Islam moderato e integralismo: quali i rapporti di forza?

musulmani-2E’ cronaca di questi giorni la nascita, in Italia, del Partito anti-islamizzazione. Tra i suoi scopi: “contrastare ogni forma di radicalizzazione dell’Islam” e “ogni tentativo di sottomettere la libertà sociale e culturale dell’Occidente”. Ma il senso dell’iniziativa è che l’islam moderato non esista e, pertanto, l’ideologia stessa di tale religione vada combattuta in quanto radicale di per sé.

Prima di procedere all’analisi di tale assunto in base alla situazione attuale, vorremmo partire dalla storia, che è maestra di vita. La pre esistenza, infatti, di un islam in cui fosse ammessa la coesistenza pacifica dei culti religiosi è stato proprio il fattore scatenante del maggior conflitto religioso della storia medievale: le crociate.

L’islam nacque “fondamentalmente moderato”

Quando, tra l’VIII e l’XI secolo, gli arabi islamizzati occuparono la Palestina, riconobbero tranquillamente ai cristiani (e agli ebrei sopravvissuti alla “diaspora”) libertà di culto nei luoghi sacri. Tale “moderazione” si sparse più o meno in tutta quella parte di mondo “arabizzato” nell’alto medio evo: la Spagna sottomessa ai califfi fu un esempio lampante di coesistenza pacifica e di sincretismo culturale, nelle arti e nella letteratura.

Le crociate nacquero quando, in Terra Santa, agli arabi si sostituirono i turchi, provenienti dalle steppe asiatiche e radicalizzati. Fu allora che iniziarono le persecuzioni contro i cristiani (e gli ebrei) nei luoghi santi e poi le crociate. Ciò che si vuole sottolineare è che la “moderazione” sia stata una qualità appartenente all’islam, sin dai suoi albori, mentre la “radicalizzazione” sia venuta dopo.

In seguito, anche i turchi ottomani adottarono una linea “para-moderata”, quando, a partire dal 1453, occuparono Costantinopoli e posero fine all’impero bizantino. Gli ottomani, infatti, riconobbero ai fedeli di quelle religioni che fanno riferimento a testi ritenuti di origine divina (Bibbia, Torah ebraica, ecc.) una speciale “protezione” (dhimma, secondo il corano), in cambio di una generica lealtà dal punto di vista esclusivamente politico.

Al cristiano (o all’ebreo) era garantita libertà di culto, la gestione dei loro luoghi sacri (sia pur limitata alle sole edificazioni esistenti) e l’auto-amministrazione per quanto riguarda i diritti della persona, quelli patrimoniali e commerciali. Tali prerogative furono abolite solo nel 1922 (in Egitto nel 1949) quando Kemal Ataturk fondò la repubblica turca, di orientamento laico e nella quale tutti i cittadini erano uguali di fronte alla legge, indipendentemente dal proprio credo religioso.

Il rifiuto di sottoscrivere la Dichiarazione universale dei diritti umani

Rilevato, dunque che l’islam “moderato” sia stato una componente essenziale o addirittura prevalente in gran parte delle epoche del passato, esaminiamo la situazione attuale con l’unico strumento “neutrale” in nostro possesso: il diritto e la presenza o meno di una legislazione laica nei paesi dove l’islamismo oggi prevale.

Ebbene, l’atto più eclatante, sul piano del diritto internazionale, posto in essere dall’integralismo islamico, è stato il rifiuto di sottoscrivere la Dichiarazione universale dei diritti umani, promossa dalle Nazioni Unite e adottata a Parigi nel 1948. I diritti umani in essa proclamati, infatti, stridevano – secondo molti Stati islamici – con le “esigenze religiose e culturali” dell’islam.

Nel 1981, il rappresentante iraniano interveniva all’ONU, dichiarando che la “Dichiarazione universale dei diritti umani” rappresentava “una interpretazione laica della tradizione giudaico-cristiana” che non avrebbe potuto essere attuata dai musulmani senza violare la legge dell’islam. E’ partita quindi dall’interno dell’islam stesso la considerazione che i suoi precetti religiosi contrastino con i fondamentali diritti dell’uomo.

Nel 1990, al Cairo, quindi, fu approvata una dichiarazione dei diritti islamici in cui si è affermata la supremazia della legge islamica (la shari’a, contenuta nel corano) rispetto a qualsiasi altra forma di diritto; che ogni individuo abbia diritto di essere giudicato in conformità alla shari’a e che nessun’altra legge – ancorché approvata secondo il metodo democratico – gli venga applicata; che nessuna accusa potrà essere rivolta se il reato non è previsto dalla shari’a. Per quanto riguarda i diritti della donna, il corano prevede che sia sottomessa all’uomo, in particolare al marito, che può avere sino a quattro mogli ed un numero illimitato di “concubine”.

In sostanza, con l’approvazione della dichiarazione dei diritti islamici, gran parte del mondo è tornata al medioevo (il corano risale al VII secolo), cancellando con un tratto di penna l’umanesimo, il rinascimento, le rivoluzioni francese, inglese e americana, la liberalizzazione della donna, per non parlare della rivoluzione sessuale, compresi i diritti recentemente riconosciuti ai gay.

Quali sono gli Stati integralisti

La shari’a – che la dichiarazione dei diritti islamici assume come prevalente su qualsiasi altra legge democraticamente approvata – è la base fondamentale dell’integralismo islamico. Per individuare la portata di tale minaccia, andiamo a vedere quali sono gli Stati che la applicano. L’elenco è impressionante: l’Arabia Saudita , il Qatar, lo Yemen, l’Iran, alcune regioni della Malaysia e della Nigeria, la Somalia (almeno dove esiste un’autorità politica), il Sudan, la Mauritania e, in gran parte, ancora in Afghanistan, in Iraq e nel Pakistan. (580 milioni di persone).

La shari’a si applica, inoltre, nelle sole questioni private, cioè quelle dove hanno rilievo i diritti fondamentali della donna, negli Emirati, l’Oman, il Kuwait, il Bahrein, la Palestina, la Siria, la Giordania, il Bangladesh, l’Egitto, la Libia, l’Algeria, il Marocco, l’Eritrea, il Ghana, il Gambia (420 milioni); limitatamente ai rapporti tra gli appartenenti alla religione islamica, anche in Libano, in Etiopia, in Kenya, in Tanzania, in alcune aree dell’India, dell’Indonesia e delle Filippine (230 milioni circa).

Fatti i conti, l’integralismo religioso islamico, che nega i fondamentali diritti dell’uomo e della donna, governa quasi 1 miliardo e 250 milioni di persone: il 18% degli esseri umani. Vi sembrano pochi? Poiché poi i musulmani nel mondo – compresi quelli inosservanti viventi nei paesi occidentali – assommano a circa 1.800 milioni, se ne deduce che i “moderati” che possano manifestare liberamente la propria interpretazione dell’islam non superano i 550 milioni. Sono sicuramente moltissimi, ma rappresentano solo poco più del 30% di tutti i musulmani. Ai lettori la conclusione.

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