Juke Box, l’artista della settimana: I come Iron Maiden

iron-maidenSenza dubbio una delle più importanti heavy metal band della storia. Prova ne è il fatto che già il loro primo lavoro (1979) “The soundhouse tapes” sia oggi un ambito pezzo da collezione.

Lo stile della band evidenzia fin dagli albori un suo filone assolutamente innovativo di new wave di british metal e sebbene negli anni la formazione subisca diverse modifiche negli interpreti, il fulcro resta sempre lo storico bassista Steve Harris attorno al quale ruotano il cantante Paul Di Anno, i chitarristi Dennis Stratton con Dave Murray ed il batterista Clive Burr.

Dopo la compilation “Metal for muthas” il vero esordio è, nel suo genere, un capolavoro.
Il titolo è semplicemente “Iron Maiden” (anno 1980) e le radici hard rock sono il punto di partenza

per un suono veloce, puntellato su due chitarre ed un basso suonato sempre in chiave solista.

Otto brani indimenticabili nei quali la voce di Di Anno è roca e virile al tempo stesso: la classica ciliegina sulla torta.

Si passa da “Prowler” a “Running free”; dai ricami epici di “Remember Tomorrow” e “Phanton of the opera” agli incubi strumentali di “Transylvania”.

C’è in buona sostanza una miscellanea di vortici strumentali e melodie che conquistano immediatamente orde di fans.

E’ il via ad un tour immenso dove successo si sposa con la benedizione della stampa musicale e l’ascesa nelle classifiche mondiali.

Siamo nel 1981 ed il secondo LP (“Killers”) denota ancora più vigore.
Uno dei due chitarristi (Dennis Stratton) viene sostituito da Adrian Smith e l’innesto sembra

giovare alla causa.
Tra le nuove <<creature>> più rappresentative sottolineo “Wratchild”, “Another life”, “Innocent

exile”, “Purgatory”, “Drifter”.
Cito a parte “Prodigal song”, visto che in questa traccia, per la prima volta, appare la chitarra

acustica.

Con la pubblicazione di “Maiden Japan” (un mini LP), Il cantante Paul Di Anno, non fa più parte del gruppo e a nulla varranno nel tempo i suoi tentativi di essere identificato per altri progetti.

Paul non riuscirà mai, infatti, a togliersi di dosso l’etichetta di ex cantante degli Iron Maiden.

Lo sostituisce Bruce Dickinson e la sua voce diventa fin da subito un marchio di fabbrica.

“The number of the beast”, a parte una diffidenza iniziale dei fans, vola al primo posto delle classifiche inglesi.

Anche qui ci sono canzoni memorabili come “Children of the damned”, “Invaders”, “The prisoner” e “Run to the hills”.

I ritmi della band sono sempre più forsennati e “Piece of mind” del 1983 vede l’avvicendamento del batterista Clive Burr con Nicko Mc Brain.

Si apre una fase dello stile più cinematografico dove emergono canzoni definite dai fan <<magnifiche>> come “Where eagles dare”, “The trooper”.

Anno nuovo (1984) ed ennesimo album impeccabile: “Powerslave” con tracce come “2 minutes to midnight” e “Aces high” tra tutte.

E’ il prologo ad una consacrazione che arriva con il doppio live “Live after death” del 1985.
Un lavoro faraonico che conferma l’incredibile forza d’urto sul palco dei cinque musicisti, aiutati da un impianto scenico e da un gioco di luci colossale.

Ne conseguono lavori altalenanti come “Somewhere in time” (1986), “Seventh son of a seventh son” (1988) [il 1987 è il primo anno in cui la band non pubblica un album], “No prayer for the dying” (1990) [questo il primo lavoro su supporto CD dove vengono raccolti in 10 mini CD i singoli sin qui pubblicati, nonché diversi inediti], “Fear of the dark” (1992).

In questi lavori si denota se vogliamo una sempre più accentuata stanchezza, alla quale i fan non sembrano fare più di tanto caso, visti i ripetuti primi posti in classifica.

Ma tale stanchezza viene testimoniata anche dal fatto che il cantante Dickinson annuncia l’abbandono al termine dell’ennesimo tour immenso, che è in procinto di partire e che regalerà ai fans ben 3 lavori live a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro (“A real live one”, “A real dead one”, “Live at Donnington 1992”).

Blaze Bailey è il nuovo cantante che appare nel nuovo album del 1985 “The X Factor”. Ma l’impresa di far dimenticare Dickinson, non riesce.

Il lavoro non ha nulla a che vedere con i precedenti e la sua voce troppo lontana e differente da quella del suo predecessore.

Da allora la band (che è ufficialmente ancora in attività) continua a sfornare album, compilation e spettacoli, ma certo parliamo di altro…

“Virtual XI”, “Ed hunter”, fino a “Brave the world”.

Questo lavoro segna il ritorno di Dickinson e dona immediatamente nuovo smalto ed entusiasmo alla band, quasi come negli anni migliori].

E’ poi la volta di “Dance of death”, “A matter of life and death”, “The final frontier”, fino ad arrivare all’attesissimo “The book of souls”, che uscirà nel prossimo mese di Settembre.

Tirando le somme si può dire che Iron Maiden hanno significato successo, innovazione, intelligenza scenica.

Basti pensare che dopo ben 35 anni dal loro debutto c’è una frenetica attesa da parte dei loro fans per la prossima uscita del 16° album registrato in studio e che probabilmente la mascotte dei loro live Edward The Head (Eddie T.H.), tornerà, ancora una volta, sui palchi di tutto il mondo.

di Riccardo Fiori

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