Rosella Postorino, nata a Reggio Calabria, quarant’anni, è candidata al Premio Campiello 2018 con il suo nuovo romanzo Le assaggiatrici, pubblicato da Feltrinelli. Ispiratasi alla vicenda di Margot Wolk, una delle 15 assaggiatrici di Hitler, che per due anni, dal ’43 al ’45, è stata costretta ad assaggiare i suoi pasti per testarli, racconta un aspetto inedito della storia del nazismo.
Come ti è nata l’idea di scrivere una storia particolare come questa?
Quattro anni fa, nel settembre del 2014, mi sono imbattuta in un breve articolo che parlava di Margot Wölk, una signora berlinese di 96 anni che per la prima volta dichiarava di aver lavorato, da giovane, per il Führer, assaggiando assieme ad altre donne i pasti preparati per lui, così da verificare che non fossero avvelenati. Per me fu una folgorazione. Quella donna era una privilegiata, una che mangiava bene mentre il resto della popolazione moriva di fame, ma era trattata da cavia, era obbligata a rischiare ogni giorno la vita per difendere quella di Hitler. La cosa interessante era che Margot Wölk non si definiva nazista, anzi. Era capitata per caso a fare l’assaggiatrice: la sua casa era stata bombardata e lei, sola, con il marito era al fronte, si era trasferita dai suoceri a Gross-Partsch, un villaggio rurale nella Prussia orientale, che purtroppo era a soli tre chilometri dalla Wolfsschanze, la Tana del Lupo, il quartier generale che Hitler aveva fatto costruire nel 1941; così, a una settimana dal suo arrivo, Margot era stata reclutata dalle SS ed era diventata una vittima. Ma ai nostri occhi è anche una colpevole, è una che ha nutrito, protetto il Male assoluto. Per sviscerare questa contraddizione ho provato a incontrarla, ma quando sono finalmente riuscita a trovare il suo indirizzo lei è morta. L’unico modo per capire perché la sua storia mi avesse tanto colpita era scriverne, anzi: reinventarla attraverso un romanzo di fiction.
Rosa, la protagonista, è una donna che vive un profondo conflitto esistenziale: da un lato si piega ai doveri imposti dal regime, dall’altro vorrebbe opporsi e questo la fa vivere con profondi sensi di colpa. Rosa è una donna in trappola?
Non desidera opporsi per questioni di coscienza politica o civile, semplicemente ha paura di morire e per colpa di Hitler rischia la morte a ogni boccone, anche se paradossalmente questo è un modo per sopravvivere. I personaggi dei miei libri non hanno mai una coscienza politica o civile, non sono mai degli intellettuali, capiscono le cose solo quando passano sulla loro pelle, e rovinano la loro vita. I miei personaggi non sono mai eroici, sono persone comuni che si trovano in gabbia e cercano uno spiraglio di libertà.
Rosella, scrittori si nasce o si diventa?
Non tutti quelli che da bambini amano scrivere poi diventano scrittori, quindi credo che sia proprio il gesto costante, ripetuto, ostinato di scrivere, ma con l’intenzione di essere pubblicati, che non necessariamente da ragazzini si ha, a costruire la formazione dello scrittore.
Quali sono stati i tuoi fari culturali? Su quali libri sei cresciuta?
Da bambina lessi Piccole donnee mi innamorai del personaggio di Jo, una ragazza lontana dalle convenzioni che la società le imporrebbe (non pensa a sposarsi, per esempio, ma scrive e scrivendo vuole guadagnarsi da vivere), ma che dentro e non fuori da quella stessa società tenta di proporre il proprio modello (non rifiuta la famiglia, per esempio: alla propria famiglia è anzi molto devota); lessi poi il Diario di Anne Frank, che è stato per anni il mio libro preferito, con il suo grande valore testimoniale. Raccontando sogni, idiosincrasie e speranze di una ragazza comune costretta a nascondersi per sfuggire all’odio antisemita, rivela con più atrocità lo scandalo della Storia. Poi, al liceo, ho scoperto Marguerite Duras e la sua scrittura sovversiva, e non ho mai smesso di leggerla: a un certo punto sono addirittura diventata una sua traduttrice. Ci sono stati anche Sylvia Plath, Antonio Lobo Antunes, Clarice Lispector e molti altri.
Con questo romanzo sei candidata al Premio Campiello. Tra i finalisti del Premio Strega, anche quest’anno, ci sono state parecchie donne, tra le quali la vincitrice. Pensi che il ruolo della scrittrice sia finalmente riconosciuto e valorizzato in Italia?
Non mi pare sia in atto una vera e propria mutazione culturale, credo sia più una questione di mercato: le donne leggono più romanzi degli uomini, in generale leggono di più, leggono tutto senza fare distinzioni di genere e quindi, a differenza della maggioranza dei maschi, leggono anche libri scritti da donne; dunque, pubblicare libri scritti da donne ha economicamente senso. Questo fenomeno può però contribuire a modificare nel tempo anche la cultura. Intendo dire che, se le donne partecipano ai premi più importanti e li vincono, avranno una visibilità che le porterà a essere lette anche dagli uomini, o nelle scuole, le porterà nei festival, nelle trasmissioni tv o magari a scrivere sui giornali, e ciò non potrà che aiutare progressivamente a ridurre il gap di genere. Ma solo quando domande come questa diventeranno inutili o insensate o incomprensibili il problema sarà risolto.
Quali scrittori apprezzi nel panorama letterario contemporaneo?
Moltissimi, troppi per elencarli tutti: da Marías a Barnes, da Munro a Safran Foer, da Strout a Carrère…
Puoi descrivere la tua quotidianità di scrittrice?
Non ho una quotidianità di scrittrice perché lavoro ogni giorno come editor in una casa editrice, quindi scrivo solo durante le vacanze e – quando sono ormai totalmente immersa nel progetto – anche nei weekend. La sera dei giorni feriali, finito il lavoro, anche quello dopo cena, posso studiare e prendere appunti, ma non posso scrivere, perché sono stanca e per scrivere devo sentirmi lucida.
Hai radici calabresi, hai vissuto l’infanzia in Liguria ed oggi vivi a Roma. Dove ti senti più a tuo agio?
A Roma, perché vivo e lavoro lì, ma credo che, se traslocassi altrove e altrove avessi la mia casa e la possibilità di stare al mondo come pare a me, mi sentirei a mio agio pure lì.
Che cosa vuoi fare da grande?
Tra pochi giorni compio 40 anni, sono grande da un pezzo e per fortuna faccio ciò che da piccola sognavo di fare.
Scrivi