figli si muovano, non siate iperprotettivi.
Franco: io sono lontano da queste generazioni ormai; tuttavia, se dovessi dire qualcosa, direi che mi sono fatto per strada, giocando con gli amici, arrampicandomi sugli alberi. Anche io, dunque, suggerirei alle nuove generazioni di uscire di casa, di ritrovarsi con gli amici, di dare libero sfogo alle loro energie, come si faceva una volta. Dovrebbero andare alla ricerca del pericolo, sportivamente parlando, così da diventare capaci di affrontarlo nella giusta maniera.
Ultima domanda per entrambi. Quale è stata secondo voi la medaglia più importante che avete vinto e quella a cui tenete di più?
Gabriella: per me l’oro al campionato italiano assoluto. Avevo vinto già parecchie medaglie di specialità ma a Biella nel 1964 mi sentii come mai prima di allora. Essere sul gradino più alto del podio in Italia a quei tempi era una cosa bellissima, una sensazione indescrivibile oltre che motivo di grande soddisfazione personale.
Franco: La medaglia d’oro olimpica a Tokyo è sicuramente la piùimportante che ho vinto, ma per me quella che ha più valore è stata quella di bronzo vinta a Roma, perché vinta a casa, vinta dopo un silenzio della Ginnastica italiana durato trent’ anni, e, forse, perché era la prima per me. Non saprei dirti veramente il motivo, ma ancora oggi ne sento il suo trasporto emotivo.
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Franco Menichelli è stato uno dei più grandi ginnasti di sempre. Ha vissuto la Ginnastica artistica a 360 gradi anche in ambito privato: diplomato ISEF è stato insegnante di educazione fisica. Dal 1969 in poi e fino al 1979 è stato allenatore della Nazionale Italiana di Ginnastica ponendo le basi per i campioni delle epoche successive.
Franco e Gabriella sono sposati da cinquant’anni, gestiscono oggi una palestra a Roma, dopo aver collaborato con diverse scuole e aver insegnato Ginnastica per molti anni. Sono un esempio per tutti i ragazzi che praticano sport, avendo vinto una quantità infinita di medaglie di altissimo valore, e continuano a lavorare e a trasmettere la loro passione di generazione in generazione. Instancabili e infaticabili costituiscono un orgoglio per l’Italia tutta, nel perseguire quello che è stato per loro uno sport, un lavoro, una passione e un unico amore: la Ginnastica.
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