Cosa ne è stato di quel muro che per 30 anni ha diviso in due la città di Berlino, la Germania e l’Europa tutta? Cosa è rimasto di quegli anni ‘80, di cui Raf cantava come di “una verità urlata dentro una bugia, anni ballando Reagan-Gorbachev e di uomini sempre più singole metà”?
Oggi, dopo 165 km di quello spartiacque, sintesi della Guerra Fredda e simbolo di legami recisi, il mondo conta nuove migliaia di kilometri di barriere fisiche e virtuali, già costruite o in fase di progettazione.
Più muri che ponti?
Per essere chiamate frontiere, i confini dovrebbero esseri riconosciuti da entrambe le parti che vivono e governano sui territori legittimamente separati e confinanti. Altrimenti? Altrimenti avremmo a che fare con muri di emarginazione, isolamento e segregazione; in tutti questi casi l’appello alla necessità, alla sicurezza, alla protezione non trovano una giustificazione valida.
Qui una mappa di tutti i muri di confine e delle barriere esistenti nel mondo: le linee rosse indicano i muri già presenti o parzialmente costruiti, le blu quelli pianificati. Muri in filo spinato, costruzioni in pietra, altre virtuali, barriere umane, distese di mine anti-uomo. Secondo la geografa Elisabeth Vallet, vi sono circa 77 barriere in tutto, più o meno fisiche, presidiate e sorvegliate. Dall’America all’Asia, passando per Europa, Africa e Medio Oriente, costruzioni costosissime in termini economici, sociali, e non ultime, ambientali.
Barriere politicamente motivate
Le ragioni che spingono i governi a gettare le fondamenta di quelle che diventano vere e proprie linee di separazione fisica sono molteplici e “fluide”: prevenzione e repressione di attività di contrabbando, contrasto al traffico di armi, controllo del territorio, regolamentazione dell’immigrazione, questioni di sicurezza, lotta contro il terrorismo. Sbarramenti spesso tracciati con ‘criteri di casualità’, per comodità o semplicità, a volte prendendo un parallelo terrestre come punto di riferimento, altre un confine naturale, come nel caso del più lungo muro di difesa del mondo: il “Berm”, secondo solo alla muraglia cinese, è un muro di dune di sabbia e circa 6.000 mine anti-uomo, che si estende lungo il confine marocchino con il Sahara occidentale.
Duplice utilità sembra ricoprire la linea metallica elettrificata presente tra Botswana e Zimbabwe dal 2003: voluta dal primo per proteggere il proprio bestiame dai contagi che avevano già colpito le mandrie del paese confinante, si è rivelata poi funzionale alla politica di respingimento dell’ondata di migranti proveniente dal più povero ed instabile Zimbabwe.
Muri dipinti
Chiamato ‘muro di sicurezza’ da Israele, condannato invece come ”muro di segregazione razziale” dai territori Palestinesi, i circa 700 km di separazione tra Israele e Cisgordania dal 2002 limitano la mobilità della popolazione palestinese e di chi è costretto a mettersi in fila alle 4 di notte per poter arrivare in ufficio alle 8 di mattino. Il muro è diventato anche una tela per molti artisti il cui intento è riportare e richiamare l’attenzione della comunità internazionale su quelle barriere; uno dei primi a lasciarvi un segno di protesta pacifica fu Banksy.
3.144 kilomtri, quattro stati USA, sei stati Messicani
Tra le artificiosità forse più note e raccontate dai giornali vi sono gli oltre 3.000 kilometri di muro tra Stati Uniti e Messico, tra barriere mobili e fisse, e dove distese desertiche e di acqua vengono sfruttate a vantaggio della politica di chiusura. A questa ci si riferisce spesso come “muro di Trump”, trattandosi tuttavia di un progetto antico, che trova le sue fondamenta ideologiche e le sue prime barriere già negli anni ’90. Il muro USA-Messico è un esempio di barriera che nasce per più motivi: stop all’immigrazione clandestina, contrasto al traffico di stupefacenti ed esseri umani, prevenzione di forme di violenza legate alla droga.
