Se la “bufala” non è la solita mozzarella, allora si chiama fake.
Dilagante come la peggiore delle epidemie, la sindrome della “bufala” che poi è “falsa notizia” o semplicemente “fake”, ha ormai superato ogni possibile limite.
Che la fake si scateni in piena campagna elettorale politica o in preda ad altro tipo di delirio collettivo, l’unica certezza è che il popolo non impara a qualificarla perché ci casca in continuazione.
E stamattina è toccata al ministro Matteo Salvini che è stato “dato per morto” e che, scherzosamente, ha commentato irridendo che le false notizie di questo tipo “allungano la vita”.
Il sito pirata che falsifica una nota testata nazionale (che afferma – a sua discolpa – di aver già attivato i canali giudiziari) ha pubblicato la foto di un incidente nel quale il Ministro degli Interni sarebbe “Morto sul colpo”, evocando il lutto nazionale.
Questi “bufalari” sono veri artisti dell’inganno, della presa in giro e del male a tutti i costi.
Ben lontani dal nostro amato “Male” che, con satira intelligente, ci faceva divertire con fantasiose ipotesi di inesistenti fatti di cronaca, amati dagli ignari personaggi famosi che implementavano la loro popolarità grazie alla penna di autori brillanti e spiritosi.
Qui invece l’obiettivo è un altro ed è molto, molto più pericoloso. Mira a creare confusione a livello informativo, a generare panico nella collettività, ad interferire sulla formazione delle opinioni per impedire che le persone si facciano chiarezza nelle proprie idee.
Gli autori delle “bufale” sanno bene che, nella bombarda quotidiana delle molteplici informazioni che si ricevono dal web c’è posto per loro, ma la vera sfida è quella di valutare sempre la consistenza della notizia che, nella sua enfasi descrittiva, nasconde sempre gli indizi utili per capire che è “fake”.
Se solo si pensi che circola addirittura la bufala della bufala, ove si “bufalizzano”, con apposita e immediata diffusione virale, notizie ridicole e volutamente esasperate nei modi e nei contenuti, in cui gli ignari i protagonisti-vittime di questo meccanismo si risvegliano in situazioni imbarazzanti che oscillano tra la derisione generale e l’orgoglio personale ai limiti di ogni possibile tolleranza.
L’abuso della credulità popolare è un reato previsto è punito dalla legge penale che ogni persona di buon senso vorrebbe non vedere violato; ma nonostante la crescita scolastica degli italiani negli ultimi cinquant’anni, la sperata evoluzione non è progredita al punto tale di coincidere con una presa di coscienza idonea a testare la la verità tra informazioni reali e falsità assolute.
L’uso dei social dovrebbe facilitarne l’esercizio, mentre invece altro non fa che peggiorare la situazione.
Alcuni mesi fa, con dichiarazione circostanziata, un sottosegretario all’editoria diffuse la propria opinione affermando le “bufale” costituiscono “libertà d’espressione” e che non dovrebbero essere sanzionate perché, in tal caso, si aprirebbe la strada alla punizione delle normali bugie che ogni giorno ci scambiamo tra di noi. Sperando di non essere “cascata” anch’io in una bufala, auguro buon anno a tutti.
In alto, la foto-fake postata da Matteo Salvini sul suo profilo Fb
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