Sandra Petrignani, classe 1952, piacentina, ha scritto romanzi, racconti e libri di viaggiotradotti anche all’estero: nei tascabili della Beatsi trovano Il catalogo dei giocattoli, La scrittrice abita qui, Addio a Roma. Con Rizzoli ha pubblicato Come cadono i fulmini. Con Laterza E in mezzo il fiume. A piedi nei due centri di Roma. Con NottetempoDolorose considerazioni del cuore. Nel catalogo Neri Pozza si trovano: i racconti di fantasmi Care presenze, il libro di viaggio Ultima India, il romanzo Marguerite(dedicato alla Duras) e il recentissimo La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg. Dopo un breve esordio, da giovane, nella poesia e nel teatro, ha coltivato la scrittura anche in un’intensa attività di giornalista culturale su molte importanti testate italiane.
Chi è Sandra Petrignani?
Una che preferisce vivere in campagna e ama la compagnia degli animali: al momento tre cani, quattro gatti e diverse galline (che muoiono di morte naturale).
Che cosa è per te la letteratura?
Un modo per salvarsi la vita e imparare ad affrontarla. Mi piacciono i libri che hanno dentro, anche attraverso storie inventate, un pensiero forte sul mistero spaventoso dello stare al mondo, sulle difficoltà delle relazioni, sulla difficile e contraddittoria funzione dell’amore.
Nei tuoi romanzi l’universo femminile ha una rilevanza particolare. Dai voce a donne forti, che raccontano la propria prepotente affermazione; sto pensando a Marguerite Yourcenar, a Karen Blixen, a Grazia Deledda, a Marguerite Duras ed ora la Ginzburg. Quanto c’è di te in loro?
C’è qualcosa di noi in ogni essere umano, probabilmente. Ma devo anche dire che fra i nomi che hai citato, e di cui effettivamente mi sono occupata e ho scritto, ad alcune non somiglio nemmeno un po’. Faticherei davvero a riconoscere qualcosa di me in Yourcenar, Blixen, Deledda. Le ho messe nel mio libro La scrittrice abita quiperché sono grandi scrittrici e perché hanno una casa museo. Quel libro è un pellegrinaggio nelle loro case e nella loro opera per ricostruirne la vita. Mi piace raccontare anche personalità molto distanti da me. Mi piace cercare l’origine della scrittura laddove per ognuna è nata e si è rivelata necessaria alla sopravvivenza. Perché per me gli scrittori veramente interessanti, maschi o femmine, sono quelli che hanno scritto per un’assoluta intima necessità.
Nel tuo ultimo libro racconti le passioni, le relazioni, gli incontri che hanno segnato la vita di Natalia Ginzburg. Perché hai scelto proprio lei?
Perché mancava un libro che la raccontasse e ne leggesse criticamente l’intera opera. Perché è un grandissimo personaggio e la sua vita è romanzesca. Perché ha avuto in Italia un ruolo assolutamente unico: è un’autrice amatissima e popolare, ma molto riservata e snob, ed è stata una commediografa di successo e una vera potenza nell’editoria del nostro paese, caso veramente unico.
Alcuni parlano di “scrittura femminile”; esiste o si tratta di uno dei tanti stereotipi che ingabbiano le donne?
E’ una vecchia questione cui ha risposto una volta per tutte Virginia Woolf: il vero scrittore non ha sesso, partecipa delle due nature. Ma certo il sesso di un autore è una finestra sul mondo ed è l’ottica a cambiare, più che altro.
Sandra, chi sono i tuoi fari culturali? Quali scrittori apprezzi nel panorama letterario contemporaneo?
I contemporanei non possono costituire dei fari. Sono compagni di viaggio, interlocutori. Ne apprezzo così tanti che il resto dell’intervista diventerebbe un elenco noioso.
Che rapporto hai con il mondo dei social e con il web in generale?
Lo pratico e me ne servo. Per la ricerca, un uso attento e controllato dei materiali presenti in rete è un grosso aiuto. E’ anche divertente, attraverso Fb per esempio, ritrovare persone che si erano perdute nel corso del tempo. Ma non mitizzo, né mi rendo schiava dei social. E ogni tanto ne sono nauseata: soprattutto su Twitter, a volte, osservo una violenza verbale, un’ignoranza e una superficialità sconcertanti.
Si parla spesso del rapporto (complesso) dei giovani con la lettura e ci si chiede che cosa “abbiano da dire” i libri a un adolescente. Tu che letture consiglieresti a un giovane liceale?
Dipenderebbe dal tipo che mi trovassi davanti. Posso dire che in questi giorni, quando vado a parlare della Ginzburg e del suo entourage nei licei, i giovani restano affascinati dalle vicende dei personaggi che racconto e dal periodo storico in cui la casa editrice Einaudi vide la luce. Sono assetati di grandi “esempi”, di “maestri”. S’innamorano della generosità di Adriano Olivetti e del coraggio e del rigore morale di Leone Ginzburg, ma anche della disperazione di Cesare Pavese. Abbiamo una grande storia alle spalle e grandi protagonisti, non solo fra gli scrittori, che suscitano una giusta, formidabile impressione nei giovani. Tutto sta a sapergliela raccontare.
Quello della scrittrice è un mestiere?
Io non l’ho mai considerato un mestiere, ma anzi un territorio di assoluta libertà. Di mestieri ne ho sempre fatti altri, dalla baby-sitter da giovanissima, all’insegnante alla giornalista. Quando ricevi uno stipendio sei tenuto a rispettare le regole del tuo lavoro dipendente, e comunque devi adattarti alla volontà o al potere degli altri. Scrivendo le mie storie, invece, ho sempre comandato io. E così concepisco il mio scrivere: pura libertà. Quando mi viene in mente una storia o un progetto di libro, seguo soltanto la mia anima. Non tengo conto di nient’altro: né di opportunità commerciali, né di richieste editoriali, a meno che non accendano un mio nascosto bisogno di mettermi a scrivere proprio quello che mi si chiede. Ma, per esempio, l’idea de La corsarami è venuta quando il mio editore mi ha proposto di raccontare Elsa Morante. Io non ne avevo alcuna voglia, e ho controproposto Natalia Ginzburg, più sfaccettata e misteriosa, e parecchio ancora da scoprire.
Che cosa vuoi fare da grande?
Quello che facevo da piccola: intrattenermi in un solitario colloquio con me stessa e ogni tanto, magari, farne partecipi anche gli altri attraverso un libro.
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