I dubbi sulla sua efficacia sono tuttora molti, le vite spezzate che ne conseguono sono invece assolute certezze, documentate. Una delle immagini più strazianti che il mondo difficilmente dimenticherà: i corpi di un padre e di una figlia aggrappata al suo collo, trascinati dalla corrente del Rio Grande nel tentativo di raggiungere il “sogno americano”. Tra le più tenere invece, nonché magnifico esempio di disobbedienza civile: altalene rosa poste tra gli imponenti pali che compongono il muro e che “uniscono” nel gioco messicani ed americani, piccoli ed adulti.
Muri “religiosi”, muri “etnici”, e fili spinati
Chiaramente nessun muro è mai nato per costruire la pace. Non lo è la Linea Verde (Green Line) del cessate il fuoco voluto dall’Onu sull’isola di Cipro ad esempio, dove dal 1974, 180 km di muro europeo dividono i ciprioti greci, situati a sud, dai ciprioti turchi, situati a nord. Tantomeno nascono in segno di riconciliazione le Linee di Pace irlandesi, “Peace Lines”, volte a dividere le zone di residenza della Belfast cattolica da quelle della Belfast protestante.
Sono muri quelli che nascono con il consenso dell’Europa per proteggere i nostri confini, anche quando questi vengono fisicamente costruiti al di fuori delle frontiere europee: il muro tra Grecia e Turchia per impedire il flusso di migranti dalla Turchia attraverso uno dei percorsi più seguiti via terra; la barriera di separazione in metallo tra Ungheria e Serbia costruita per respingere gli immigrati in arrivo dai Balcani; una lunghezza doppia è prevista per il muro al confine sud-ovest con la Croazia; ed ancora, 200 km di filo spinato e guardie tra Turchia e Bulgaria; 760 km di muro tra il confine turco e quello siriano, iniziato nel 2015. Muri che spesso lasciano passare cose, armi, petrolio, ma non le persone, assediate dalla miseria, dal califfato nero, dalla fame, dalla guerra. Ed ancora.
“Another brick in the wall”
Non abbiamo bisogno di filo spinato o di pietre per costruire un muro. I muri nascono ogniqualvolta decidiamo che “quelli non sono affari nostri”. I mattoni che contribuiscono ad innalzare un muro possono essere fatti di calce così come di indifferenza; così tutte le volte che crediamo che una libertà negata non ci riguardi solo perché quella negazione non limita anche la nostra persona, alimentiamo muri; ogni volta che ignoriamo o rispondiamo con remissività ad un diritto violato – un altro mattone nel muro; fortifichiamo barriere ogni volta che qualcuno si sente nel diritto di poter negare ad una bambina negra di sedersi nel posto libero accanto al suo e noi lasciamo che ciò accada.
Nessun muro hai mai risolto un problema
Come le antiche mura medioevali, i moderni “muri di sicurezza” riescono solo parzialmente a raggiungere i loro obiettivi. La letteratura suggerisce che politiche di frontiera più aperte, con migrazioni e scambi meno restrittivi, avvantaggiano tutte le parti in causa più di quanto i muri non siano in grado di fare. Studi accademici e ricerche mostrano che nessuna barriera fisica è effettivamente in grado di fornire una protezione efficace contro i terroristi e le armi moderne. Nessuna fortificazione può fermare i migranti che arrivano per via aerea e marittima. Nessun muro ridurrà il flusso di droga quando la maggior parte attraversa il confine attraverso punti di ingresso legali (Vernon, Victoria; Zimmermann, Klaus F., 2019. Walls and Fences: A Journey Through History and Economics)
Gli unici muri da costruire dovrebbero essere fatti di libri, di storia e di memoria
Chissà quante mongolfiere dovremmo far salire in cielo per permettere alle famiglie di potersi ricongiungere, poter scappare dalla guerra e dalla prigionia? Chissà quanti tunnel della libertà dovranno ancora essere scavati per attraversare dei confini che non esistono in nessuna cartina del mondo?
Fonte foto: University of Quebec in Montreal; The Economist; Graffito di Banksy lungo la barriera: Scatto di Markus Ortner; Muro al confine tra Turchia e Siria. Fonte: Flickr (LUISS Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale);
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