Non so se anche voi a volte pensate al modo di vivere dei primi cristiani, oppure a coloro che ebbero la gioia di conoscere direttamente Gesù o di ascoltare personalmente la voce degli Apostoli durante una loro predicazione. Se meditiamo attentamente le Sacre Scritture, soprattutto gli Atti degli Apostoli, capiremmo che fra noi e loro esiste davvero una grande differenza, sia in pratica che in teoria. L’amore e la dedizione che vivevano i primi cristiani non mi sembra che sia rimasta invariata ma grazie a Dio, nonostante tutte le vicende liete e tristi dei primi secoli del Cristianesimo, la Parola di Dio ancora oggi arriva a noi forte e chiara. La mente rievoca quella feconda Pentecoste attuatasi nel Cenacolo di Gerusalemme circa cinquanta giorni dopo la resurrezione di Gesù. Nasce tutto da lì, lo Spirito Santo in quel giorno luminosissimo immediatamente spazzò via ogni paura e ignoranza dei discepoli; non solo, li rese coraggiosi missionari, inviati in tutto il mondo, come pecore in mezzo ai lupi, perchè il Vangelo potesse diventare dono di salvezza per tutti gli uomini di ogni luogo e nazione. E come non ricordare il grande Apostolo delle Genti, San Paolo che, affrontando ogni genere di controversie e di ostacoli, portò ovunque il messaggio di amore consegnatogli da quel Maestro che neppure conobbe personalmente? Un intrepido Apostolo, Paolo che, grida forte alla nostra “stasi ordinaria”, al nostro stare fermi e, a volte, troppe volte, zitti! Ciò forse si verifica perché abbiamo sposato la logica del “Cristianesimo fai da te”, oggi tanto in voga: prima io e poi Dio. Dio mi è utile finché non mi scomoda. Uno scenario questo, per niente edificante, se abbiamo scelto di impartire ai nostri figli un’educazione ai valori cristiani. Leggendo il Vangelo di questa domenica viene naturale chiederci: “A chi è affidato l’annuncio del Vangelo, solo agli Apostoli o anche ai settantadue discepoli?” Da come scrive Luca è chiaro che Gesù, inviando in coppia i settantadue, affida anche a loro il compito arduo di predicare ovunque il suo messaggio di amore. Carissimi, in questi settantadue discepoli, che nel linguaggio biblico rappresentano un numero simbolico, rappresentano tutte le nazioni, tutti i popoli della terra, ci siamo anche noi; e il codice di Diritto Canonico (le leggi ufficiali della Chiesa) ce lo ricordano in maniera davvero chiara: “I fedeli sono coloro che essendo stati incorporati a Cristo mediante il Battesimo sono costituiti popolo di Dio, chiamati ad attuare, secondo la condizione giuridica di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa”. Che grande responsabilità. È importante sottolineare che quell’invito di Gesù (“Andate”), non è riservato solo a qualche associazione o movimento cattolico; non è solo per qualcuno, ma riguarda tutti. Purtroppo siamo reduci da una pessima tradizione che per tanti secoli ha affidato l’annuncio del Vangelo solo ai sacerdoti, affidando ai fedeli il ruolo di semplici ascoltatori. Questa è una grande difficoltà che purtroppo in tantissime realtà ecclesiali, nonostante ci sia stata una ventata di novità, portata dal Concilio Vaticano II negli anni ’60, impedisce il rinnovamento della vita cristiana. Purtroppo la diffidenza verso i laici che annunciano il Vangelo è ancora molta e fatica ad essere eliminata. Ovviamente è da considerare che “non tutti possono fare tutto”; ricordiamo che non si può “andare”, se non possediamo determinati requisiti, fondamentali per la ricezione dell’annuncio evangelico; ovviamente carissimi fratelli e sorelle, non si può annunciare la Parola di Dio se non si ha fede e se non la si conosce bene. Tra l’altro occorre pazienza, passione, competenza, tempo a disposizione per uno studio approfondito; la Bibbia non è un libro che si può leggere a passatempo; dobbiamo avere molto rispetto perché essa è “una Parola che si fa carne”, fino a diventare pensiero e poi vita. Se viene meno la fede e, quindi, la santità di vita, la Buona Novella non arriva dritta al cuore di chi ascolta, è un annuncio sterile, secco, infruttuoso. Il Concilio Vaticano II, insieme alla Sacra Scrittura e alla Tradizione, rappresenta la bussola fondamentale per i cristiani del Terzo Millennio. Riscopriamo e leggiamo i documenti del Concilio, sapienza antica e sempre nuova, in cui Bibbia e Vangelo, e quindi anche evangelizzazione, diventano l’urgenza impellente per cambiare rotta e rendere la nostra fede un impegno per tutti, una ragione di vita. Chissà ciò quando potrà accadere! È il sogno della Chiesa di sempre: un rinnovamento costante ma sempre attento, rispettoso e ben ancorato ai capisaldi del Cristianesimo, rappresentati dalla Sacra Scrittura, dalla Tradizione e dal Magistero del Papa e dei Vescovi. Evangelizzare quindi è “la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda” (PaoloVI). La Chiesa di Dio esiste per evangelizzare, per predicare ed insegnare. “Andate! Annunciate la Parola di Dio” è un invito che non possiamo ignorare, se ci sentiamo veramente cristiani. Preghiamo allora, perché la Parola e i Sacramenti non perdano la loro efficacia e non si vendano a cerimonie esteriori o ad obblighi da soddisfare, come spesso accade quando dobbiamo preparare le feste per la Prima Comunione dei nostri bambini o le Cresime che, anziché divenire un “andate”, sembrano essere un “fuggite”! Lo stesso Matrimonio, svuotato da una seria preparazione e non sostenuto dalla Parola, ha ormai una fragilità che tutti conosciamo e viviamo. Non ci resta dunque, che riprendere tra le mani la Bibbia e abituarci a farne ogni giorno “pane della vita”, insostituibile, perché è lì che si conosce Dio e si entra nella luce della sua Verità.
Fra Frisina
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