Tiziana Cantone è diventata famosa. Prima a causa dei video hard girati dal fidanzato e poi diffusi in rete, poi per essere l’ultima delle vittime del web.
Come sempre all’inizio era tutto un gioco, lei che per accontentare il suo ragazzo, o anche solo per provare qualcosa di diverso, si fa filmare da lui mentre compie atti sessuali con altri uomini, uomini ai quali questi video vengono successivamente inviati sempre con il consenso della ragazza.
Tutto regolare, quindi, Tiziana è pienamente consapevole di quello che sta facendo, è la sua vita, la sua privacy. Ma così non sarà per molto perché a distanza di poco tempo viene a sapere che alcuni di quei video sono finiti su dei siti porno e che in rete iniziano a girare sue immagini tratte proprio dai quei video. La deriva è immediata. Non solo aumentano le visualizzazioni e le voci sul web, ma Tiziana diventa famosa, la sua immagine è ovunque, vengono creati meme, vignette, fotomontaggi. Per la ragazza è il panico. Non solo lei è perfettamente riconoscibile, ma ci sono anche nome e cognome, ormai tutti la riconoscono e quello che sembrava essere solo un gioco fatto nell’intimità è diventato di dominio pubblico.
La madre parla di due tentativi di suicidio, Tiziana è depressa, ha attacchi di panico e non esce più di casa neanche per andare a lavorare. Prova a cambiare città, ma l’incubo in cui sta vivendo non l’abbandona.
Iniziano le azioni legali per violazione della privacy, ma i tempi della giustizia non sono brevi e malgrado i siti che hanno pubblicato video e foto vengono condannati, l’odissea di Tiziana non finisce perché non basta una sentenza a cancellare la memoria delle persone e soprattutto del web. Non le viene neanche riconosciuto il diritto all’oblio poiché, dice la sentenza, “presupposto fondamentale perché l’interessato possa opporsi al trattamento dei dati personali, adducendo il diritto all’oblio è che tali dati siano relativi a vicende risalenti nel tempo” mentre nel caso di specie “non si ritiene che sia decorso quel notevole lasso di tempo che fa venir meno l’interesse della collettività”.
Per Tiziana è troppo, ormai ha perso il controllo della sua vita, e dopo poche settimane dalla sentenza si toglie la vita.
Dopo la sua morte si è parlato di tutto: cyberbullismo, porn revenge o semplice tentativo di lanciare una nuova porno star. La verità è che ormai viviamo una seconda vita nel web, ma non lo conosciamo, non sappiamo usarlo e facilmente ne cadiamo vittime.
Tiziana era solo una ragazza troppo ingenua che pensava che quei video, la loro condivisione con pochi “amici” fosse solo un gioco privato ed innocuo ed invece si è ritrovata vittima della “grande ragnatela” qualcosa di molto più grande di lei che non poteva in nessun modo fermare.
Così come non poteva fermare i click di tutti gli utenti che hanno reso virali i suoi video, semplici tasti premuti su una tastiera, tasti che, però, oggi sono divenuti le armi più potenti del nuovo millennio.
Tiziana era diventata solo un altro personaggio di cui parlare e non una persona reale, perché ormai il modo reale è diventato invisibile, ciò che conta è quello che vediamo e che siamo sul web, un mondo alternativo e più crudele di quello reale.
E allora dobbiamo chiederci se davvero l’unica soluzione sia quella di scegliere se essere vittima o carnefice o se, invece, non sarebbe meglio svegliarci e ricominciare ad essere qualcosa di più di un semplice ologramma.
di Gloriana Rescigno
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